di BERNADETTA RANIERI
Da gennaio al Pronto Soccorso dell’Ospedale Infermi di Rimini c’è uno sportello giovani. E’ un progetto che prevede un supporto psicologico e psicoeducativo per adolescenti e giovani adulti (14-24 anni) che si rivolgono al pronto soccorso per incidenti stradali. Si tratta di un progetto di ricerca sulla realtà riminese che avrà la durata di un anno, finanziato dai Piani di Zona del Comune di Rimini e realizzato all’interno del Progetto Calipso dall’Associazione di Promozione Sociale Itaca di Rimini. A parlarci di questo sportello è proprio il presidente di Itaca, il dott. Maurizio Cottone.
Dott. Cottone, com’è nata l’idea di questo sportello?
Abbiamo seguito la scia della ricerca-intervento effettuata dalla Dott.ssa Paola Carbone nella Capitale. Come psichiatra e psicoanalista, la Dott.ssa Carbone da anni studia l’universo adolescenziale in tutti i suoi aspetti e nel 2002 ha costituito una piccola postazione al Pronto Soccorso dell’Ospedale Eugenio di Roma, tuttora in funzione.
Quindi di che cosa di occupa?
Si tratta di uno sportello con psicologi professionisti a cui, con la preziosa collaborazione del Personale Sanitario, vengono indirizzati tutti i giovani tra i 14 e i 24 anni che giungono al Pronto Soccorso di Rimini per incidenti stradali. Per “incidente” intendiamo quegli eventi traumatogeni conseguenti a comportamenti non intenzionali finalizzati a prodursi o produrre lesioni. L’obiettivo della nostra presenza al Pronto Soccorso è duplice: 1) capire meglio e di più quali sono le ragioni che spingono un giovane al Pronto Soccorso, chi sono e offrire loro un’occasione per riflettere e 2) la possibilità di integrare nella trama storica dell’esistenza un evento somatico scisso e alieno.
Come vi avvicinate al giovane in attesa nella sala d’aspetto?
Il progetto coinvolge il personale infermieristico che ha il compito di svolgere una prima accoglienza del giovane solo attraverso la compilazione di una semplice e breve scheda in cui il ragazzo (o i genitori se minore) deciderà se firmare per avere un colloquio per prevenire il potenziale trauma psicologico conseguente al presente incidente. Nel caso di assenso, il personale del triage (quello preposto ad assegnare il grado di priorità dell’intervento, ndr) informa lo psicologo referente della volontà del ragazzo di sostenere una chiacchierata, che lo incontrerà, nel più breve tempo possibile, per un’unica volta. Lo psicologo è presente dalle ore 22,00 del venerdì alle ore 04,00 del sabato, ma contiamo di implementare giorni e orario all’approssimarsi della stagione estiva.
E cosa fa lo psicologo?
Somministra un questionario composto da 12 domande alle quali è attribuito un punteggio da 0 a 1 (0 equivale a no, 1 equivale a si). Le prime 4 domande sono relative alla dinamica dell’incidente, una domanda riguarda gli eventuali incidenti avvenuti nei 24 mesi precedenti all’incidente, 5 domande riguardano eventuali comportamenti a rischio e le ultime 2 domande riguardano il clima familiare attuale. Le 12 domande sono precedute da semplici dati anagrafici. (età, scolarità, dove vive, ecc..). Lo score (il risultato, ndr) è compreso tra 0-12 e si calcola facendo la somma dei punteggi ottenuti ad ogni domanda. Lo psicologo competente e con esperienza, nello svolgimento dell’unico colloquio, cercherà partendo dalla situazione attuale (racconto dell’evento) di mobilizzare nel giovane un nuovo sentimento di sé e della sua responsabilità personale senza però forzare o dimenticarsi che è stato proprio lui a proporre il colloquio e non loro a richiederlo. In altre parole lo scopo è quello di favorire al ragazzo un incontro nuovo con se stesso in cui elaborare e rielaborare fatti dati spesso per scontati, desideri scambiati per bisogni, destini considerati ineluttabili.
Cosa è emerso in questi primi due mesi di attività?
Innanzitutto, la percentuale più alta di accesi al Pronto Soccorso è da parte dei maschi. Dei ragazzi intervistati, un’alta percentuale ha riferito di aver avuto precedenti esperienze di accesso al Pronto Soccorso, esperienze tra l’altro molto spesso numerose e recenti. Inoltre, la causa dell’incidente è sempre più frequentemente attribuita a fattori “esterni”. Questa tendenza alle attribuzioni esterne potrebbe essere interpretata come una difficoltà dell’adolescente a percepire il corpo come proprio e/o a considerarsi soggetto attivo dell’evento. Spesso, però, sono proprio gli adulti a lui vicini a rinforzare nel giovane questi sentimenti di passività. Infatti, non di rado capita di sentire i genitori rincuorarsi all’idea che alcune condotte rischiose siano solo “ragazzate” e d’altra parte il medico che dice alla ragazza che “non è niente, solo uno stato di tensione” non facilita certo la valorizzazione della consapevolezza.
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