L’intelligenza artificiale calata nel lavoro in convegno all’hotel Kursaal di Cattolica il 7 marzo alle 17.
L’intelligenza che già viene usata in medicina, nelle imprese, nel commercio, in banca. E’ il tema del convegno organizzato dal già parlamentare Sergio Gambini. Tre i relatori: Carlo Bulletti, Francesco Zazza e Daniele Prioli. I lavori vengono aperti dal presidente di RivieraBanca Fausto Caldari, che ha sostenuto l’iniziativa.
Bulletti. Ginecologo di prestigio, Bulletti parla di “Intelligenza artificiale nella pratica medica. Cosa abbiamo cosa avremo”.
- “Casi d’uso di intelligenza artificiale generativa” è il titolo dell’esposizione di Francesco Zazza, manager di Carrefour.
- Daniele Prioli, fondatore di Geocom, azienda leader in Italia di geo-marketing, porta sul tavolo: “L’intelligenza artificiale al servizio delle imprese: come trovare clienti ed esplorare nuovi mercati con il geo-marketing”. Il bocconiano racconta tre casi aziendali: Werth, Freud e Basf.
- Il premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi afferma che la complessità non ha limiti. All’Europa serve un Cern per l’intelligenza artificiale. Questa sa più cosa ma è stupida.
- Chi non usa l’intelligenza artificiale perde.
Per capire qualcosa di più sulla sfida rappresentata dall’Intelligenza Artificiale, forse vale la pena di guardare anche da un’altra parte. Non sembri una bizzarria.
La scelta del convegno è quella di consentire anche a chi come me non ha ancora usato e non conosce l’IA di rendersi conto, di toccare con mano le sue straordinarie potenzialità. Se si vuole si tratta di esempi piccoli anche se molto significativi, tuttavia quando mi sono stati raccontati dei relatori invitati al convegno ho subito avvertito (per capire ci vorrà più tempo e più studio) in quale sconvolgente rivoluzione siamo entrati.
La principale attenzione in Italia e nel nostro continente è concentrata su temi importanti e decisivi che hanno a che fare con la regolamentazione delle possibili distorsioni che potrebbe introdurre L’IA ed anche sugli effetti negativi che potrebbe avere sul mercato del lavoro. In questo modo però, rischia di restare in ombra la portata enorme del cambiamento, la sua origine (con tutto ciò che ha da insegnarci) e i suoi sviluppi inarrestabili che dovremo provare a gestire.
Quel noi che uso è rivolto al nostro continente perché purtroppo, in questa rivoluzione che cambierà alla radice i parametri di produttività e di competitività dei sistemi economici, e della stessa vita delle comunità umane, siamo arrivati con grande ritardo. La nostra vecchia Europa, se non sarà capace di raccogliere la sfida, vedrà messa a rischio quella filosofia civile che, non senza contraddizioni, dal dopoguerra ad oggi ci ha accompagnato e ci ha dato pace e benessere.
Per questo vale la pena di guardare da un’altra parte e precisamente nella direzione che ha indicato Mario Draghi con il suo rapporto sulla competitività europea.
Sono solo alcune pillole, allestite in fretta, ma possono aiutare.
1) Dalla fine della Seconda guerra mondiale la produttività dell’economia europea è sempre cresciuta, fino a raggiungere e superare quella americana a metà degli anni ’90. La ricostruzione, il benessere, il welfare diffuso hanno tratto le risorse da lì. Poi il rapporto ha cominciato a modificarsi e la nostra produttività in confronto a quella americana ha cominciato a scendere. La cosa per noi è particolarmente grave perché il nostro sistema economico vede una predominanza delle esportazioni. Per capirci gli USA esportano il 22% della propria produzione, la Cina il 30%, noi il 53%. Se cala la produttività relativamente agli altri sistemi, caleranno anche le esportazioni e sarà un guaio molto serio. Lo vediamo già in atto con la diminuzione di risorse disponibili per alimentare il nostro Walfare in molti paesi europei.


