Una Misano Mare di quieta e surreale preoccupazione, quasi una domenica mattina di primavera, dove nell’aria c’è festa e sorrisi. File fuori dei pochi esercizi aperti: tabaccheria, fornai, banche, supermercati… I pochi per strada, quasi tutti con la maschera ad aspettare, in ordine sparso e non da coda inglese. Insomma, con la cosiddetta originalità italica. Se è qui che è nato il Rinascimento, l’Arsenale, la pizza e la piadina, un motivo antropologico di deve pur essere nel mistero della vita. Uomini e donne in egual numero, da quarant’anni in su. Chissà dove saranno i giovani… i monitor… Tre uomini dai capelli bianchi fanno la fila fuori da un istituto di credito. Due con la mascherina ed uno senza ad una distanza di un paio di metri. Ti salutano, il ricambio di cuore è agli sconosciuti. Impossibile per chi scrive associare al probabile amico volto e nome; in fondo i misanesi si conoscono quasi tutti.
In bici verso il mare, davanti alla tabaccheria si incontra l’amico, un settantenne che sembra più giovane. Ci si ferma a chiacchierare sul virus, sui misanesi scomparsi pochi giorni fa causa corona, amici di entrambi. Arrivano, e questo è un piccolo classico, i punti di vista sui costumi degli italiani. Dice che siamo bravi, ma per farci rigare alla tedesca ci vorrebbe l’uomo forte. Lo scriba, lento di mente, non gli dice che l’uomo forte l’abbiamo già avuto per un ventennio e non con risultati apprezzabili. Anzi. Lacrime, sangue e miseria, senza dimenticare corruzione e nepotismo. Gli avrebbe anche voluto dire che uno scrittore tedesco, Brecht, ha scritto che è triste il Paese che ha bisogno di eroi. Un saluto e via verso il mare.
Si incrociano due donne in bici e mascherina; attorno il silenzio. Poco più avanti, sull’ampio balcone in mezzo ad un bel giardino esposto all’arco del sole una coppia in magliette con maniche corte prende il sole… Fanno tenerezza.
Il lungomare. Poche pedalate, sulla sinistra da un varco si intravvedono sulla spiaggia due uomini che armeggiano attorno ad una cabina, ma a debita distanza. Sono quei romagnoli che non riescono a star fermi. Negli anni ’50 il riccionese Rodolfo giunge a Milano in una multinazionale; forse la Rinascente. Sa farsi voler bene. Un anziano del vertice gli dice: “Ah, lei è romagnolo, gli italiani che invecchiano con l’addizione…”. “Cioè? Mi scusi”. “Mano mano che gli anni avanzano, giorno dopo giorno, fate sempre più cose…”.
Pochi metri più avanti, sempre sul mare, una giovane donna vernicia di bianco una staccionata. In centro, sul mare, in piazzale Roma, due coppie: una mamma con figlia ed una madre con bambino a debita distanza in passeggiata. A poche decine di metri una donna spinge il passeggino con un bambino con problemi fisici. Da libro cuore. Il loro cane è avanti in perlustrazione. Lo richiama con un vocione. A guardare il mare, su un molo, un signore vestito di scuro è al cellulare; chissà con chi e quali storie racconta. A scendere via Repubblica è il vuoto; si notano solo i negozi con le scritte vendesi ed affittasi (davvero troppi…) e quelli in triste abbandono. Sulla strada del ritorno, tre persone davanti al fornaio e nient’altro fino alla bottega… Poi queste quattro righe ai tempi del coronavirus: una strana quiete.