Il caffé, per biologi e storici, la prima pianta fu trovata nel Kaffa, Etiopia. Si racconta di un pastore Abissino, accortosi, che il gregge dopo aver brucato nei suoi pressi, diventò molto risoluto. Incuriosito portò con se in Etiopia alcune piante e le piantò. La coltivazione si diffuse velocemente in molte terre arabiche. Incominciarono nel berlo nei loro monasteri i Sufi, mistici filosofi esistenzialisti, attivi in molte arti umanistiche, meditazione e musica araba. Gli studiosi delle religioni suppongono il loro credo immettersi nel Islam. Tesi ancora non accetta dai Mussulmani. Vivevano nella regione dello Jemen. Indotto poi nel mondo conosciuto degli ottomani.
Il nome Arabica, dai luoghi coltivato e bevuto, caffé per dove fu scoperto, Kaffa. Fu divulgato poi in Europa. Si racconta che nel 1660 un cittadino viennese, rientrato da una lungo viaggio in oriente, lo portò a Vienna. vendendolo in una piccola soffitta alle farmacie come stimolante. Sparsasi la voce nella città, aperta una improvvisata bottega, lo proponeva come bevanda eccitante. Quindi si iniziò nel berlo anche in altre città europee,come in oriente, versato con il Dallan e bevuto con il Sinan. Nel 1773, Londra apri il primo caffé. Inizio 1800 Vienna, Parigi, Roma, Venezia e altre importanti città europee, vennero aperte taverne alla moda, iniziando la storia dei bar, incontrandosi colti, artisti e alta aristocrazia. Nel 1884 un ingegnere meccanico torinese, Angelo Moriondo, proprietario di lussuosi Hotel e Caffé, curioso nello scoprire: il periodo della metamorfosi sociale e preindustriale stava proponendosi decise di progettare una macchina rapida per caffé, non fare attendere gli ospiti,avendo molte richieste da frettolosi clienti. Si mise al lavoro per risolvere il problema progettandola. Martina, un suo fedele collaboratore meccanico, idraulico, elettricista, lo ritenne unico idoneo per assemblarla. Questo artigiano, non come il creatore del disegno, fu mai citato per questa empirica impresa.
Jan Bersten, australiano, autorevole ricercatore, autorevole esperto del caffé, collezionista di macchine per ESPRESSO e storica letteratura, ritenuto il più importante esperto di questo meraviglioso regalo della natura. Nel suo saggio “Coffee Floats, Tea Sinks“, dopo aver ricercato negli archivi brevetti, cita il codice 343230 anche il nome Martina assemblatore,e risalendo allo scomparso prototipo, poi ricostruito, attualmente esposto nel museo del caffé MUMAC di Binasco. La prima macchina italiana da caffé istantanea, era stata creata, battezzata “Rubinetto a Stantuffo”. Caricata su un tre ruote, munita di caldaia verticale con 150 litri, emanando ogni 4-5 minuti 6 caffé. Presentata nello stesso anno di costruzione alla Expo di Torino, poi attivata nel bellissimo lussuoso bar Moribondo in via Roma, La Gazzetta di Torino del 21 Luglio dello stesso anno scrisse con vero entusiasmo la nuova e moderna scoperta..
II brevetto fu venduto a Luigi Bozzera, poi ancora dalla vedova ad un altro ingegnere, Desiderio Pavoni e colleghi, migliorandola, nella sua piccola bottega inizialmente ne costruiva pochi esemplari al giorno, caldaia in rame, stantuffi verticali e altri miglioramenti. Ottimi designer della scuola italiana come Gio Ponti, Alberto Rosselli e colleghi collaborarono nelle prime ricercate estetiche costruzioni, denominando IDEALE e CORNUTA, i primi due esemplari, attualmente esposti a New York nel museo arte moderna. Anni quaranta approdano San Marco e Cimbali poi ancora altri due, già proprietari di bar.
Achille Gaggia e Giovanni Faema brevettando nuove idee per un migliore ESPRESSO. Pistoni a molle bagnate, pompa volumetrica a 9 atmosfere, vaporizzando il caffé già esposto nel filtro. Nel pressarlo produceva la tanto amata CREMETTA. La macchina per questa importante novità fu presentata nel 1961,con la eclisse solare, nominandola Faema E 61. Ancora funzionante in importanti bar, diventata golosa preda per collezionisti. Queste innovazioni furono presentate in Inghilterra al bar Londra, partecipe la idolatrata, bellissima Gina Lollobrigida, in piena fama e successo, in momenti illuminati del cinema italiano Nuovo Realismo. Le novità tecniche ed estetiche esposero le macchine a vista, anche i baristi non solo nel fare un buon ESPRESSO, ma a contatto e comunicanti con i clienti. Non più sconosciuti con il viso dietro la parete, ma verso i clienti. specializzandosi in veri professionisti del settore, creando scuole specializzandosi con veri maestri, in seminari per conoscere vini, liquori e altre tecniche e competenza.
Cito due pionieri molto conosciuti del loro mondo, Bruno Piccioni e Peppino Manzi. Concludendo, non si può trascurare lo svizzero Enri Favre, ingegnere aeronautico, ossessionato per voler realizzare un Espresso conservato per uso casa e luoghi di lavoro. Coinvolgendo a questa sua idea anche la moglie italiana Anna Maria. Avendolo accompagnato nei bar di mezza Italia come poter sviluppare la sua idea,purtroppo non riuscendoci. Casualmente entrati nel famoso Espressobar della Capitale Santo Eustachio, situato nella anonima piazza dedicata al mistico leggendario Santo Eustachio. Dopo essere stato un arduo tribuno del Impero Romano, poi benefattore di schiavi e disperati, divenne Cristiano, giustiziato proprio dai Romani, poi Santificato. Osannato dalla chiesa e detti popolari, lo storico svizzero Henri Deaje, afferma che il Beato Eustachio, sia mai addirittura esistito. Ma lasciamo credere i credenti.
L’ingegnere svizzero bevendo un caffé osservò, che nel bar gettavano acqua bollente con pressione dentro la campana del macinino. La sua idea si illuminò, elaborare quel metodo avrebbe potuto realizzare il suo sogno. Esperimenti su esperimenti trovò la formula giusta, trasformare in forma di cartuccia, ci riuscì confezionando la Cialda o Capsula, brevettandola. Venduta poi e commercializzata nel mondo dalla multinazionale Nestlé. Lo Espressobar ormai punto di incontri e comunicazione: di sport e politica, novità e pettegolezzi, non potrà più scomparire. Diventato essenziale e importante, analizzano alcuni intellettuali e sociologi della storica Università la Sapienza di Roma. Il filosofo pesarese Francesco Giacchetta, lo definisce scuola di saggezza, contestazione sociale e politica, riproponendo svariati Espresso bar autentici Agora, affermando sono luoghi dove la gente vive tutti i giorni.
ESPRESSO: Gregge brucando erba sconosciuta portata nel nostro mondo, grazie voi e il vostro pastore, avete rallegrato e coinvolto, con la vostra erba selvatica, diventata poi chicchi il mondo. Verrete sempre citati della vostra avventurosa storia, dagli esperti e non solo, ma anche con aforismi da illuminati pensatori e popoli. Alcuni già giunti a noi.