di Fosco Rocchetta
– Il 23 ottobre 1893 è una data storica e memorabile per Riccione e la sua comunità, poiché in quel giorno fu inaugurato l’ospedale “Giovanni Ceccarini”. Invero, Maria Ceccarini, il 25 aprile dell’anno precedente, assistita dal capomastro Leonardo Mazzocchi, ne aveva posto di sua mano la prima pietra, «presenti i sindaci di Rimini, Riccione, Coriano e Misano, numerose autorità, cospicui cittadini e grande folla di popolo plaudente».
L’avvio di quell’importante struttura sanitaria ha rappresentato infatti un atto di straordinaria generosità e benevolenza verso la popolazione riccionese (allora compresa nelle due parrocchie di S. Martino e S. Lorenzo in Strada), e d’altre località come Misano, Scacciano, Sant’Andrea in Besanigo, Casalecchio, da parte della filantropa Mary Boorman Wheeler, che la volle dedicare al marito Giovanni, morto prematuramente. Un medico laziale, che la benefattrice americana aveva sposato a New York nel 1863, dove il Ceccarini era esiliato, reo d’aver combattuto con Garibaldi, e d’aver aderito alla Repubblica Romana. Una breve stagione repubblicana, retta dai triumviri Armellini, Mazzini e Saffi, che sarà soffocata dai francesi nel luglio 1849, con il conseguente ripristino del potere papale. Una commissione che includeva i maggiorenti del luogo, tra cui il medico Felice Carlo Pullè, l’albergatore Sebastiano Amati, l’imprenditore Giovanni Mattioli, e l’avvocato Curzio Casati, era stata insediata con lo scopo di predisporre le manifestazioni celebrative di quella solenne ricorrenza, destinata a rimanere negli annali di Riccione.
Il 23 ottobre 1893 si rinnovava perciò quell’atmosfera di gioia e felicità, che aveva accompagnato la posa della prima pietra. Narrano le cronache dell’epoca, che il paese era stato decorato con stendardi alle finestre ed ai pali del telegrafo della “Viola”, sentiero che univa la vecchia borgata al mare (poi viale Maria Ceccarini), e che il concorso del popolo fu enorme. Le bandiere d’Italia e degli Stati Uniti spiccavano sull’ospedale, mentre il corteo delle autorità procedeva tra due file d’una folla entusiasta, che batteva calorosamente le mani in senso di giubilo.
Le pareti delle case erano addobbate con palloncini multicolorati e sulle stesse emergevano i motti suggeriti dal Cav. Carlo Graziani Cisterni, ovvero: «Maria Ceccarini! Simbolo di carità E’ il tuo nome. La tua vita infiorano Opere sante. Tua ambizione beneficare. Modello di modestia e pietà Oh! Quanti te benedicono». Nel frattempo le numerose persone convenute a quell’importante appuntamento erano allietate dalle musiche delle bande di Rimini e Coriano. All’ingresso dell’ospedale, Maria Ceccarini riceve gli omaggi dei bimbi dell’attiguo Giardino d’Infanzia, altro munifico dono, aperto l’anno prima, dovuto anch’esso alla splendida generosità della benefattrice di Riccione.
In seguito viene scoperta una lapide posta nell’atrio, decretante che l’ospedale accoglie e cura i malati «senza preferenza alcuna per opinioni religiose o politiche», poi seguono i discorsi di varie autorità, fra cui Sebastiano Amati, Presidente della Società di Mutuo Soccorso, ed il medico Felice Carlo Pullè, personaggi entrambi che hanno avuto fin dall’inizio un ruolo basilare nella vita dell’ospedale.
Più avanti c’è l’ispezione del nuovo edificio, così disposto: «Al piano terra la cucina, la stanza per bagni, la sala delle operazioni chirurgiche e quattro cameroni con quattro letti per ciascuno; nel primo piano sono il gabinetto per le analisi e camere separate per malati; al secondo piano o soffitta trovansi le stanze per lavare e stirare e si apre un vasto terrazzo…
Nessun consiglio che finora sia stato dato dalla scienza, è stato trascurato per quest’ospedale, fornito d’ogni conforto. Qui pavimenti in battuto, letti di ferro a rete metallica, comodini e tavoli di ferro con piane di cristallo perché ombra di polvere o d’immondezza non resti nascosta, acqua che sale fino al piano superiore, dappertutto bocchette per caloriferi, dappertutto lampade elettriche».
Tale descrizione evidenzia che Maria Ceccarini ed i suoi collaboratori operarono per creare un ospedale al passo con i tempi, che ha avuto, sin dal 1893, un ruolo primario nella cura degli ammalati di Riccione e del territorio. E questo in anni in cui la sanità pubblica del nuovo Stato italiano, e la relativa legislazione, erano ai primordi.
La folla entusiasta ammira e riempie le sale dell’edificio, finché all’imbrunire è accesa l’illuminazione elettrica, -vera novità per Riccione -, che rischiara l’ospedale ed alcune vie centrali del paese. È bene ricordare che sino ad allora la luce era ottenuta da arcaici lampioni a gas. Il clima gioioso che pervade la festa è ancor più reso vivo dai fuochi d’artificio e dalla fiaccolata che conclude quella storica ed indimenticabile giornata. Qualche giorno dopo l’ospedale inizia a svolgere la sua funzione ricevendo circa cento ammalati all’anno.
In breve è pubblicato lo statuto ed il regolamento, che definiscono l’organizzazione ed il funzionamento dell’ospedale, il cui fine è «di accogliere a cura gratuita i poveri d’ambo i sessi, affetti da malattie acute non epidemiche». Secondo il regolamento, potevano anche essere accolti, a pagamento, malati di ceto benestante, ma in numero limitato, tale da non togliere posti-letto agli infermi poveri, cui era destinata in primis la struttura.
Nello stesso è ribadito che l’amministrazione dell’ospedale è autonoma, e che il patrimonio è costituito dal lascito della fondatrice. Il controllo amministrativo e gestionale spetta ad un Consiglio Ospedaliero, mentre la responsabilità tecnica è affidata al Direttore Sanitario, il Dott. Felice Carlo Pullè, medico che ha avuto un ruolo notevole sulle scelte di Maria Ceccarini, avendo prima contribuito all’avvio del progetto, per redigere poi statuto e regolamento.
Alcuni giorni dopo la cerimonia, il 5 novembre 1893, nella villa Ceccarini a Scacciano, veniva istituito il Primo Consiglio Ospedaliero, presenti il Prof. Augusto Tamburini, illustre psichiatra, il conte Giovanni Mattioli, i signori Giacomo e Giuseppe Bianchini, Giovanni Papini, incaricati e convocati dalla fondatrice. È nominata Presidente Maria Ceccarini, segretario Giovanni Papini.
Termino questo mio breve, sintetico scritto, citando alcune parole di Armando Semprini, tratte dalla premessa del suo splendido libro: “Riccione nell’Ottocento La nascita del Mito” (La Piazza Editore, 2023): «È importante, ed è un dovere morale, che la nostra comunità manifesti riconoscenza per quei personaggi che ne hanno promosso lo sviluppo in campo economico, culturale e sociale. Gente come Don Carlo Tonini, il Conte Giacinto Martinelli, Maria Ceccarini ed altri che li hanno seguiti nel tempo, non saranno mai abbastanza ricordati e ringraziati per quanto hanno fatto per noi, in tempi in cui non s’immaginava neanche che il mondo si potesse trasformare così radicalmente».
Un’espressione ricca di pathos, che rivela un indubbio affetto per la nostra città, insieme ad un sentimento di reale gratitudine per la filantropa americana, che dovrebbe essere proprio di ogni riccionese.