In pochi anni il patrimonio bovino dell’areale di allevamento si è ridotto drasticamente da 500.000 capi degli anni ’60 a poco più degli attuali 14.000. Complici il progresso tecnologico e le mutate abitudini alimentari.
Prima dell’avvento della meccanizzazione agricola, infatti, la razza Romagnola veniva impiegata soprattutto come forza motrice per eseguire i principali lavori dei campi. La produzione della carne era considerata secondaria, solo un plus valore rispetto all’altro principale impiego. Nei successivi anni, quelli del boom economico, il consumo aumentò a dismisura perché si era affermata la credenza che i bambini dovessero crescere con la carne, non come i padri che per ragioni economiche se ne erano privati. Si creò una sorta di enfasi della “fettina”; il benessere economico si valutava attraverso il quantitativo di carne che la famiglia ialiana poteva acquistare. A tavola non doveva mancare mai.
L’aumento della domanda sul mercato nazionale e l’inadeguata capacità da parte dei nostri allevatori di fronteggiare la richiesta interna, favorirono l’importazione di carne dai paesi esteri, le cui caratteristiche sia nutrizionali che organolettiche risultavano profondamente diverse dalle nostre. Nel contempo la razza Romagnola, i cui caratteri frutto della selezione, erano funzionali soprattutto all’utilizzo principale per il quale veniva allevata ossia la forza motrice, non era competitiva rispetto alle razze straniere più idonee a produrre carne a un costo più basso. Si rese così necessario reimpostare la selezione della razza, attraverso la costituzione di un soggetto estremamente muscoloso, capace di crescere rapidamente con incrementi giornalieri che sfiorano i 2 chilogrammi e con buona resa alla macellazione.
L’allevamento del bestiame
In provincia di Rimini si allevano 600 vacche nutrici oltre a 800 vitelli. Ancora oggi è molto praticata la stabulazione “fissa alla posta” anche se si stanno diffondendo forme più moderne di stabulazione libera. Pochi sono i capi allevati al pascolo. Molti allevatori seguono la linea vacca vitello, cioè ingrassano i vitelli nati nella propria stalla; altri invece praticano l’ingrasso, cioè allevano solamente gli animali, acquistati all’età di 3-6 mesi, provenienti da altre stalle. Le due tipologie di allevamento possono produrre carni sostanzialmente differenti, perché nel primo caso l’allevatore utilizza, nell’alimentazione degli animali, prevalentemente prodotti aziendali. Nel secondo caso è frequente anche l’uso di mangimi preparati industrialmente.
L’alimentazione tradizionale, ancor oggi largamente praticata in provincia di Rimini, si basa sull’impiego di fieno di erba medica distribuito a volontà, con l’aggiunta di mangimi concentrati (ottenuti con materie prime prevalentemente prodotte dall’azienda agricola), costituiti da cereali a elevato tenore energetico, integrati da farine a base proteica (fava o soia), in quantità media di 1 Kg per quintale di peso vivo del soggetto allevato. L’utilizzo di mangimi di provenienza aziendale consente da un lato di disporre di alimenti estremamente genuini, dall’altro di ottenere un valore aggiunto nella trasformazione dei cereali in carne. I foraggi insilati, ammessi fino a quattro mesi precedenti la macellazione, sono poco in uso nella realtà agricola riminese. I
Alto valore delle proteine, basso contenuto di colesterolo
Una prerogativa della Romagnola, è di avere una carne il cui contenuto in grassi risulta più basso rispetto alle altre razze da carne straniere. Ciò è dovuto principalmente al fatto che le nostre razze hanno un basso tenore di grasso intercellulare. Gli accumuli adiposi sono concentrati prevalentemente all’esterno della massa muscolare. Inoltre il contenuto in colesterolo, sia per motivi genetici che per questioni legate al tipo di alimentazione naturale con materie prime di qualità, risulta molto basso, al di sotto di 50 mg ogni 100 g di carne. Tali valori rendono la carne della razza Romagnola equiparabile a livello nutrizionale ai prodotti ittici classificati semi-grassi.
Una questione di frollatura
Le carni rosse appena macellate necessitano di un periodo di riposo, chiamato frollatura, che assicurerà la giusta consistenza delle fibre muscolari e quindi l’adeguata tenerezza del prodotto.
Alla base di una corretta frollatura sta la presenza del glicogeno, sostanza zuccherina depositata nei tessuti muscolari.