di Gianfranco Vanzini
Costruire la pace
Nei paesi ricchi, del cosiddetto primo mondo, il fragore che di tanto in tanto può essere ascoltato è forse quello dei fuochi di artificio che accompagnano momenti di festa. In altri paesi non molto distanti da questi scenari, altri fuochi e altre esplosioni accompagnano da tempo la vita quotidiana di intere popolazioni in guerra. Sono esplosioni vere che sventrano i palazzi, siano essi caserme oppure ospedali, fabbriche o scuole, centrali di energia o condomini abitati.
Sono fuochi che hanno ucciso e uccidono soprattutto civili in Ucraina, in Libano, a Gaza, in Siria, in Russia e in tanti altri paesi dimenticati dalla comunicazione mainstream come il Sudan, il Burkina Faso o il Myanmar.
Non dico nulla di retorico se osservo che nella dolorosa epoca di conflitti che stiamo vivendo sarebbe stato bello ascoltare una voce che sembra invece, tranne qualche rara eccezione, ancora tacere.
Avrei voluto ascoltare intellettuali e uomini di scienza alzarsi e operare un richiamo morale chiaro che aiutasse i poteri forti a riflettere, a ragionare, qualcuno che ricordasse a loro e a tutti noi, che è proprio della nostra specie biologica avere superato la violenza e la sopraffazione con l’impiego della parola e della ragione.
Che ciò che ci contraddistingue e che ci differenzia dagli animali non è la forza con cui imporsi, ma quella con cui argomentare, dialogare, esercitare una razionalità concreta che ci qualifica più della forza e del numero dei missili e delle bombe che siamo in grado di produrre.
Nell’enciclica “Centesimus annus” (1991) San Giovanni Paolo II scriveva: “la guerra può terminare senza vincitori né vinti in un suicidio dell’umanità e allora bisogna ripudiare la logica che conduce ad essa e costruire insieme la pace”.
Che vuol dire facciamo risuonare concordemente tutte le voci, anche flebili, che la invocano e unire tutti coloro che hanno fiducia nella razionalità umana, affinché ricordino che passare alle armi ritenendo che ciò sia la soluzione dei conflitti è, invece, sempre una sconfitta.
Quando usiamo la violenza bellica per fare valere le nostre ragioni abbiamo già perso. Dovremo solo contare i danni prima o poi, e dovremo farlo tutti, nessuno escluso.
La pace e la concordia si costruiscono solo operando una conversione del cuore. Il cuore umano sembra incapace di costruire la pace perché l’uomo non ha saputo ancora convertirsi prima all’amore di Dio Padre poi a quello dei fratelli.
Dio oltre 3000 anni fa ci ha detto come dobbiamo comportarci per vivere bene tutti. Ha dettato a Mosè 10 Comandamenti, 10 consigli, seguendo i quali tutto funziona. In un mondo di “fratelli e sorelle che si vogliono bene” come vivremmo bene tutti!
Più recentemente Gesù ci ha dato un Suo consiglio, si è raccomandato: “amatavi come io vi ho amato”. Ecco in che cosa consiste la “conversione del cuore”
riconosciamoci fratelli e non nemici.
Risolviamo i problemi con la forza della ragione e delle parole (meglio ancora dell’amore) e non con quella della violenza e delle armi.










