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Misano Adriatico. Piccioni, principe del sommelier

Redazione di Redazione
5 Dicembre 2025
in Focus, Misano
Tempo di lettura : 4 minuti necessari
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Bruno Piccioni

Bruno Piccioni

– Sentire Bruno Piccioni, storico sommelier e grande comunicatore conosciutissimo nel riminese e apprezzato a livello nazionale, che racconta la storia della sua carriera è come fare un tuffo negli anni belli e faticosi degli albori della Romagna del turismo. Un rewind di gioie e sacrifici che lui e la sua generazione ha fatto creando quel modello di turismo ancora vivo e ad oggi inimitabile. Bruno racconta: “Io sono nato lungo la via Puglia nelle colline tra San Clemente e Misano Monte. Appena finita la scuola elementare, in pratica ad undici anni, ho iniziato a lavorare nel periodo estivo, a Cattolica come “Lift Boy” in un albergo dove non c’era l’ascensore. In inverno frequentavo la scuola secondaria di avviamento professionale. Poi cominciai a lavorare come cameriere di sala. Finito il servizio militare prestato nei Vigili del Fuoco, mi sono messo in proprio gestendo il Ristorante ‘El Faro’, a Misano Brasile. A ventitré anni avevo già venticinque dipendenti. Erano anni in cui i turisti milanesi e bolognesi spingevano per avere pietanze al sapore di mare e noi ci orientammo verso quel tipo di menù. Nel 1972 il quotidiano “il Carlino” aveva istituito il premio Carlino d’Oro assegnato attraverso voti espressi direttamente dalla clientela dei ristoranti. La sorpresa fu che a fine stagione il mio ristorante si classificò secondo in tutta la riviera. La premiazione si fece in una importante cena organizzata al Ristorante Moro di Cattolica, allora famoso per la sua qualità. Spiccava tra i presenti per la sua giacca blu con in evidenza una bandiera italiana e la sua conoscenza, Franco Gabellini della Associazione Italiana Sommelier, al quale manifestai la mia curiosità per una professione che non conoscevo.
Mi consigliò vivamente di partecipare ai corsi di formazione e io fui felice di ascoltarlo e mi misi a studiare. Divenni Sommelier, inizialmente svolgendo servizio del vino e partecipando alle fiere, poi come relatore ed ho tenuto lezioni in tutta Italia e all’estero in particolare in Germania. Col tempo ho molto approfondito le mie conoscenze studiando e lavorando e a chi vive nel mondo della ristorazione io consiglio sempre di fare un corso da sommelier, servirà a capire il vino ma anche il cibo.”
Com’è cambiata, se è cambiata, la clientela dagli anni ‘70 ad oggi?
“Beh, allora senza dubbio i clienti più esigenti erano gli italiani. Il pesce non era ancora apprezzato a dovere, c’era più fame e chi aveva i soldi mangiava la carne. Per il pesce tutti i ristoranti locali avevano un menù quasi fisso: antipasto di mare, risotto rosso alla marinara o spaghetti alle vongole e la grigliata. C’erano condimenti pesanti e palati meno fini. Io avevo a lavorare con me l’amico Mario Berardi la cui sorella Maria aveva sposato lo chef bolognese Renato Gualandi che aveva a Bologna un ristorante frequentato da una clientela importante, tra cui Enzo Ferrari. Essendo un frequentatore del mio ristorante fu per me prodigo di suggerimenti che mi aiutarono a migliorare la mia offerta.
Ricordo ad esempio i nostri spaghetti alle vongole corretti su suo consiglio: andavano a ruba. Oggi la clientela è molto attenta alla qualità ed alla ricercatezza. Questo è un bene sia per la sua salute che per lo stimolo al miglioramento dei ristoratori”.
Una vita di lavoro full time, e una conoscenza approfondita dei vini e del cibo in generale. Come ha fatto a trovare il tempo per tutto.
“In quei tempi gli orari di lavoro erano davvero massacranti. C’erano periodi che si tornava a casa dal lavoro all’alba, si faceva la barba, ci si lavava i denti e si ripartiva senza dormire. Ma erano anni in cui la forza della gioventù, i guadagni e gli stimoli ripagavano del sacrificio. La mia preparazione avveniva nel periodo invernale, seguendo corsi, studiando non solo il vino, uscendo dai confini conosciuti sia come studente che come relatore. Compresi ad esempio l’importanza di un buon olio in cucina. Negli anni ‘70 era abituale l’uso dell’olio di sansa nelle cucine dei ristoranti locali e imparare l’importanza di un buon olio anche per la salute fu un passo avanti importante”.
Da dove attinge le informazioni per capire qualità nutrizionali e l’evoluzione delle norme e dei protocolli di produzione su cui basa anche le sue consulenze?
“Quasi ogni mattina mi metto al computer e leggo le gazzette ufficiali nazionali ed europee per informarmi sulle novità. L’Italia ha ben 328 prodotti DOP e IGP che bisogna conoscere. Da lì parto con gli aggiornamenti personali e per le conferenze nei meeting. Avevo un tempo anche una rubrica Info_doc per l’aggiornamento dei testi rivolti ai 45000 iscritti all’AIS, facevo informazione per la conoscenza approfondita non solo dei prodotti enologici ma anche dei prodotti agroalimentari”.
Professionista, comunicatore, cittadino del mondo ma, prima di tutto, romagnolo vero. Conosciutissimo per la professione ma anche per gli eventi come La Sagra del Vino e Note di Vino a San Clemente. Giusto?
“La mia “Romagnolità” è indiscutibile. Nato alla Puglia lato Misano, vissuto sulla riviera di cui ho visto l’evoluzione ho solide radici locali. Ho collaborato e lavorato per molti eventi cercando di accrescere la cultura soprattutto del vino della mia terra e ho contribuito a far conoscere i suoi prodotti anche attraverso queste occasioni che avvicinano la gente e i produttori alla cultura del vino. Note di Vino e La sagra del Vino fanno di San Clemente la capitale enologica della Valconca. Da poco si è tenuto il Wine Tour a Cattolica, altro evento importante. Questa parte di Romagna, un tempo conosciuta solo per il Sangiovese, offre oggi anche ottimi vini bianchi. Io spero di essere conosciuto oltre che per gli eventi anche per il lavoro che ho fatto.
Se Bruno Piccioni Fosse un vino, che vino vorrebbe essere?
“Ma difficile scegliere. Ogni momento, ogni emozione ha bisogno di un vino diverso. Se devo scegliere scelgo quel vino che noi abbiamo definito santo, un buon sangiovese mi andrebbe bene”
Quali sono i riconoscimenti ricevuti?
“A Gambellara di Ravenna mi assegnarono Una gigantesca ceramica, un’opera d’arte che conservo a casa, come miglior ristorante per la promozione dei vini della Romagna. Poi Primo comunicatore dell’Associazione Italiana Sommelier nel congresso AIS di Riva del Garda 2002, Gran Premio della Ristorazione come Sommelier, e Gran Premio della Ristorazione come sommelier alla Carriera”.
Un consiglio per i giovani?
“Non perdere tempo, avere mire precise e cercare di raggiugerle seguendo il percorso più veloce”.
E ai critici che nelle carriere di ognuno non mancano che diciamo? “Che apprezzo anche le critiche ma sono sereno, perché probabilmente ho saputo degustare meglio di altri!”

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