L’INTERVISTA
Benché figlio, è imprenditore anomalo. Laurea in medicina e per un paio d’anni medico. Poi l’azienda insieme alla sorella e al fratello. Ammira Tiziano Terzani e Silvio Garattini (Istituto Negri)
– Ripresa economica: difficile fare previsioni. Maurizio Focchi è il presidente della Confindustria della provincia di Rimini.
“Non è facile fare previsioni e i tempi non sono ancora maturi per parlare di ripresa anche se si intravvede un po’ di luce in fondo al tunnel . C’è la concreta speranza che il peggio sia passato e che quindi si possa iniziare la risalita. La crisi ha colpito tutti, con differente intensità nei vari settori. Le punte più alte si registrano soprattutto nel manifatturiero e nelle macchine per utensili, dove c’è stato un calo degli ordini fino al 50%. Il percorso di ripresa sarà lento e a macchia di leopardo. Comunque le nostre aziende s’impegnano al massimo e continueranno ad investire”.
Che tipo di segnali si intravedono nello scenario internazionale?
“La caduta della produzione ha subito un rallentamento. Paesi come la Cina, l’India e altre realtà asiatiche hanno iniziato la risalita e stanno tornando ad espandersi. L’Europa avrà una ripresa più lenta, ma non vi sono dubbi che uscirà dalla crisi. Affinché questo avvenga più rapidamente le sue imprese dovranno investire in innovazione, export, formazione delle risorse umane e riorganizzazione aziendale”.
I Focchi sono partiti dagli aratri all’inizio del secolo, per giungere a far specchiare gli europei nelle loro facciate continue nel cuore di molte città europee: Londra, Vienna, Milano, Manchester. Hanno collaborato con i maggiori architetti mondiali: Renzo Piano, Norman Foster, Massimiliano Fuksas, Vittorio Gregotti.
E’ Made in Rimini il moderno edificio che guarda la cattedrale di Santo Stefano a Vienna, l’aeroporto di Osaka in Giappone, il quartier generale della Pirelli a Milano, il Centro sviluppo prodotto della Ferrari a Maranello. Un frammento dello spirito riminese si appiccica addosso a chi frequenta la Borsa di Londra e chi va ad acquistare i famosi maglioni inglesi da Marks & Spencer a Manchester. A Rimini, Focchi, ha firmato il Flammio e la la fiera. Il fatturato viene realizzato per metà in Italia e per metà all’estero; Gran Bretagna paese capofila. L’azienda è guidata dai tre nipoti del fondatore: Silvia (si occupa di marketing e comunicazione), Paolo (produzione) e Maurizio (commerciale e amministrazione). Inizia il nonno Giuseppe nel 1914, in una piccola bottega nelIa periferia di Rimini: via Tripoli (oggi pieno centro, dove c’è la filiale di Banca Marche). Si producono gli aratri in ferro (uno come icona, un inno alle origini, fa bella mostra nella hall dell’azienda). Dopo gli aratri, iniziano a produrre porte e finestre in alluminio. Nel ‘73, si spostano sulla nuova circonvallazione di Rimini (dove oggi c’è il centro commerciale Malatesta) e fanno la prima facciata continua. L’ultimo salto nella moderna sede di Poggio Berni, nel 2003.
Maurizio Focchi è imprenditore anomalo. Ha studiato medicina e per una manciata di anni ha fatto il medico. Prima di approdare nell’azienda familiare. Prima ancora che diventasse famoso, si ritagliava gli articoli del grandissimo giornalista Tiziano Terzani. Cinquantacinquenne, sposato, tre figli, fisico da atleta, pratica una caterva di sport: tennis, nuoto, mountain bike, canoa, sci.
Che cos’è il successo per chi fa impresa?
“E’ difficile dare una definizione che valga per tutti. E’ uno che si sforza, che fa cose nuove, cose che comportano rischi, scelte, decisioni. Si prende la responsabilità non solo di se stesso, ma delle persone che collaborano. E pensa più ad investire i guadagni che a metterseli in tasca”.
Chi è il bravo dipendente?
“Colui che è pieno di iniziative, come un bravo imprenditore. Che si sente l’azienda sulle spalle, sia come impegno, sia come soddisfazioni. E vede l’azienda come il risultato di un lavoro di gruppo e di squadra”.
A suo parere quali sono gli ingredienti fondarnentali per far andar bene una struttura industriale?
“Due-tre. La prima, prendere decisioni importanti, corrette, sui prodotti, sui mercati. La seconda, è che sulle decisioni, con molto sforzo, bisogna saper cambiare strada quando ci si rende conto che le cose non funzionano. La terza, saper creare in azienda il giusto clima. Ogni impresa si deve basare sulle persone, solo queste riescono a fare ha differenza, perché credi a quello che fai e perché l’attività si basa sui progetti e sulle conoscenze tecniche. Quindi, vanno valorizzati gli essen umani e il lavorare insieme. Non va dimenticato, seppur con professionalità diverse, che i vari reparti devono avere un grosso legame. C’è chi è bravo in officina, chi lo è sui cantieri”.
Commesso errori?
“Sì, se ne commettono tanti. Purtroppo ho un carattere che mi fa molto indugiare sugli sbagli. In ogni caso, si impara e si passa avanti; nel caso contrario si è fragili”.
C’è qualche italiano in circolazione a lei particoarmente caro?
“Visto che non c’è piü Tiziano Terzani. Sono affascinato da Silvio Garattini, farmacologo, direttore dell’istituto Mario Negri. E’ un grande scienziato e un grande imprenditore. Ha fondato la struttura con l’aiuto di Negri, che era un commerciante di pietre preziose che fece un lascito a Garattini, quando aveva 27 anni. Oggi, l’istituto conta 1.000 ricercatori e vive del lavoro che svolge”.
Come vede ilfuturo?
“Come carattere sono un ottimista. Però alcuni problemi ci sono. Con l’internazionalizzazione, l’Italia è poco preparata e dovrebbe fare uno sforzo. Ho il timore che l’agiatezza sia una culla, soprattutto per i giovani. Purtroppo i molti risultati raggiunti dal Paese, per il carattere degli italiani, non giocano a nostro favore. Invece, la competizione impone degli obiettivi ed un certo stile che deve essere recuperato”.
Che cosa deve chiedere l’imprenditore alla politica?
“Di decisioni che possano facilitare la nostra attività: servizi, aree industriali, infrastrutture, un contesto socio-culturale favorevole e capace di motivare i giovani. Ad esempio, a Poggio Berni abbiamo trovato un bel dinamismo nelle nuove leve”.