Nei giorni scorsi TV 2000 ha proiettato il film Joyeux Noel – Una verità dimenticata dalla storia, molto bello e consigliabile a tutti. La visione del film mi ha ricordato che nel 2014 in occasione del centenario dell’avvenimento raccontato nel film, avevo pubblicato un articolo che mi sembra bello e opportuno riproporre.
Ecco il testo di allora.
Dicembre 1914: Si avvicina il Natale del primo anno della grande guerra.
Papa Benedetto XV lancia un appello alle forze combattenti per una tregua nei giorni delle festività natalizie. L’appello viene respinto. Perché la guerra è brutalità e violenza e tale deve essere.
Gli alti comandi politici e militari non volevano correre il rischio che, in un conflitto che esigeva cieca brutalità e spietatezza, ( le trincee erano a pochi metri di distanza l’una dall’altra) l’irruzione di sentimenti di umanità, religiosità e fratellanza potessero incrinare la reciproca furia omicida.
Quasi che festeggiare il Natale senza sparare , senza uccidere, o essere ucciso, potesse minare la propensione al combattimento, l’odio verso il nemico e la fede incrollabile nella vittoria.
Lo stesso Papa Benedetto XV doveva tristemente prenderne atto il 12 dicembre 2014 affermando:”…Purtroppo la nostra cristiana iniziativa non fu coronata dal successo.”
Tuttavia, e questo è il fatto più importante, se l’iniziativa del Papa, non ebbe successo fra gli alti vertici politici o militari, ebbe invece uno straordinario effetto e successo fra le truppe belligeranti.
Su vari fronti in particolare su quelli di Ypres, Armentieres e Lille i testimoni (francesi, inglesi e tedeschi) ricordano molti commoventi episodi.
Primo fra tutti il coro dei canti natalizi, in particolare Stille nacht ( Astro del ciel) che, con parole diverse, ma con la stessa musica veniva intonato da una parte dei militari e proseguito dall’altra. Adeste fideles, essendo in latino, andava bene per tutti.
Poi, con molta circospezione e tremore, gruppetti di soldati disarmati uscivano dalle trincee, camminando lentamente verso le postazioni nemiche, recando doni e biglietti augurali. Quasi spinti da una forza invisibile: la forza residua dell’umanità innata, dopo mesi di orrori e violenze.
Ben presto decine, centinaia di fanti dei due eserciti si ritrovarono nella terra di nessuno stringendosi le mani, abbracciandosi, scambiandosi doni e cartoline, in qualche caso cantando e ballando.
Il fatto non piacque agli alti comandi tant’è che ci fu la consegna del silenzio. Fu una corrispondenza del New York Times dal fronte settentrionale che svelò quello che era successo sui vari fronti, descrivendone le fasi e le dimensioni.
Che cosa poteva avere irritato gli alti comandi? Che pericolo avevano corso, se i loro soldati per qualche minuto si erano riscoperti uomini e non solo nemici?
Perché invece di combattere questo moto spontaneo di pace, non hanno colto il suo significato più profondo? Che voleva dire: vogliamo vivere in pace! Basta armi e uccisioni!
In sintesi, vogliamo accogliere l’invito di quel Bambino, nato quasi 2000 anni fa, che, proprio in questi giorni, torna per portare “Pace agli uomini di buona volontà”. Nonostante tutto, questo messaggio riuscì, almeno per un po’, a trasformare la crudeltà e l’odio in fratellanza e pace.
Questo, infatti, è il messaggio del Natale: “Pace agli uomini di buona volontà” e questo è quello che spontaneamente, contro gli ordini ricevuti, avevano capito e voluto ricordare i combattenti con qualche momento di pace fraterna.
Molti gioirono di questo fenomeno, qualcuno purtroppo rimase deluso. Un giovane caporale tedesco scrisse nel suo diario che questo fatto era una vergogna per l’esercito tedesco i cui soldati avevano fraternizzato con il nemico disonorando la divisa che portavano. Non a caso quel caporale venticinquenne portava il nome di Adolf Hitler, le cui idee e le cui opere avrebbero portato i nefasti frutti che tutti conosciamo.
Il fatto positivo però rimane e, a distanza di cento anni, siamo ancora qui a celebrarlo. Quello che è successo nel 1914 è stato un fatto molto bello, purtroppo non noto a molti, che valeva la pena ricordare. Anche oggi, se quel messaggio fosse ascoltato e messo in pratica, nei tanti focolai di guerra sparsi nel mondo, potrebbe portare frutti di serenità e di pace per tutti.
Speriamo che ciò avvenga al più presto.
Immagine di Gerd Altmann da Pixabay