Tratto da lavoce.info
DI MAURIZIO BARBIERI, professore Ordinario di Geochimica presso il Dipartimento di Ingegneria Chimica Materiali Ambiente della Facoltà di Ingegneria della Sapienza Università di Roma
La sempre maggiore frequenza di eventi climatici estremi spinge a correre ai ripari dagli effetti del riscaldamento globale. Per ottenere soluzioni soddisfacenti, è necessario investire sempre più in ricerca.
Alcune indagini epidemiologiche hanno da tempo dimostrato il rapporto esistente tra rischio di malattie cardiovascolari, ritardo della crescita, insufficienza riproduttiva e altri problemi di salute e la durezza dell’acqua potabile o il contenuto in magnesio e calcio.
Le variazioni chimiche e le tendenze delle serie temporali (2004-2020) di tre sorgenti dell’Appennino centrale (Monti Sibillini) utilizzate per scopi idropotabili da circa 400 mila abitanti di cui si è parlato in un precedente contributo rappresentano solo osservazioni limitate che necessitano di essere condotte su scala regionale e con serie temporali estese. I risultati seppur limitati rappresentano però una importante indicazione per proseguire nello studio per definire meglio gli adattamenti climatici necessari.
In questo senso, il censimento delle acque per uso civile, rilevazione condotta dall’Istat e inserita nel Programma statistico nazionale (IST-02192) ,unitamente ai dati dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) sul monitoraggio quali-quantitativo della risorsa idrica, rappresentano una importante banca dati da cui attingere informazioni per arrivare ad un indicatore di previsione di quello che potrebbe accadere nei prossimi anni. Gli indicatori sulle condizioni di siccità in corso e sullo stato della risorsa idrica dovranno necessariamente esseri il supporto all’implementazione della policy di settore prima di tutto per il Ministero della Transizione Ecologica.
Sarà cruciale misurare il progresso, in termini di soluzioni tecnologiche, che i governi adotteranno per mantenere fede all’accordo di Parigi stipulato nel 2015 che prevede un quadro globale su principi comuni validi per tutti i paesi al fine di limitare, ormai, le conseguenze del cambiamento climatico.
Da pochi giorni è on line una importante pubblicazione scientifica che analizza i brevetti US e google patents sulle tecnologie mirate alle strategie di adattamento al cambiamento climatico (Ccats: climate change adaptation strategies).
La migliore strategia sembra essere quella che prevede di sviluppare tecnologie sia verso la mitigazione che l’adattamento al cambiamento climatico. Per rimanere nel campo climatico, le così dette nature-based solutions, sono strategie di adattamento che rafforzano la resilienza dei sistemi ecologici. Quelle, per esempio, che puntano sull’approvvigionamento idrico durante le piogge o sulle aree verdi per alleviare le ondate di calore nelle aree urbane sono sicuramente esperienze da seguire. Le tecnologie per l’adattamento comprendono soluzioni tecnologiche high-tech e low-tech ma anche soluzioni tecnologiche non brevettate ma interessanti (best practices). Mi riferisco per esempio alla microirrigazione, ai pannelli che intrappolano la nebbia durante il periodo invernale o le tecnologie di assorbimento dell’umidità. Inoltre, costruire case ben isolate dal punto di vista termico consente di mitigare le ondate di calore riducendo l’utilizzo di energia, per l’aria condizionata per esempio, che rappresenta comunque una cattiva pratica da disincentivare.
Accanto a questi, gli strumenti finanziari e le reti di sicurezza sociale svolgono un ruolo cruciale, in quanto le capacità finanziarie ed economiche sono essenziali per consentire la ripresa dopo eventi meteorologici estremi. Tali strumenti consistono, per esempio, in assicurazioni meteo in agricoltura o immobiliare, ma anche in regimi di recupero pubblico.
Dallo studio emerge però anche il ruolo centrale del settore pubblico e privato nell’incentivare e finanziare studi in questa direzione. Anche perché dovremo, nel prossimo futuro, rispondere a come le tecnologie di adattamento interagiscano con la mitigazione del cambiamento climatico.
Credo che la comunità scientifica abbia l’obbligo di divulgare i rischi che l’attuale fase climatica sta producendo. Mentre il Senato degli Stati Uniti ha da pochi giorni approvato il maggior investimento nella lotta al cambiamento climatico della storia americana, in Italia, la campagna elettorale sembra non voler prendere in considerazione le necessarie strategie di adattamento climatico con cui dovremo fare i conti nel futuro poi non così lontano.
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