[img align=left]http://www.lapiazza.rn.it/maggio06/amarcord_05_05_06_2a.jpg[/img]
– Nel mese di aprile su queste pagine abbiamo descritto la storia del valente maestro d’ascia Guido Rondolini e del suo cantiere navale, la testimonianza è stata raccolta grazie alla disponibilità del figlio di Guido, Luigi Rondolini. La storia del cantiere Rondolini si esprime anche nel ricordo di una barca da lui costruita, che è rimasta operante fino ai nostri giorni sotto il nome di “Saviolina” già “Nino Bixio”, in memoria del suo capitano l’albergatore riccionese Severo Savioli.
Il “Nino Bixio”, tipo di “lancione” a due alberi con vele al terzo, fu commissionato nel 1926 al maestro d’ascia Guido Rondolini di Gabicce dai fratelli Michelini, anch’essi di Gabicce, i quali, come era tradizione per tutti, erano conosciuti col loro soprannome, i “Murot”.
La costruzione avvenne nei pressi dell’abitazione dello stesso Rondolini, in via del Porto a Gabicce. E venne varata nel 1928. La barca presentava le seguenti dimensioni: lunghezza 11,10 m., larghezza 3,46 m., puntale di 1,04 m., stazza lorda di 7,60 tonnellate. Lo scheletro e il fasciame vennero costruiti con legno di quercia, mentre la coperta in larice, come avveniva normalmente per tutte le barche di quelle dimensioni (per le lance più piccole e per le lancette, invece, si adoperava il larice o il pino, mentre lo scheletro, chiglia, ordinate e paramezzale, erano sempre costruiti con legno di quercia).
Col passare del tempo le tavole di quercia del fasciame vennero via via sostituite con tavole di larice, tanto che, durante la ristrutturazione, Alfonso e Marco Manzi hanno constatato che soltanto torello, controtorello e le cinte erano rimaste di quercia. I colori dello barca erano il bianco, il giallo e il marrone; la vela, come tutte le vele al terzo dell’Adriatico, aveva i colori tipici della famiglia, punta rossa rotonda in campo giallo.
All’epoca della costruzione del “Nino Bixio” il cantiere Rondolini aveva costruito solo imbarcazioni di piccolo tonnellaggio che continuò anche in epoca successiva, per cui si può ipotizzare che le sagome e i disegni fossero sempre quelli.
Il “Nino Bixio” era stato costruito a tutti gli effetti come barca a vela, ma ormai alla fine di un’epoca, portava già il segno del cambiamento radicale in alcuni particolari. Imbarcava un motore ausiliario, un BL (Fiat) da 18 HP che funzionava sia a benzina che a petrolio, acquistato usato a Bologna.
Il suo equipaggio era composto da sei persone; quanti hanno conosciuto il “Nino Bixio”, e tra questi Peppino Michelini (classe 1914) che sul “Nino Bixio” fece il suo primo imbarco come mozzo, ricorda anche oggi che era una bella barca, ben proporzionata e ben curata; ed era “brava”, espressione caratteristica che racchiude in sè le buone qualità in mare della barca stessa, cioé il suo comportamento, veloce e stabile anche in condizioni di mare non sempre calmo. In particolare da ricordare le qualità del timone, molto profondo e ben equilibrato, con cui si poteva tenere in assetto anche con mare agitato; con queste condizioni di mare molto grosso, era anche necessario usare la “spera” (tipo di ancora di frenaggio per evitare con la spinta di poppa delle onde che assumesse una corsa rischiosa).
Adibita alla pesca delle sardine, restava in armamento da aprile fino a settembre o inizi di ottobre. L’impiego del “lancione” nella pesca delle sardine fu largamente diffuso lungo la costa romagnola, specialmente a Cattolica, in un periodo durante il quale la rapida motorizzazione delle barche non venne contemporaneamente seguita da nuovi tipi e modelli di costruzione più adatti al motore.
I “Murot” erano piuttosto noti per questo tipo di pesca ed erano considerati fra i migliori pescatori di sardine di Cattolica (avevano il “fiuto”, sapevano sempre qual’era la zona più favorevole per calare le reti). Tenevano la barca sempre in ordine; la chiamavano la “bicicletta”, perché era piuttosto veloce, benché cattiva boliniera.
(Continua)
a cura di Enzo Gaudenzi e Sebastiano Mascilongo