– La politica si è appropriata della regione Romagna. Si è spaccata in due, con poche eccezioni. Il centrodestra ne cavalca la tesi dell’indipendenza; mentre il centrosinistra è sul cavallo della Romagna inserita in un contesto geograficamente più forte. Il paladino storico della Romagna indipendente è Stefano Servadei, 80 anni, il fondatore del Mar (Movimento per l’autnomia della Romagna), ex parlamentare socialista, un gentiluomo, ne ha fatto un ideale di battaglia. Si dedica con energie e cuore alla sua causa.
Claudio Battazza, sindaco a Montefiore, diessino: “La nostra forza è lo stare insieme. solo così possiamo restare una delle regioni più sviluppate economicamente e socialmente d’Europa. Però il Riminese deve prendere coscienza del suo valore e ricontrattare lo stare insieme con tutte le altre province della regione. Bisognerebbe mettersi attorno ad un tavolo per i ruoli, le rappresentatività istituzionali, le vocazioni del territorio. Credo che sia più proficuo discutere in modo energico, piuttosto che costruire una nuova regione, che porterebbe qualcosa in meno, piuttosto che qualcosa in più. Inoltre, va fatta una sana autocritica. Cioè se Bologna ci ha trascurato non è stato anche per la nostro povertà di idee e di progetti che partono da queste terre?”.
Marco Lombardi, Forza Italia, consigliere regionale: “La Romagna discriminata è provata da diverse questioni. Sulle strade, ad esempio, non c’è paragone. E se guardiamo il reddito ci si rende conto che quello emiliano è cresciuto più di quello romagnolo. La differenza sulla distribuzione della ricchezza si sta allargando. Un altro esempio è il turismo. Bologna ha scelto di promuovere tutta la regione e non le città come Rimini, Riccione, Cattolica. Ora c’è un’inversione, ma si sono persi degli anni. Siccome la Regione da decenni è gestita da una certa maggioranza e la testa si trova a Reggio, Modena si capisce come mai”.
Nando Fabbri, ex consigliere regionale, presidente della Provincia di Rimini: “E’ naturale che l’Emilia, storicamente più industrializzata e ricca, abbia fatto pesare la sua forza sulla bilancia degli equilibri regionali, ma da qui a dire che Bologna abbia discriminato la Romagna ce ne corre. E soprattutto i rapporti fra le aree territoriali della nostra regione non sono tali, a mio giudizio, da giustificare una battaglia autonomistica romagnola.
Davvero pensiamo che una nuova Regione, con il suo pesante carico di burocrazia e tutto ciò che ne consegue, sia il modo più giusto per affrontare e risolvere i problemi reali dei cittadini? Io non credo proprio.
Mi piace piuttosto parlare di area vasta a proposito di sanità, logistica (mobilità e trasporti devono poter avere una soluzione comune, concordata tra diverse province della Romagna), di turismo e di agenzie per servizi di pubblica utilità. Insomma, di quelle iniziative concrete che consentono di mettere in rete servizi e progetti.
D’altra parte, il tema della Romagna autonoma ed autosufficiente, più volte affrontato nel corso dei decenni, non è stato mai risolto. E per una ragione ben precisa, che il professor Roberto Balzani, in un suo recente studio, individua nella mancanza di un’identità definita, netta, che nella maggior parte dei casi sfuma in una vulgata culturale”.