Andrea Gnassi: “Uno scempio le pale eoliche toscane in Valmarecchia; devasta paesaggio e millenni di arte identità e comunità. La Toscana non può decidere da sola per il Montefeltro, da sempre area senza confini”.
“Queste nelle foto sono le Campane di Lasha, portate e donate direttamente dal Dalai Lama al poeta Tonino Guerra in onore del primo missionario occidentale che tradusse le sacre scritture tibetane nella nostra lingua e le nostre nella loro nel ‘700. Una delle gemme di un territorio incredibile per storia e paesaggio, con i Balconi di Piero della Francesca vero patrimonio dell’umanità. La Toscana vuole autorizzare 58 pale eoliche alte 200 metri qui, nelle Terre del Montefeltro: un’area interna dell’Appennino, un paesaggio naturale fatto di boschi, montagne parchi naturali, borghi e incanti da secoli senza confini amministrativi e suddivisa fra Toscana, Romagna e Marche. La transizione energetica e gli interessi di pochi non possono passare per questo scempio”. Così il deputato Dem Andrea Gnassi sul progetto di Impianto Eolico che la Regione presieduta da Eugenio Giani sta portando avanti pur fra mille pareri contrari.
Onorevole, cosa comporterebbe questo polo eolico per il Montefeltro e l’Alta Valmarecchia?
“Il progetto industriale eolico è proposto esattamente sulla linea di confine, quella tratteggiata sulle cartine geografiche per intenderci che la Toscana ha con Romagna e Marche: di fatto l’impatto travolgente è in terre romagnole e marchigiane tanto che da quei monti, patrimonio naturale, si vede l’Adriatico, non il Tirreno. Si devasterebbe per sempre uno dei più bei paesaggi italiani. Questa sorta di Raffineria Eolica promossa da grandi fondi che di fatto speculano sul vento travolgerebbe tutti i progetti volti a ripopolare questa area interna con la promozione di iniziative di azione locale finalizzate al recupero di aree naturali, oltre che il patrimonio artistico e le filiere produttive e artistiche. Grandi progetti che sono l’opposto di produzione di energia rinnovabile attraverso progetti che coinvolgono aree piccole e diffuse che sono quelli delle comunità energetiche. Comunità appunto di persone, quartieri, borghi, imprese locali che autoproducono in comunità energia senza devastare con mega progetti legati a fondi finanziari i paesaggi. Da sempre il Montefeltro è terra di confine contesa e abbellita nel corso dei secoli, con una storia medievale e rinascimentale unica dove i Malatesta, i Duchi di Urbino e i Medici si alternarono in espressioni di forza militare con borghi e rocche e anche di potenza di arti e bellezze. In una delle Nature più belle degli Appennini. La natura dove trovarono espressione tra gli altri Piero della Francesca, i Della Robbia, Leonardo e Michelangelo, che qui lavorarono e trovarono ispirazione. Dove i Medici progettarono l’utopica Città del Sole per estendere la loro proiezione sul mare Adriatico. Parliamo di un luogo dell’Anima e della Natura italiana che verrebbe ferito a morte”.
Quale è lo stato dell’arte e come poter intervenire?
“La Regione Toscana è l’ente che autorizza perché i progetti dei mega impianti eolici sono come detto sulla linea del confine, ma le conseguenze del disastro ricadono su Romagna e Marche, nelle province di Rimini, Pesaro-Urbino e Forlì-Cesena. Ci sono pareri negativi sui progetti eolici espressi dalle Soprintendenze della Toscana, delle Marche e dell’Emilia Romagna, il parere negativo della Regione Emilia Romagna, del CNR e altri innumerevoli pareri sul dissesto idrogeologico che riguarda la Romagna e i versanti romagnoli. Pareri negativi ignorati fino ad ora dalla Toscana. Pareri negativi fatti con rilievi scientifici sul dissesto idrogeologico post Alluvione 2023 che non vengono tenuti in conto. I progetti delle pale sono precedenti. Le pale verrebbero messe sulla cima di crinali che dal lato della Romagna presentano evidenze di dissesto idrogeologico. Se fosse vero che si ignora questo da parte di enti preposti (nella regione Toscana ?), sarebbe molto grave. E aprirebbe conseguenze”.
Cosa fare quindi in concreto?
“Prima di tutto fermare miopia, furore ideologico e devastazione, L’articolo 9 della Costituzione tutela e preserva il paesaggio. È una delle poche Costituzioni al mondo che ha avuto la visione e la lungimiranza di scriverlo. Va poi preso atto dei rilievi scientifici sul dissesto idrogeologico. Dell’mpatto sulla natura, sulle bellezze e sulle comunità locali. Il Presidente Giani ha firmato un protocollo d’intesa sulle aree di confine con il presidente dell’Emilia Romagna De Pascale. È un protocollo volto a tutelare e a collaborare su ambiente, natura. turismo lento, comunità locali, produzione di energia. L’area coinvolta è terra di confine, la prima proposta è che si attui il Protocollo di collaborazione tra Regioni sulle aree di confine istituendo prima di ogni decisione definitiva su progetti, in questi caso devastanti, un tavolo tecnico tra le Regioni stesse. Se la Toscana procederà da sola senza rispettare pareri programmazione e coinvolgimento dell’Emilia Romagna si apre un problema politico e istituzionale. Per altro di Regioni governate dalla stessa coalizione politica .Qui ci sono Regioni confinanti, che fra l’altro già hanno e attuano servizi (dalle strade alla sanità) insieme. Se fai qualcosa di fortemente impattante sul confine (in questo caso uno stravolgimento perenne del paesaggio con tutti i rischi idrogeologici, naturali e l’avifauna), il principio di leale collaborazione impone condivisione con i confinanti”.
Quindi si mette in discussione la transizione energetica?
“E’ il contrario. Bisogna farla e farla bene, accelerare. Il punto non è infatti non condividere gli obiettivi della produzione di 80 gigawatt di energia da fonti rinnovabili che l’Italia dovrà raggiungere per combattere il cambiamento climatico entro il 2030. Questo obiettivo è imprescindibile. Senza scorciatoie e interessi di pochi che scarichino conseguenze negative su paesaggi, natura, comunità locali Indifese. Va fatto un ragionamento d’insieme”.
Tradotto in esempi concreti?
“Secondo il Piano nazionale per energia e clima (PNIEC), ogni Regione ha un obiettivo con cui concorrere, per quota parte, alla produzione di questi 80 gigawatt da FER. L’Emilia Romagna dovrà produrre 6330 megawatt, la Toscana può e deve raggiungere i suoi 4250 mw di fonti di energia rinnovabile (Fer) entro il 2030. Entrambe le Regioni possono e devono farlo senza devastare il territorio di altri. In questo caso la Toscana non può non tenere conto dell’ Emilia Romagna. Occorrono determinazione e appropriatezza. Le Regioni devono raggiungere gli obiettivi individuando una pluralità di aree idonee a seconda della vocazione e della pluralità di fonti: sole, vento o geotermia, mare off shore .Un conto è infatti mettere pannelli e pale su colline e paesaggi straordinari, un conto è farlo in siti industriali, assi stradali o aree produttive. Un conto è il Montefeltro, un conto gli impianti eolici off shore oltre le 19 miglia nautiche nell’area petrolchimica industriale di Ravenna. Sì al pianeta, sì al paesaggio, si alle Fonti rinnovabili ! No a Nimby (Bot in my back yard) sì a Bimby, Best in my back yard! Sì alla transizione energetica senza devastazione e speculazione”.
Lei dice che per fare una equa transizione energetica occorre appropriatezza. Che significa?
“Ogni Regione dovrebbe chiarire, anche la Toscana ,come vuole la transizione energetica . Serve un vero Piano Regolatore delle fonti energetiche per Regioni. Le Regioni legiferano su tutto, spesso entrano in sovrapposizione con lo stato centrale, con i Comuni . È su un tema così rilevante che dovrebbe pianificare e programmare. La Toscana già produce 459 mw rinnovabili, per il resto può utilizzare la geotermia per raggiungere una consistente produzione energetica. Poi, come indicano tutti gli studi scientifici considerando solo superfici piane in via cautelativa (mentre su quelle inclinate l’ingombro è circa la metà), per ogni MW installato occorre una superficie di 1,03 ettari. Quindi per realizzare 3791 MW rimanenti servono 39 km quadrati (equivalenti ad esempio ad una superficie quadrata di 6,3 km x 6,3 km). Stessa cosa con cifre diverse per altre regioni , per l’Emilia Romagna. Ecco il punto. Invece di concertare mega impianti devastanti in territori naturali e piccoli borghi che consumano poca energia richiesta al contrario da grandi centri urbani e industriali, si deve investire in tante diverse diffuse comunità energetiche al servizio delle città e dei loro quartieri e delle aree produttive. È questione di volontà e visione politica. Chi amministra sa che ci sono in ogni provincia italiana milioni e milioni di metri quadri di aree idonee che vanno individuate con programmazione e pianificazione: aree industriali, artigianali, parcheggi, tetti di abitazioni, aree lungo strade provinciali e autostradali e nel loro raggio di prossimità. Si sblocchino le procedure e i 2 miliardi fermi per le comunità energetiche anziché consentire scempi e scorciatoie. Lo chiedo anche al Pd. che governa le regioni. Occorrono appropriatezza e programmazione, non slogan da salotto green che poi aprono a operazioni devastanti e definitive che alimentano le folli posizioni di chi nega il cambiamento climatico. Andrebbero anche per legge regionale assegnati obiettivi comune per comune, provincia per provincia o per aree vaste (più province insieme). Se ad esempio in Emilia Romagna lungo l’A14 (e analogamente in Toscana su altre reti stradali) si facesse una sorta di quarta corsia fotovoltaica, si eviterebbero benzene e inquinanti sui primi 50 metri di terreni e si produrrebbe energia con fotovoltaico tanta quanta veri e propri “mega pale eoliche”.. Un’altra strada è l Eolico off shore fuori dall’impatto visivo e fuori da aree vocate alla fruizione turistica o della pesca. Ravenna può essere un riferimento, mega impianti sotto costa come proposti nel Riminese o altre parti d Italia no. Rimini e Ravenna sono area vasta Romagna , le vocazioni degli uni e degli altri contano e fanno sinergia , per produrre più energia e migliore turismo”.
Cosa chiede alle Regioni coinvolte, Toscana ed Emilia Romagna, che in questi giorni sono chiamate ad esprimersi in Conferenza di Servizi sugli impianti in Valmarecchia?
“La prima cosa è una valutazione nel merito dell’impatto delle 7 mega pale a Badia del vento, che sarebbero devastanti. L’Emilia Romagna ha espresso già pareri negativi, occorre come chiesto da alcune consigliere regionali come Parma e Petitti e da una vastissima rete di associazioni, enti e Comuni che la Regione sia ora determinata politicamente e istituzionalmente nel porre il tema delle ricadute insostenibili (che hanno conseguenze anche sul dissesto idrogeologico) su aree di confine come la Romagna. È evidente che la Toscana non può decidere di non mettere mega pale in Maremma o Montalcino o nelle crete senesi per tutelare il paesaggio e non fare altrettanto in Alta Valmercchia, perché, come dire, tanto è Romagna o Marche. Anche qui una rete vastissima di enti, associazioni, comunità locali si è espressa in modo chiaro e contrario . E con proposte alternative per la produzione di energia rinnovabile. Come si diceva, le Regioni hanno siglato un protocollo sulla collaborazione sulle aree di confine Non solo. La conferenza di servizi che si esprimerà a giorni su Badia del Vento dovrà tenere conto che in questi progetti di competenza del Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase), le Regioni Emilia Romagna e Marche hanno espresso parere negativo, mentre la Toscana ha chiesto documentazione integrativa e si deve ancora esprimere. Se la Toscana vuole procedere con il mega eolico in regione, a parte uno dei più bei paesaggi del mondo (quello toscano appunto), non può procedere da sola per paesaggi che toccano e sono di fatto in altre regioni Ci sono tre aree e tre progetti di confine assolutamente incompatibili, insensati e devastanti: il primo è quello di 7 pale denominato “Badia del Vento” sito sul confine fra il Comune di Badia Tedalda (Toscana) e Casteldelci. Il secondo è quello di 11 pale denominato “Poggio Tre Vescovi” sito sul confine del Comune di Badia Tedalda e quello di Casteldelci . Il terzo è quello di 9 pale denominato “Badia Wind”, sito sul confine del Comune di Badia Tedalda e di Casteldelci . Tutti e tre i progetti hanno ricadute sul dissesto idrogeologico , sul paesaggio e sulle comunità locali dei territori del Parco Naturale del Sasso Simone Simoncello/Citta del Sole, di del Comune di Sestino del comune di Casteldelci, del Comune di Pennabilli e sull’intera Alta Valmarecchia. Salvare il pianeta non vuole dire distruggere storia, identità e natura. Serve accelerare sulla transizione energetica. Occorrono testa e cuore, perché è vero che il paesaggio può cambiare, ma può e deve cambiare in meglio perché si tutela e cambiare in peggio magari con nuove imponenti raffinerie eoliche tra montagne e boschi”.