di MARCO AFFRONTE *
Leggendo i titoli dei quotidiani, stamattina ma anche nei giorni scorsi, relativamente alla questione del Delfinario, se ne ricava l’impressione che tutta la città di Rimini si sia mobilitata per riavere i “suoi” delfini. Scrivo per testimoniare che c’è invece chi ritiene, come me, che la città si sia finalmente liberata di una proposta di intrattenimento obsoleta, ed eticamente ormai impresentabile. Ho espresso più volte le mie perplessità sulle modalità e sulla spettacolarizzazione con cui è stato effettuato il sequestro. L’ho fatto a parole e nei fatti, al punto da avere deciso, quel giorno, di accettare l’offerta dei legali e dei rappresentanti del delfinario, ad agire come consulente di parte della struttura stessa, ma con il compito ben preciso di controllare che le operazioni di cattura e di trasporto degli animali dalla vasca al camion avvenissero nel massimo rispetto della sicurezza e del benessere degli animali.
Capisco la volontà della proprietà di ribattere alle tremende accuse di maltrattamento, accuse nel merito delle quali non intendo entrare, così come capisco le preoccupazioni di chi vede seriamente minacciato il proprio posto di lavoro o la propria azienda. Ma invito le sorelle Fornari e l’Amministrazione comunale, tra le quali sembra improvvisamente essere scoppiato l’amore, a prendere in considerazione l’idea di rilanciare un nuovo progetto, culturale, educativo e innovativo, dedicato al nostro mare, ma che non preveda più i delfini. La nostra città langue dal punto di vista dell’offerta culturale, e non ha una vera e propria cultura del mare (e quella che ha, la tratta pure male). Una svolta di questo tipo, che si lasci indietro vecchi modelli di “divertimento” non etico, diseducativo e anacronistico, sarebbe la benvenuta.
A me hanno sconcertato le dichiarazioni del sindaco di Rimini, ad aprile scorso, secondo cui “il delfinario è una realtà strategica, qualificante e coerente con la natura e gli obiettivi turistici di questa città”. Non sarebbe invece ora di puntare su modelli di turismo e culturali molto più attuali, validi ed educativi? Cosa c’è di qualificante nel vendere ai turisti lo spettacolo di quattro delfini che saltano a comando in una vasca di cemento?
A chi mi fa notare che i delfini sono comunque in un altro delfinario, e per loro non cambia nulla, rispondo che purtroppo è vero. E’ ora che si pensi alla maniera di mandare queste strutture a termine. Basterebbe impedire l’importazione di delfini nel nostro paese. In questo modo, visto che quasi ovunque le morti di delfini superano le nascite, nel tempo il problema si risolverebbe da solo. Stabilito questo però, io affermo che 4 delfinari, nel nostro paese, sono meglio dei 6 che c’erano un anno fa (ha chiuso anche il delfinario di Gardaland). Meno luoghi dove ai nostri bambini viene passata l’idea che gli animali sono “a disposizione” dell’uomo, per profitto e per divertimento. Meno luoghi dove viene calpestata l’idea di rispetto e comprensione che dobbiamo ai nostri coinquilini su questo pianeta, valori che cerchiamo con fatica di trasmettere ai nostri ragazzi e nelle iniziative vi divulgazione e sensibilizzazione.
Il mondo corre in avanti, così come va avanti, progredisce e si modernizza il nostro rapporto con le altre creature viventi del pianeta. I delfinari sono sempre più anacronistici, obsoleti, superati. Non hanno più molto senso, sono anzi diseducativi. Passano un’idea culturale retrograda: gli animali al servizio dell’uomo per divertimento. Se questo è “coerente con la natura e gli obiettivi turistici di questa città” siamo destinati a essere lasciati indietro. Più della metà delle nazioni Europee se ne sono già sbarazzati da tempo. L’uomo ha mille e più modi diversi per divertirsi, modi che non contemplano la sfruttamento e la lesione della dignità di altre creature viventi. La città, con il delfinario, perde uno dei suo simboli? Può darsi, ma arriva un momento che anche i simboli fanno il loro tempo, e vale la pena di lasciarseli alle spalle, e di crearne di nuovi, attuali e magari anche più profondi e veri di una scatola di cemento con un triste circo dentro.
* Naturalista e divulgatore scientifico