Tratto da lavoce.info
DI TOMMASO MONACELLI, professore ordinario di Economia all’Università Bocconi di Milano
La Bce ha risposto con qualche ritardo all’alta inflazione degli ultimi mesi. La strada imboccata è quella giusta, ma serve maggiore chiarezza per rendere le politiche più efficaci.
Il prezzo del gas naturale in Europa (Figura 1) è sceso in questi giorni a livelli che non si vedevano da più di un anno. Eppure, l’inflazione nell’Eurozona continua a galoppare ed è ora al 9,9 per cento.
Il disallineamento tra prezzi dell’energia e inflazione si spiega col fatto che l’inflazione è un fenomeno particolarmente persistente. Vale a dire, quando sale, l’inflazione tende a rimanere alta. La persistenza dell’inflazione è causata da due canali principali (non indipendenti tra loro): i salari e le aspettative.
I salari sono fissati in termini nominali sulla base di contratti pluriennali. Se lavoratori e sindacati, guardando al futuro, si aspettano inflazione (cioè prezzi in crescita) al momento della contrattazione cercheranno di proteggere il potere di acquisto del salario nominale (cioè espresso in euro), e richiederanno aumenti che si trasferiranno sul costo del lavoro per le imprese, le quali a loro volta trasferiranno tali aumenti dei costi sui prezzi. Attraverso il legame salari-prezzi, l’inflazione quindi si alimenta nel tempo.
Le imprese, inoltre, fissano i loro prezzi guardando al futuro. Se si aspettano che il livello aggregato dei prezzi salirà domani, vogliono evitare che il prezzo del loro prodotto cali in rapporto alla media generale dei prezzi nell’economia. Vorranno quindi cercare di mantenere il prezzo relativo invariato rispetto ai loro concorrenti aggiustando a loro volta il prezzo verso l’alto. Anche attraverso il canale delle aspettative l’inflazione è un processo che si auto-alimenta.
La persistenza dell’inflazione, generata dai due canali dei salari e delle aspettative, chiarisce dunque perché l’inflazione di oggi non può semplicemente spiegarsi sulla base di un iniziale shock di offerta con un conseguente aumento dei costi dell’energia e di produzione in generale. L’inflazione di oggi è frutto di meccanismi economici successivi, indipendenti dall’andamento del prezzo del gas e delle materie prime. Questo ci aiuta a comprendere perché in generale sia corretto per una banca centrale rispondere agli shock di offerta con rialzi dei tassi di interesse, nonostante gli shock di offerta generino un dilemma tra rallentamento dell’economia e inflazione (la cosiddetta stagflazione).
Con i rialzi dei tassi degli ultimi mesi la Bce ha dunque imboccato il sentiero qualitativamente giusto, ma lo ha fatto con un certo ritardo, perché ha sottovalutato proprio i canali di persistenza dell’inflazione successivi all’iniziale shock sui prezzi dell’energia. La Bce sta cercando ora di recuperare terreno. È come un pilota di automobile che ha imboccato una curva a velocità troppo elevata, ed è costretto a schiacciare i freni con più energia di quanto avrebbe fatto se avesse cominciato a rallentare prima dell’ingresso in curva (ossia se avesse iniziato un rialzo più graduale dei tassi molto prima). Gli effetti di questi rialzi dei tassi, però, si vedranno solo dopo diverso tempo. Le stime econometriche ci dicono che, in media, un rialzo dei tassi di interesse da parte della banca centrale produce il massimo effetto di contrazione dell’inflazione solo dopo nove mesi. La politica monetaria, quindi, dispiega i propri effetti con grande lentezza. Per questo motivo intervenire in ritardo può essere particolarmente costoso.
Nonostante il sentiero sia quello giusto, non è però chiaro in che modo la Bce intenda percorrerlo. La presidente Lagarde insiste sul fatto che le decisioni di politica monetaria saranno prese “meeting by meeting”, cioè “un passo alla volta”. In altri termini, la Bce deliberatamente evita di prendere impegni sulle proprie azioni future. Sembra optare, quindi, per un approccio basato sulla discrezionalità piuttosto che su regole, contrariamente a quanto indicato dalla teoria economica standard sulla politica monetaria ottimale. La Bce giustifica tale approccio per la grande incertezza che grava sull’economia dell’Eurozona: per esempio, incertezza su una possibile futuro rallentamento dell’attività economica. Ma questo livello di incertezza non viene da Marte, e dipende soprattutto da che cosa gli operatori economici si aspettano che farà la Bce stessa. In altri termini, la Bce sembra comportarsi come un pilota di aereo che, nella nebbia, si rifiuta di rivelare il proprio piano di volo. Invece di contribuire a far diminuire il livello di incertezza, sembra contribuire ad alimentarlo.
Un’ alternativa più chiara ed efficace, che allontani la Bce da un approccio puramente discrezionale, sarebbe quella di adottare un approccio tecnicamente definito come inflation forecast targeting (Ift). Ift implicherebbe prendere un impegno oggi di continuare ad alzare i tassi di interesse nel futuro fino a quando le previsioni di inflazione nel medio termine non fossero coerenti con l’obiettivo del 2 per cento. Allentare il carattere di discrezionalità nelle proprie azioni, e mettere in gioco la propria credibilità prendendo impegni per il futuro, sarebbe il modo più efficace per contrastare i canali di persistenza dell’inflazione descritti sopra.
Il fatto che la Bce insista con un approccio puramente discrezionale (“meeting by meeting”) potrebbe essere la spiegazione principale del fatto che l’inflazione continui ad essere così testardamente alta, nonostante la forte discesa dei prezzi dell’energia osservata negli ultimi mesi.
Lavoce è di tutti: sostienila
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
SOSTIENI LAVOCE