Qualcuno ha detto che il buon senso è sorpassato, ma non è vero. E’ questione di tempi, di uomini. Gian Antonio Stella (foto) ha percorso l’Italia in lungo e in largo ed è andato a scovare, spulciare, le tristezze della politica, forse prima ancora dei costumi. Ha messo insieme un catalogo di cui provare vergogna: gli sciupii, l’arroganza, l’arretratezza, le “ruberie” sotto forma di privilegi inconcepibili quanto formalizzati nero su bianco. E dove, all’apparenza, è possibile porre rimedio con un minimo di buona volontà, con un minimo di impegno, con un minimo di senso del dovere. E della decenza. Insieme a Sergio Rizzo, la sua fotografia l’ha raccontata in un libro, “La casta” (Ed. Rizzoli) che ha venduto attorno al milione di copie e che sta facendo discutere e riflettere come non accadeva da anni.
Sembrerà paradossale: è un libro di lucida denuncia che lascia aperte delle speranze. Tonino Guerra ha scritto, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, dopo la fine del lager, che non c’era più voglia di mangiarsi le farfalle, ma di ammirarne colori e volo.
Gian Antonio Stella (foto) lavora al Corriere della sera. Appartiene a quella categoria degli uomini che si caratterizza per la schiena dritta, professionalità in abbondanza e un’applicazione certosina: “Il lavoro è fatica. Più vado avanti, e più uso il registratore durante le interviste. Si perde molto tempo dopo per sbobinarle, ma non si perde il filo della conversazione”. E’ sobrio ed essenziale nelle risposte; dopo tutto il Teorema di Pitagora utilizza 28 parole e i Dieci comandamenti meno di 300. Veneto, 54 anni, si è occupato di cronaca romana ed interni; a lungo inviato nel Nord-Est, da molti anni scrive di politica, cronaca e costume con un linguaggio secco e pulito. E’ disponibile con una ruvidità bella, di chi non ama ciance e banali cerimonie.
Ha vinto numerosi premi giornalistici, tra cui “Il Barzini”, “l’Ischia” e “Il Saint Vincent”. “L’E’”, con in giuria Montanelli, Bocca, Biagi. Tra i suoi libri più famosi “L’orda”, in cui parla dell’emigrazione italiana nel mondo, e ‘Schei”, un indagine sul Nord-Est d’Italia. Nel 2005 ha esordito nella narrativa con il romanzo ”Il maestro magro”.
La consacrazione al grande pubblico è di quest’anno con il libro-l’inchiesta “La casta”.
Perché il cittadino sopporta le inefficienze di questo Stato?
“Nessuno di noi lo accetta bene. Questo è il nostro e non è facile cambiarlo. Siamo in una situazione difficile, ma cambiarla non sarà facile. L’uomo politico è bloccato, e coinvolge anche le persone perbene, e ce ne sono; di buona volontà, e ce ne sono. E’ il sistema che è bloccato. Entrambi gli schieramenti sono bloccati, perché nessuno ha paura che l’altro ne possa approfittare”.
Qual è i peccato più diffuso?
“Probabilmente l’autoconservazione”.
Da dove iniziare per risalire la china?
“Dalla trasparenza; è indispensabile che tutti gli atti compiuti lo siano”.
A suo parere abbiamo la classe politica che ci meritiamo?
“Che il cittadino non sia migliore della sua classe politica in parte è anche vero, ma non vuol dire nulla. Ai Mondiali di calcio abbiamo mandato i migliori e hanno vinto. La classe dirigente, per essere dirigente, deve essere la migliore. Deve essere composta da chi è in grado di dirigere”.
Si dice che i partiti siano tutti uguali, qual è il suo parere?
“No, assolutamente. Il nostro leader è molto sobrio. Ci sono delle belle differenze tra i partiti, come ci sono delle belle differenze tra le persone: non è vero che siamo tutti uguali. Il sistema politico è troppo spesso corrotto, questo è assolutamente vero. Anche le persone perbene vengono in qualche modo bloccate nei loro sforzi di rinnovamento”.
Ma in passato la nostra classe dirigente era migliore?
“Non sono mai stato della razza che diceva che un tempo era tutto meglio, con le pesche più succose e le prugne più saporite. Dall’età della pietra, i vecchi hanno immaginato migliore il mondo giovanile. Credo però che ci sia stato un degrado della classe politica”.
Qual è il suo punto di vista sulla classe imprenditoriale italiana?
“Quando criticano la politica, affermando che non è all’altezza, credo che abbiano delle buone ragioni. Ma anche loro hanno delle responsabilità, mi pare. In tanti hanno saputo farsi valere. Ce ne sono molti in Veneto, in Friuli Venezia Giulia. Abbiamo fior di imprenditori che fanno ottimi prodotti e che conquistano il mondo”.
Siamo così diversi dagli altri paesi?
“Dobbiamo stare attenti a dire che l’erba degli altri sia sempre più verde. E’ vero che la società non è migliore della sua classe politica, però ci sono nazioni dove la l’amministrazione statale è più seria. Dove lo stato funziona è tutto più facile; a casa nostra, per i nostri imprenditori, è tutto più difficile”.
Quali sono i valori che mancano a questa nazione?
“La centrale, è la mancanza del senso del bene pubblico; il resto viene a cascata”
Il suo libro, “La casta”, ha venduto attorno al milione di copie, qual è la sua chiave di lettura?
“Credo che ci sia una profonda insofferenza da parte degli italiani. Pagano delle aliquote molto alte senza avere in cambio dei sevizi proporzionati. Anche nelle nazioni del nord si pagano molte tasse, ma lo Stato restituisce servizi molto più efficienti”.
La nostra classe politica ha percepito la voglia di cambiamento degli italiani?
“No, purtroppo. Aveva avuto molte altre occasioni in passato. Non le ha colte allora e non le sta cogliendo ora, questa è l’impressione netta. E’ tutta autoreferenziale”.
La classe politica parla di responsabilità, e chi va in piazza è un qualunquista, che cosa dice?
‘Dico, ma dai…’
Redazione Online
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