Il prossimo film di Salvatores tratto da un soggetto di Fellini su Napoli-NewYork. Testimonianze e tracce custodite nell’archivio del Fellini Museum.
Il 2023 è un anno cadenzato dalle ricorrenze felliniane, con gli anniversari dell’uscita nelle sale di alcune delle pellicole che hanno reso immortale il Maestro: i 60 anni di 8½, i 70 anni de I Vitelloni, il mezzo secolo di Amarcord e, per finire, i 40 anni de E la nave va. Quattro gemme frutto dell’estro creativo e poetico del cineasta riminese, che fanno crescere il rammarico per quei progetti sognati e voluti ma rimasti nel cassetto.
Se la filmografia di Fellini è studiata in tutto il mondo, molto meno conosciuti sono i diversi lavori iniziati dal regista ma mai portati a termine, ciascuno con un proprio stadio di avanzamento, e di cui testimonianze e tracce sono custodite nell’archivio del Fellini Museum. Se ad esempio sono noti come grandi ‘incompiuti’ Il viaggio di G. Mastorna (di cui esiste un’ampia documentazione tra testi, foto e disegni) (allegato 7) e Viaggio a Tulum, entrambi poi trasposti in fumetto da Milo Manara, non altrettanto si può dire di Viaggio con Anita, film di cui Fellini scrisse il soggetto (all. 4) e che fu affidato, vent’anni dopo e con poca fortuna, alla regia di Mario Monicelli.
Negli ultimi anni della sua vita si sa che Federico Fellini lavorò principalmente su due progetti: uno era una sorta di block-notes sul mestiere dell’attore, di cui resta qualche disegno e qualche appunto (all. 2 e 3), e che si pensa possa essere lo sviluppo di un’idea degli anni Settanta su Alighiero Noschese. L’altro era la ripresa di un vecchio proposito, Venezia, dedicato al fascino e alla dimensione onirica della città e che, insieme a Mastorna, rappresenta la sua ossessione.
Risale invece alla fine degli anni Quaranta il trattamento per un film su un’altra città: Napoli; anzi due: Napoli-New York. E proprio a partire da questo soggetto, ritrovato qualche anno fa all’archivio Pinelli, che Gabriele Salvatores girerà il suo prossimo film.
Poi ci sono intuizioni, intenzioni, depistaggi: un film sulla musica lirica e sul Fulgor, su Le libere donne di Magliano di Tobino, su America di Kafka.
Per Fellini l’America era un paese immaginario, era il paese dei film visti al Fulgor (Chaplin e i noir), dei libri letti (Chandler, America di Kafka per l’appunto) e soprattutto dei fumetti divorati da ragazzino, Mandrake e Flash Gordon in particolar modo.
Disegnato da Lee Falk, che Fellini probabilmente conobbe sul set di Roma, Mandrake non possiede poteri paranormali come la telepatia, la telecinesi, non attraversava pareti ma è un prestigiatore, un illusionista con il suo frac e la sua mantellina e il suo bastone. Una figura che ha qualcosa del mago (Rol) e qualcosa del bidonista. Fellini ci abbozza anche un soggetto e ne fa il protagonista di un fumetto interpretato da Mastroianni: Moi, Mandrake de Frosinone, che esce sul numero speciale di “Vogue Francia” nel 1972. Mastroianni tornerà a indosserà i panni di Mandrake 15 anni dopo, nel film Intervista, come testimonial di un detersivo per bucato, per poi accompagnare lo stesso Fellini nella villa di Anita Ekberg dove con un colpo di bacchetta farà rivivere la sequenza della fontana di Trevi.
Tra i progetti sospesi, si ricorda Olimpo, un testo depositato nell’archivio Fellini pubblicato dalla poetessa riminese Rosita Copioli e il trattamento di un film poliziesco (o una serie tv), dal titolo “Il poliziotto” dai racconti di Nicola Longo, il commissario della squadra mobile di Roma che ha ispirato il personaggio interpretato in diversi film da Tomas Milian.
E ancora il progetto di un film su Dante, il sogno di tutti i produttori americani: Fellini che rifà La Divina Commedia. Fellini ci scherza e imbastisce una scaletta (all. 6) per uno special sull’Inferno. Schizza anche qualche disegno (all. 1) e affida al fidato Antonello Geleng la realizzazione di alcuni bozzetti scenografici (all. 5).
Infine un incontro, da cui avrebbe chissà potuto nascere una suggestiva collaborazione: era il 1992 quando Fellini incontrò Schulz, il fumettista papà dei Peanuts. Un incontro di cui restano due disegni (uno di Fellini e uno di Schulz) e un servizio del giornalista Rai Vincenzo Mollica, che nel 2019 a Repubblica ha raccontato: “Fellini raccontò a Schulz che a Fregene aveva un cagnetto che somigliava perfettamente a Snoopy. Schulz rispose a Fellini che stando affianco a lui si sentiva come quel piccolo imbianchino che dal basso, nella Cappella Sistina, guardava Michelangelo dipingere il Giudizio universale”.