– In questi primi mesi di episcopato monsignor Francesco Lambiasi continua a stupire… e a far parlare di sé. Lo strano è che non è lui a provocare intenzionalmente questo ampio ribollire di opinioni. Infatti, procede sereno per la sua strada senza curarsi molto delle inveterate forme di immagine di un vescovo… e neppure dei condizionamenti di quanti lo attorniano.
In prima battuta, ha colpito la sua facilità e profondità di parola. Possiamo così definirlo non solo un buon comunicatore, ma anche una persona che ha validi contenuti e prospettive da proporre.
Il secondo elemento che crea meraviglia è la scelta di concedere il primato alla persona, a qualunque persona; si ferma a parlare con tutti, si informa, si interessa dei problemi spiccioli e quotidiani delle persone che gli capita di incontrare, con grande meraviglia della gente non abituata a questa semplicità di rapporti. Spesso lo si vede senza veste talare e senza aurei e vistosi crocefissi al collo. Se poi ti succede di dargli del “tu”, non si straccia la veste (che non ha!) e neppure ti richiama all’ordine.
Con lo stesso stile sta “perdendo” i suoi primi mesi di servizio pastorale visitando casa per casa tutti i preti, nei luoghi dove essi vivono e operano, cercando di rendersi conto delle loro condizioni, dei loro problemi, soprattutto lasciandoli liberi di esprimersi con franchezza il loro pensiero. Sembra, pertanto, che voglia andare oltre il “sentito dire”, oltre le informazioni che gli sono pervenute in abbondanza sul clero diocesano. Pare che arrivando a Rimini si sia trovato nelle mani una specie di lista contenente una analisi giudizio di tutti i preti della diocesi, di cui una quarantina classificati fra i “cattivi”. Personalmente ritengo che l’illustre estensore di tale lista sia stato ottimista! I preti un po’ claudicanti sono molti di più.
Farà le sue scelte solo dopo questa lunga e stressante maratona. Tutto questo fa ben sperare. E’ accettabile anche la posizione di chi segue il classico detto “Se son rose, fioriranno!”
Un altro fatto che mi meraviglia è che piace a tutti, sia a destra che a sinistra, per usare un linguaggio politichese. Con don Oreste ha una conoscenza e un’amicizia inveterata. Raccontano che siano stati visti insieme alla stazione di Rimini a pregare in mezzo a un gruppo di “barboni”. Con questo stile la Chiesa si presenta più familiare e l’autorità, che poi è lui, più “prossima” e meno misteriosa. Sembra deciso a sporcarsi le mani!
Ciò premesso, vengo al nocciolo di quanto mi permetto di suggerire. Il Carnevale è un tempo bello… Ma destinato a finire perché incalza la Quaresima. Anche per monsignor Francesco questo felice periodo di “osanna” finirà. Quando prenderà decisioni e sceglierà qualche collaboratore, in cento si alzeranno a sostenere con convinzione che quell’altro, o quell’altro ancora, sarebbe stato meglio. Dagli “osanna” si passerà facilmente ai “crucifige”. Fondandoci sulle premesse già illustrate, avremo il coraggio di concedergli un po’ di fiducia? Accontentare tutti e in tutto è impossibile anche per il Padreterno. Figuriamoci per un povero Cristo! Inevitabilmente qualcuno si sentirà toccato nei propri interessi, oppure in quelli del gruppo al quale appartiene. Ampliare le prospettive ecclesiali e spingere sulle necessità della conversione è compito nostro! Se non lo facciamo, lui non può farci niente perché è consapevole, come ha già detto, di essere lui solo vescovo di Rimini, ma di essere solo il vescovo! Così il futuro dipende anche da noi!
di Pier Giorgio Terenzi
Parroco a Montefiore Conca, fondatore del Ponte, il giornale diocesano