Tratto da lavoce.info
DI FRANCESCO AZZONI, studente magistrale in Politics and Policy Analysis presso l’università Bocconi
Il Partito democratico propone di usare i fondi ricavati dalla lotta all’evasione prevista dal Pnrr per aumentare gli stipendi netti dei lavoratori dipendenti di mille euro all’anno, tagliando i contributi Inps. Le coperture indicate sono sufficienti?
Pnrr e lotta all’evasione
Una delle proposte principali del Partito democratico, spesso rilanciata dai suoi esponenti sui social, è la cosiddetta “mensilità aggiuntiva”. Il programma rilasciato per le elezioni del 25 settembre specifica che la proposta è di introdurre progressivamente una franchigia pari a mille euro sui contributi Inps dei lavoratori dipendenti e assimilati, mantenendo invariato il computo ai fini pensionistici. Sono specificate anche le coperture per mantenere la promessa: sarà finanziata con il recupero dell’evasione fiscale previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ma le risorse ipotizzate sono sufficienti a coprire la spesa?
Procedendo a ritroso, a quanto ammonterebbero le risorse sbloccate dal Pnrr con la lotta all’evasione fiscale? L’obiettivo prefissato è una riduzione del tax gap di tutte le imposte, escluse Imu e accise, del 5 per cento entro il 2023 e del 15 per cento entro il 2024 rispetto al livello del 2019, stimato a circa 80 miliardi: si cerca quindi di recuperare circa 12 miliardi di euro ogni anno entro i prossimi due anni.
Naturalmente, per farlo bisogna riuscire a centrare l’obbiettivo del Pnrr, un traguardo che Alessandro Santoro, presidente della Commissione per la redazione della Relazione sull’economia non osservata e l’evasione fiscale e contributiva, ha definito “molto ambizioso”. La riduzione necessaria sarebbe infatti di poco inferiore a quella ottenuta nel quinquennio 2014-2019 (-2,7 per cento rispetto al -4,1 per cento del lustro precedente), periodo che ha visto l’introduzione di diverse nuove pratiche quali split payment e fatturazione elettronica che hanno reso più difficile evadere l’Iva. Ora, sostiene Santoro, sarà necessario procedere con un iter più minuzioso, integrando diverse banche dati e sfruttando moderne tecniche di analisi dei big data per individuare possibili casi di evasione, ma per fare ciò serve una legge specifica. La legge delega per la revisione fiscale si proponeva di ammodernare la lotta all’evasione, ma con la caduta del governo Draghi il processo è stato interrotto. Se anche la discussione dovesse ripartire passerebbero probabilmente mesi, considerato i tempi di formazione del governo e il fatto che, prima di tutto, il nuovo esecutivo dovrà affrontare la legge di bilancio. Difficile quindi ottenere i risultati previsti nelle tempistiche indicate.
Bastano 12 miliardi?
Appurato che le risorse disponibili sarebbero al massimo 12 miliardi, una cifra importante ma non mastodontica, quanto costerebbe la mensilità in più? A pieno regime servirebbero mille euro all’anno per ogni lavoratore dipendente. Al 2020 i contribuenti Inps dipendenti sono 17,5 milioni; il che si tradurrebbe in un esborso per lo stato di oltre 17 miliardi all’anno per mantenere la promessa della mensilità in più. Se anche l’obbiettivo del Pnrr fosse raggiunto, a regime la proposta lascerebbe un buco da oltre 5 miliardi da riempire, a meno che il termine “progressivamente” vada interpretato come un “via via che i fondi della lotta all’evasione si rendono disponibili”. In questo caso, l’importo della decontribuzione sarebbe limitato a quanto effettivamente si riuscirà a recuperare. Molto difficilmente, quindi, si arriverà ad avere fondi sufficienti per garantire mille euro a tutti: nel migliore dei casi la decontribuzione annuale sarebbe di circa 690 euro.
Così come indicata nel programma Pd, la proposta di dare una mensilità in più ai lavoratori dipendenti pagandola interamente con i proventi della lotta all’evasione fiscale prevista dal Pnrr risulta quindi di difficile realizzazione. A meno che le riforme del Piano nazionale riescano a raggiungere risultati ben oltre le più rosee aspettative – una riduzione del tax gap del 22 per cento – sarà impossibile mantenerla a pieno senza utilizzare altri fondi o senza ridurre l’importo della decontribuzione o la platea di destinatari, magari limitandola solo ai redditi più bassi, come già avvenuto per i bonus Irpef di 80 e 100 euro.
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