di Maurizio Lugli*
Questo articolo vuole essere un atto di accusa all’occidentale.
Nel nostro mondo, plasmato con l’uso dei combustibili fossili, si è realizzato lo straordinario benessere dei Paesi sviluppati a cui tutti ci siamo uniformati con il convincimento di essere invincibili. La nostra presunta superiorità dimostra di non essere scalfita neppure da questa pandemia, nonostante molte crepe si stiano aprendo nelle nostre consolidate certezze.
La storia ci insegna che nel corso di gravi calamità l’uomo riesce a sentirsi parte di una collettività. Oggi, neanche il coronavirus scalfisce il nostro individualismo sull’altare del quale si sacrifica la civile convivenza.
Una delle motivazioni più ricorrenti, per giustificare la propria contrarietà all’obbligo vaccinale o al Green pass, è che si lede la libertà individuale o si utilizzano illegalmente i propri dati senza capire che Facebook, Amazon, Google li utilizzano a piene mani, ogni giorno. Si grida LIBERAMENTE nelle piazze all’esistenza di una presunta dittatura oppure lo si scrive nei social, senza che nessuno lo impedisca; si continua imperterriti a considerarsi vittime di un governo autoritario.
Ognuno è libero di offendere, di screditare, di infamare chiunque metta in dubbio il proprio pensiero espresso sui social; pensiero spesso frutto di fantasiose interpretazioni della realtà, senza minimamente comprendere che, quella che sembra una libertà di opinione, è invece frutto della “dittatura” comunicativa dei social. Facebook e affini hanno tutto l’interesse a favorire la divulgazione dell’odio, della contrapposizione sociale, dell’ego smodato, dell’incultura, della disinformazione: si prefiggono lo scopo di disunire, di accentuare i diritti individuali a scapito dei doveri collettivi. Tutto ciò fa parte della strategia di chi ha tutto l’interesse che non si formi un movimento di opinione globale, riguardo una impellente necessità per questa pandemia.
La salute è un bene comune per cui non è ammissibile il brevetto a tempo indeterminato sui vaccini; è necessario che i Paesi sviluppati si facciano carico, pagando il vaccino, della eventuale temporanea sospensione del brevetto per permettere, nei Paesi in via di sviluppo in possesso di adeguata tecnologia, la produzione e la distribuzione gratuita del vaccino nel Continente africano ed in India, ovvero le zone del mondo originarie delle varianti Omicron e Delta che stanno falcidiando l’Occidente. E’ l’unica strada percorribile per uscire da questa crisi epocale e per non continuare ad essere vittime, spero inconsapevoli, della volontà di pochi che impongono la loro “dittatura” commerciale.
Tutti sappiamo che le rivolte popolari sono e saranno sempre il motore delle rivendicazioni politiche e sociali ed è appunto questo che si vuole impedire attraverso la disunione, la disaggregazione favorite dalla comunicazione nei social. Ben vengano quindi, il nostro individualismo sfrenato ed irrazionale, le dimostrazioni di piazza in difesa di tutto e il contrario di tutto, la divulgazione di fake news… con la gratitudine di coloro che pensano solo ai loro interessi.
Quando ci renderemo conto che tutto quello che sta accadendo – pandemia e riscaldamento globale – ci sta mettendo con le spalle al muro?
Il coronavirus e il problema ambientale sono eventi impalpabili, subdoli, percepiti come immateriali, ma potrebbero avere conseguenze simili ad una guerra mondiale; non possiamo permetterci che solo drammatici danni materiali risveglino il nostro dovere di essere parte di una collettività.
Nel nostro mondo, plasmato con l’uso dei combustibili fossili, si è realizzato lo straordinario benessere dei Paesi sviluppati a cui tutti ci siamo uniformati con il convincimento di essere invincibili. La nostra presunta superiorità dimostra di non essere scalfita neppure da questa pandemia, nonostante molte crepe si stiano aprendo nelle nostre consolidate certezze.
La storia ci insegna che nel corso di gravi calamità l’uomo riesce a sentirsi parte di una collettività. Oggi, neanche il coronavirus scalfisce il nostro individualismo sull’altare del quale si sacrifica la civile convivenza.
Una delle motivazioni più ricorrenti, per giustificare la propria contrarietà all’obbligo vaccinale o al Green pass, è che si lede la libertà individuale o si utilizzano illegalmente i propri dati senza capire che Facebook, Amazon, Google li utilizzano a piene mani, ogni giorno. Si grida LIBERAMENTE nelle piazze all’esistenza di una presunta dittatura oppure lo si scrive nei social, senza che nessuno lo impedisca; si continua imperterriti a considerarsi vittime di un governo autoritario.
Ognuno è libero di offendere, di screditare, di infamare chiunque metta in dubbio il proprio pensiero espresso sui social; pensiero spesso frutto di fantasiose interpretazioni della realtà, senza minimamente comprendere che, quella che sembra una libertà di opinione, è invece frutto della “dittatura” comunicativa dei social. Facebook e affini hanno tutto l’interesse a favorire la divulgazione dell’odio, della contrapposizione sociale, dell’ego smodato, dell’incultura, della disinformazione: si prefiggono lo scopo di disunire, di accentuare i diritti individuali a scapito dei doveri collettivi. Tutto ciò fa parte della strategia di chi ha tutto l’interesse che non si formi un movimento di opinione globale, riguardo una impellente necessità per questa pandemia.
La salute è un bene comune per cui non è ammissibile il brevetto a tempo indeterminato sui vaccini; è necessario che i Paesi sviluppati si facciano carico, pagando il vaccino, della eventuale temporanea sospensione del brevetto per permettere, nei Paesi in via di sviluppo in possesso di adeguata tecnologia, la produzione e la distribuzione gratuita del vaccino nel Continente africano ed in India, ovvero le zone del mondo originarie delle varianti Omicron e Delta che stanno falcidiando l’Occidente. E’ l’unica strada percorribile per uscire da questa crisi epocale e per non continuare ad essere vittime, spero inconsapevoli, della volontà di pochi che impongono la loro “dittatura” commerciale.
Tutti sappiamo che le rivolte popolari sono e saranno sempre il motore delle rivendicazioni politiche e sociali ed è appunto questo che si vuole impedire attraverso la disunione, la disaggregazione favorite dalla comunicazione nei social. Ben vengano quindi, il nostro individualismo sfrenato ed irrazionale, le dimostrazioni di piazza in difesa di tutto e il contrario di tutto, la divulgazione di fake news… con la gratitudine di coloro che pensano solo ai loro interessi.
Quando ci renderemo conto che tutto quello che sta accadendo – pandemia e riscaldamento globale – ci sta mettendo con le spalle al muro?
Il coronavirus e il problema ambientale sono eventi impalpabili, subdoli, percepiti come immateriali, ma potrebbero avere conseguenze simili ad una guerra mondiale; non possiamo permetterci che solo drammatici danni materiali risveglino il nostro dovere di essere parte di una collettività.
*Medico di famiglia USCA e presidente dell’associazione onlus “Cattolica per la Tanzania”