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Quando i migranti eravamo noi…

Redazione di Redazione
31 Dicembre 2024
in Focus, Misano
Tempo di lettura : 4 minuti necessari
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Paolo Giannini

Paolo Giannini

di Paolo Giannini*

 

Katzelmacher, Itager, Maccaroni schlucker, Cinkeli, Mafia messer, Dago, Tano, Messerhelden, Hedene, Kanacken e altri colorati nomignoli per noi italiani.
Migranti fummo tra i primi nel mondo. Lavoratori, braccianti, artigiani, siamo stati noi italiani. Nella metà dell’800, primi ‘900 iniziarono gli esodi verso le Americhe e Nord Europa. Nei miei avvenuti viaggi ho ascoltato alcuni loro racconti: arrivati in America…
Con navi cargo scariche, ammucchiati nelle stive nel freddo glaciale atlantico con minacciose onde. Approdando, mal visti dagli americani e dalle autorità, umiliati da capillari visite mediche, dalla bocca ai genitali, lavati con docce fredde a spruzzo.
Chiamati con nomignolo (Hedene) scomparvero poi in luoghi lontani a loro sconosciuti. A cavallo di asini e muli, a piedi o in biciclette di legno, da loro arrangiate, ruote addirittura disuguali. Carestia, povertà, paure, erano le loro compagnie. Arrivati dalla nostra colta e bella Italia del Sud e Nord, ma con il tempo pienamente integrati.
Addirittura americanizzati o europaizzati. Commercianti, gelatai, grafici, falegnami, produttori di vino e altre nobili e comuni attività, braccianti e contadini, politici e intellettuali. Sfortunatamente per il nostro prestigio arrivarono addirittura bande criminali, poi cresciute in vere organizzazioni di potere con mostruosi controlli prima sugli alcolici, poi in dannosi stupefacenti.
Vero nostro importante emigrante. Pochi lo conoscono, aveva casualmente il mio stesso cognome: Amadeo Pietro Giannini. Un vero fenomeno umano. Da modesto ambulante con bancarella di frutta, umile, benefattore, onesto, con sacrificio (vedi internet) fonda negli Stati Uniti la Banca of America, la più ricca del mondo. Non era nostro parenti, ma amici di mio padre sì. Papà e un caro zio riuscirono durante la Seconda guerra contattarlo e farsi spedire importanti medicine per i miei fratelli e cugini malati, nascosti al riparo in una grotta: io ancora non al mondo. Peccato; i carteggi andati perduti, sarei stato felice nel leggerli. Durante la Seconda guerra mondiale anche premi Nobel e intellettuali come Fermi, Toscanini, Levi e altri nord europei, e altri non voluti dai fascisti, dovettero emigrare nelle Americhe, perché ebrei o ritenuti comunisti, o semplici proletari ribelli dovettero anche loro emigrare; citati solo alcuni nomi importanti, ma sono tanti, tanti di più.
Fine guerra. Iniziarono nuovi esodi europei. Mete nuovamente avventurose in America del Nord, Sud e Centrale. L’Europa del Nord, da me per lungo periodo abitata, ho notato la piena e ricca, integrazione: gli italiani fuggiti con l’esodo di massa, portando la nostra cultura in Austria, Germania, Svizzera e altre nazioni del nord.
L’emigrazione collaborò nel ricostruire i danni di guerra a risanarle, far crescere la loro economia, occupando anche umili funzioni, scolarizzandoli e integrarli. Pur se non ancora affatto amati, in poco tempo non più vivendo in degradanti baracche, ma non scomparvero odio e attributi offensivi e primitivi soprannomi dal popolo.
Reiner Werner Fassbinder, immortale regista, in un suo premiato documentario sulla emigrazione racconta come queste importanti letterarie parole siano state trasformate cosi umilianti e offensive. Spiega come primitivamente variate e approdate nella bocca del popolo, Fassbinder analizza le origini; come alcune da me in apertura scritte.
Thomas Mann in un romanzo usa la parola katzelmacher, per onorare gli artigiani di qualità artistiche, dei nostri antenati medievali, forgiatori di cazzuole per rifinire le decorazioni. ​
Rinascimentali, con arte importante, capaci di costruire chiese e palazzi nella Mitteleuropa. Il popolo trasforma la definizione con disprezzo, accusando la nostra maniacale sete di sesso e mettere al mondo come i gatti cosi tanti bambini (Itagar!).
Dalla Odissea, questo immortale poema, attribuitoci per essere sempre alla ricerca di mete non conosciute come Ulisse. Gastarbeiter – lavoratori ospiti – definizione letteraria molto nobile, ma trasformandola in locuzionemolto offensiva, rivalutata in parte ufficiale e benevola.
La Svizzera ci chiamava cinque (cinkeli), dal popolare gioco della morra degli emigranti e dei tanti bambini, per il gioco della campana: vince chi arriva con infantili salti al numero cinque nel quadrato disegnato con scaglie di ceramica, raccolto in pareti danneggiate dal tempo; non avendo gesso.
Giocavano nei nascosti retrobaracca bambini arrivati nel portabagagli con le loro famiglie dalla povera Italia del Sud, nelle raccapezzate vecchie auto. L’ingresso ai piccoli, era vietato. Questi nomignoli sono pian piano scomparsi, ormai gli hauslaender (stranieri), ingoiatori di maccaroni e altre definizioni, sono solo nella bocca degli ignoranti. Sono nate famiglie promiscue, i bambini giocano tra di loro privi di razzismo e pregiudizi, frequentano anche le colte classi borghesi.
Gli emigranti diventati manager, direttori di fabbriche, docenti, imprenditori, cineasti, presentatori televisivi, capo redattori di autorevoli giornali, vedi di (Giovanni Di Lorenzo, direttore del prestigioso settimanale tedesco Di Zeit), calciatori e campioni olimpionici e semplici lavoratori. Nel mondo gli italiani sono più di cento milioni, tra cui molti giovani.
Gestiscono locali e altre infinite attività commerciali, con collaboratori arabi, africani e asiatici e altre lontane nazioni. La nostra amata cultura non verrà derubata, il nostro paese con le misere nascite diverrà poco abitato. Ho voluto con esempi storici e il mio modesto parere, con avvenuti esempi e piccole ricerche dimostrare, che l’integrazione tra popoli e’ antrpologicamente non solo possibile, ma necessaria. Per i nostri extracomunitari, i nomignoli attribuiti nel tempo diventeranno come già avvenuto con noi, folklore.
Africani, asiatici, arabi, albanesi e altri diverranno italiani, matrimoni con le nostre donne, bambini di colore con diverse lingue e non saremo più razzisti e diffidenti.
Ricordarsi degli esodi, storia e culture dei popoli. Lo spopolamento dei bellissimi storici villaggi medievali, da noi completamente abbandonati, terreni incolti, potranno rivivere, essere nuovamente amati. Solo voi nuovi arrivati potrete ripopolare, riattivare mestieri popolari e artistici, manovalanze ormai scomparendi, necessarie per tutti noi.
Cito due storiche riflessioni di’ un pensatore e una gloriosa rivoluzionaria sacrificatosi per la minoranze. Adorno, professore, docente, sociologo della scuola di Francoforte: “Non dimenticare l’immensa nostra mondiale cultura e storia, già troppe volte accaduto; creando disuguaglianze, razzismo e disastri.
Agnes Smedley, storica rivoluzionaria, dedicò la vita nel far capire all’umanità il dovere di integrare le minoranze e combattere gli esodi, la brutalità delle dittature, il razzismo. Tanti purtroppo studi di questi illustri pensatori sembrerebbe che non servano a niente.
Peccato. Ancora nel nostro emancipato mondo, tutto si ripete, soprattutto nelle nostre cosiddette umane moderne democrazie e civiltà. Collaboriamo con questi illustri pensatori, come fece quel sindaco in Calabria, Beppe Fiorello di Riace, cacciato con crudeltà, come un cane randagio.

*Emigrato in Germania diventa ristoratore di successo; da anni abita a Portoverde di Misano Adriatico

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