Bologna. Salotto Olistico di Franca Rava, Marcella Marri presenta il libro “Arnà”: un secolo di storia riccionese attraverso la famiglia Cesarini. Appuntamento il 13 gennaio alle 17 in via d’Azeglio 71/C.
Riallacciamoci, per un momento, alla teoria delle catastrofi di René Thom, un fisico importante (lo scopritore dei frattali) (1). Lui sosteneva che le vere catastrofi si attuano nei punti dove gli sconvolgimenti non si verificano naturalmente e uno dei paragoni più appropriati è proprio ciò che avviene durante uno spettacolo teatrale.
Il suo palcoscenico è caratterizzato da uno stato di instabilità permanente, lassù si modificano le scene e gli attori si susseguono in continuazione.
La dinamica di questi avvenimenti è però costante ed è anzi il loro elemento caratterizzante;
sul palcoscenico (modifiche di attori e di situazioni) e dietro le quinte (altri attori, tecnici ed operai che si alternano a modificare, aggiustare, impiantare nuovi sipari) le cose certamente si modificano, ma ciò succede sempre e anche la loro è una mutevolezza stabile.
Ma è in platea, fra gli spettatori, che avvengono le vere catastrofi: passaggi improvvisi di sistemi di stabilità ad altri, mutamenti di atteggiamenti e di valori, emozioni non più sopite che affiorano con prepotenza, passioni sommerse che riemergono; i veri mutamenti, le catastrofi, avvengono quindi nel profondo e nelle modifiche di percepire le cose, nei loro sistemi di valori.
Ebbene! Anche noi, nel nostro territorio ci siamo comportati, durante la guerra, come se fossimo stati in una platea, spettatori immersi in una catastrofe.
Non mi riferisco ai bombardamenti terrestri, aerei e navali, e alle conseguenze di questi, come perfettamente descritti da Marcella Marri. “Videro una turba di sfollati, di senza tetto. Videro case distrutte in cui abitavano militari mutilati chi senza gambe, chi senza braccia. Videro ferite insanabili, videro una povertà una miseria che correva su quelle vie che la guerra aveva agonizzato. Botteghe chiuse, fabbriche deserte, nessun mezzo pubblico.”(2)
Il passaggio degli eserciti in ritirata o in avanzata è la dimostrazione di una “mutevolezza stabile”. Succede sempre!
Una casa depredata, come avveniva in quasi tutte le abitazioni in quanto l’esercito in avanzata aveva, di diritto, 48 ore di tempo per cacciarne gli abitanti e poi rubare o distruggere tutto ciò che conteneva, è come un corpo violato.
Non era questo il vero cataclisma! E’ nel frammezzo, fra le opposte schiere, che avvengono le vere catastrofi, esattamente come quelle percepite dagli spettatori a teatro!
Il suo periodo di tempo durò finchè un nuovo potere legale decidesse cosa si poteva o non si poteva fare, ciò che era permesso o tollerato e ciò che era proibito. Le modifiche erano avvenute non solo nei modi di vivere, ma in quelli di percepire le cose, nei sistemi di valori. Erano spariti gli insegnamenti della nonna maestra (quella dell’autore), le regole stabilite dalle famiglie, dalla scuola, dallo Stato e persino una parte dei dieci comandamenti; per campare bisognava rubare, rapinare, scippare, commettere a pagamento atti impuri; desiderare, ma non solo, di impossessarsi della roba e della donna d’altri.
Era considerato normale aizzare i soldati occupanti affinchè ‘prelevassero’ dai loro servizi sanitari la penicillina che poi di nascosto veniva, sgaiattolando sotto i reticolati, ceduta (in cambio di che, non esistendo poi nè la lira,nè il marco, nè ancora le Am.lire?) ai soldati tedeschi tenuti prigionieri nel campo di Miramare. E poi il contrabbando di sigarette, il commercio degli abiti usati e degli oggetti razziati dalle case depredate, il furto di scatolame alimentare necessario per sopravvivere. “Il ritorno alla normalità era percepito come un tempo sospeso, dove prevaleva lo smarrimento, la depressione alle limitazioni, al terrore di essere prelevati, alla paura del nuovo”(2)
E’ stato il baratto a far da padrone in quel periodo di tempo, che durò finchè il potere venne ceduto (anche se parzialmente) prima a ufficiali delle forze di occupazione e poi a nuovi sindaci, non ancora eletti dalla popolazione, ma nominati dagli occupanti stessi.
Due nomi da ricordare: Ramenghi a Misano e Quondamatteo a Riccione.
Anche noi abbiamo, allora, assistito a un enorme e grandioso spettacolo teatrale!
(1) Vi è mai capitato di osservare qualcosa in natura e rimanere meravigliati dalla straordinaria ricorrenza di forme geometriche che si ripetono all’infinito? Se la risposta è “ovvio che sì”, allora molto probabilmente stavate guardando un frattale. Un frattale è un oggetto geometrico che si ripete nella sua forma allo stesso modo su scale diverse, e dunque ingrandendo una qualunque sua parte si ottiene una figura simile all’originale.
(2) Marcella Marri, Arnà. Storia della famiglia riccionese Cesarini detta “Carabein. La Piazza Editore.