IL PUNTO
– E’ Stefano Giannini, già vice-sindaco, già consigliere provinciale, già vice-presidente di Romagna Acque, che sfiderà il sindaco uscente Antonio Magnani nelle primarie interne al Pd per il prossimo sindaco della città?
“Parlo a nome di amici e compagni, abbiamo un candidato che dovrebbe sciogliere la riserva ed intende presentarsi alla carica di sindaco, partecipando alle primarie”.
Così ha gelato l’assemblea degli iscritti del Pd lo scorso 14 ottobre Angelo Ciaroni, fino al 2004 vice-sindaco in quota Margherita. Insomma, nel Pd misanese se questa corrente riuscirà a raccogliere il 25 per cento delle firme degli iscritti presenterà il proprio portabandiera alla guida della città in ballottaggio col sindaco uscente Magnani, che a sua volta si è detto pronto a proseguire il mandato e ad affrontare la competizione.
Addirittura, c’è qualche componente del partito che non esclude una terza candidatura; oppure altre sorprese, come un volto nuovo al posto di Magnani, che negli ultimi cinque anni ha avuto un grosso merito: ha fatto pochissimo di visibile, per non dire punto. Che dopo i 10 anni di sbornia cementizia targata dal sindaco Sandro Tiraferri non è proprio poca cosa.
Lo stesso Tiraferri, nelle chiacchierate spassionate con amici, dice che forse la sua giunta quanto a cemento (tanto da prevedere il raddoppio degli abitanti di Misano da 10 a 20.000) ha esagerato. Soprattutto sono nati tristi condomini anche in aperta campagna, o nei pressi dei ghetti storici.
Nell’assemblea fatidica, ad accodarsi alla richiesta di primarie di Ciaroni, sono stati anche l’ex sindaco Sandro Tiraferri e lo stesso Giannini.
Ma qual è il significato della richiesta di primarie? Da un punto di vista politico è un bene. Significa che nell’associazione-partito c’è dibattito, scambio, opinioni diverse all’interno della stessa cornice. Lotta. Significa che ci sono gruppi, correnti, che non si riconoscono nel sindaco attuale ed in quello che ha fatto ed hanno in mente altro: altre idee, altri programmi. Un’altra città. Ed è giusto così. Significa anche che dentro il Pd ci sono volenti o nolenti le cosiddette correnti, o gruppi di simpatie.
Nel Pd misanese se ne possono individuare diverse. Una molto forte e potente ha come leader Sandro Tiraferri, Stefano Giannini, Angelo Ciaroni e Alvio Semprini. Ed è questa che punta molto del proprio futuro in Giannini.
Un’altra, altrettanto importante, se non di più, con una serie di sfumature, si riconosce in Sergio Morotti, Antonio Gaia, Bruno Fabbri, Dino Benzi, Giancarlo Ciaroni, Nadia Moroncelli.
Anche il sindaco Antonio Magnani ha un gruppo di fedelissimi e un suo gioco cerca di imporlo.
Poi ci sono i giovani che si riconoscono nel segretario Roberto Bertozzi. Chiudono lo schieramento una serie di personaggi poco incasellabili ma con un certo peso: Luciano Migliorini, Edoardo Signorini, Corrado Savoretti, Flavio Carlini, Luciano Leoni, Giuseppe Piccioni, Francesco Della Rosa.
Se le primarie hanno un loro valore per la candidatura, non meno ce l’hanno i partiti alleati del Pd, Rifondazione comunista, Comunisti italiani, Socialisti. Anche loro forse vogliono allargare le primarie ed esprimere la propria sul nome del papabile.
Se il sindaco Magnani scatenerebbe le primarie anche all’interno della coalizione di centrosinistra, sembra che la candidatura di Giannini debba giocarsi soltanto all’interno del Pd. Agli alleati Giannini va benissimo.
Invece una politica al servizio del cittadino, prima di tutto questo tatticismo di potere, dovrebbe avere come fondamenta i programmi: cosa, come e per chi fare le scelte. Poi ci vogliono gli uomini per dargli testa e gambe: educati, professionali e onesti. Roba da settimo comandamento (quello del non rubare) o da Giorgio Amendola per restare tra i laici.