di ALBERTO BIONDI
Panorama sul proprio sito ha stilato una classifica dei dieci libri che “ti rendono una persona migliore”. Proprio in questi giorni, la pubblicazione scientifica Brain Connectivity ha rivelato gli stupefacenti risultati di uno studio su come il cervello venga modificato dall’esercizio della lettura. Ebbene, i ricercatori dell’Università di Emory (Atlanta, Stati Uniti) hanno scoperto tramite risonanza magnetica che la connettività del lobo temporale aumenta quando si legge. Sia che migliorino le nostre capacità cerebrali, sia che aiutino il nostro spirito, comunque la vogliate intendere i libri fanno bene.
Vediamo un po’ quali sono i titoli scelti da Panorama e proviamo a farne un commento: Siddhartha – Hermann Hesse (Adelphi), Infinite Jest – David Foster Wallace (Einaudi), Il buio oltre la siepe – Harper Lee (Feltrinelli), Qualcuno volò sul nido del cuculo – Ken Kesey (BUR), Delitto e castigo – Fedor Dostoevskij (Einaudi), L’insostenibile leggerezza dell’essere – Milan Kundera (Adelphi), Lo straniero – Albert Camus (Bompiani), Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta – Robert M. Pirsing (Adelphi), È così che la perdi – Junot Diaz (Mondadori), Racconti – Francis Scott Fitzgerald (Feltrinelli)
Intanto bisognerebbe capire cosa significhi diventare “una persona migliore”. Forse più buona? Più sensibile? Più intelligente? Mah, andiamo avanti. Personalmente credo che leggere, qualunque sia il libro in questione, ci renda migliori rispetto a chi non lo fa. Certo, non tutti i romanzi, i saggi, o i giornali sono uguali; alcuni per le loro qualità stilistiche, per la loro precisione, verità o autorevolezza, stanno qualche gradino sopra agli altri. A classificare la letteratura si corre però un grosso rischio, perché ognuno tende ad applicare i propri criteri estetici a qualcosa che non è, per sua natura, oggettiva.
Commenteremo questa lista di titoli consapevoli di addentrarci in un campo minato: Siddharta, Delitto e castigo e L’insostenibile leggerezza dell’essere appartengono a pieno titolo all’Olimpo della Grande Letteratura (maiuscola). Anche Albert Camus, Ken Kesey e Harper Lee meritano una menzione speciale, ma nella classifica i Racconti di Fitzgerald, Lo Zen di Pirsing e Infinite Jest di Wallace occupano tre posizioni che altri avrebbero meritato di più. Qualche titolo? Diamo risalto alla nostra letteratura, due classici: Se questo è un uomo di Primo Levi, con la motivazione di aver narrato l’incubo dei lager nazisti con una lucidità glaciale e uno stile dalla poetica tragicità; e Il barone rampante di Italo Calvino, perché la ribellione di Cosimo ci insegna che è possibile vivere fuori dagli schemi sovvertendo ogni ordine imposto. Il titolo straniero: Cent’anni di solitudine di Gabriel García Marquez, uno dei capolavori della narrativa moderna capace di trasportarvi in una saga familiare apparentemente lontana, ma vicina al vissuto di ogni essere umano. Non conosco É così che la perdi del premio Pulitzer Junot Diaz, perciò è un ottimo pretesto per fare un salto in libreria.
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