Non che dalla melmatica (si passi il termine) situazione politica locale si possa salvare qualcuno ma per lo meno qualche vocetta fuori dal coro aiuta a capire.
Il ponte sul Conca è un discorso ormai stantio e ricorrente che i politici di turno sanno tirare fuori con consumato tempismo. Per far digerire una zona industriale assurda alla gente di San Clemente e di Sant’Andrea in particolare venne garantito che il primo passo per la realizzazione del progetto sarebbe stato l’adeguamento della viabilità. Il tutto pubblicizzato con pubbliche riunioni (molto poche invero), esposizione di progetti multicolori e promesse di apertura a suggerimenti intelligenti. Da queste parti tutti hanno sentito che questa zona industriale è stata un “regalo” della provincia di Rimini ed in particolare del suo presidente che, comunque, si è ben guardato dal farsi vedere. Naturalmente si parla degli incontri con la gente comune e non di quelli con le categorie economiche. E, prodigo di congiuntivi esatti, ci fu un amministratore dello stesso partito di Fabbri che assicurò che senza determinate garanzie di qualità e senza l’intervento sulla viabilità la zona industriale non sarebbe stata realizzata.
Alle poche Cassandre dai tavoli dei politici spesso si è risposto con sorrisi ironici e atteggiamenti di malcelata sopportazione. Chissà se la stessa gente oggi ripeterebbe gli stessi atteggiamenti non come prova d’orgoglio ma come dimostrazione reale di coscienza pulita e tranquillità d’animo. Quel che è successo a San Clemente è davanti agli occhi di tutti. Ne parlano le pietre ma le pietre non fanno rumore e non aprono inchieste. Soprattutto le pietre si sentono solo se si vogliono ascoltare. C’è poi il gioco delle responsabilità di cui il nostro presidente della Provincia ha dato un altro saggio parlando del ponte: la colpa è degli amministratori locali asserisce ma come mai ci ha messo tutto questo tempo ad accorgersene?
L’area di Sant’Andrea partì con una urgenza estrema per salvare quella che qua tutti conoscono come “la Ghigi”. Molti politici (senza distinzione di schieramento) trovarono giusto un progetto esagerato (adesso lo dimostrano i fatti) su cui gravavano (ma nessuno li ha mai fugati) forti dubbi di diversa natura.
Dopo due anni di quel progetto si sono realizzati solo pochi scheletri di capannone, molta edilizia residenziale e poca, davvero molto poca “Ghigi” che invece , per quel che si ricorda, avrebbe già dovuto essere ultimata o quasi.
In tanti a Sant’Andrea sono convinti che sia necessario che i politici si diano una mossa perché questo brutto progetto sia almeno realizzato nelle parti che avrebbero dovuto alleviare il disagio dei cittadini: la viabilità.
Basta con i silenzi che poi finiscono per essere complicità. La gente vorrebbe capire perché certe scelte non hanno mai un padre. Ma visto che ormai sono fatte e forzatamente ci si deve convivere, il “popolo” vorrebbe sapere come e quando i progetti cominceranno ad avere un senso compiuto. Vorrebbe sapere come mai certe resistibili carriere politiche sono miseramente naufragate e se c’è un collegamento fra i “si dice” e queste scelte. La gente vorrebbe capire quale sarà la forma di questo paese su cui si sono riversati finora solo metri cubi di cemento e null’altro.
di Claudio Casadei