Oggi sono diventati molti i giornali e i giornalisti che giustamente si preoccupano per la drammatica denatalità italiana: ci stiamo allegramente e baldanzosamente estinguendo ed è abbastanza divertente leggere le ricette che vengono proposte per invertire la tendenza.
Peccato che quei giornali siano gli stessi che da decenni attaccano sistematicamente e ferocemente il luogo dove la vita nasce e può essere custodita fino all’indipendenza: la famiglia.
E con quella attaccano una sessualità integrale (cioè non solo genitale) e fondata sulle relazioni profonde e vere, attaccano la responsabilità, l’identità sessuata come caratteristica ricevuta alla nascita e non autodeterminata (non decidi tu di che sesso sei).
Attaccano il maschile in generale, promuovendo una femminilità aggressiva e snaturata; gli stessi che si sforzano con ogni mezzo di convincere le donne a non farsi fregare dalla maternità, a rimandarla più possibile, a pretendere asili nido sempre e comunque, e possibilmente dal terzo mese (quando i neonati prendono solo il latte della mamma), salvo poi raccontare con toni melensi e struggenti la sofferenza delle donne che non riescono ad avere figli perché ci pensano troppo tardi.
E peccato anche, che quegli stessi giornali che blaterano di diritto all’aborto messo in pericolo, come se esistesse in Italia una sola donna che dal ’78 a oggi sia stata privata di questo “diritto”, non si rendano conto di quante vite nascenti sono state eliminate, per non contare le ragazzine che grazie a Speranza possono andare in farmacia dopo un rapporto sessuale, a prendersi una bomba di veleno e uccidere il loro figlio senza la prescrizione richiesta invece per l’antibiotico, e senza che i genitori neppure sappiano che un loro nipotino sta morendo.
Questi media che si interrogano sulla denatalità fanno davvero ridere, perché sono loro che da decenni contribuiscono a costruire la cultura che ha prodotto questa desolazione.
Non basta, è meglio che niente, ma non basta! Proporre assegni e piccole misure, come cerottini da mettere su uno squarcio che ci sta dissanguando, e che ci porterà presto a morte certa.
Il cambiamento che ci è chiesto è una conversione epocale dello sguardo e della ragione. Una conversione innanzitutto alla realtà: siamo maschio o femmina, la sessualità ha alcune caratteristiche che non puoi cambiare (non puoi fare figli per tutta la vita, per esempio, ma solo per un periodo relativamente breve; se provi a manipolare la fertilità ti può andare bene, ma anche no; di sicuro non va bene a tutti quei bambini che vengono concepiti e non fatti nascere (uccisi o lasciati nei frigo).
Consentitemi una riflessione molto semplice da “ragioniere” (che vuol dire uno che usa la testa tutte le volte che serve).
Cari giovani tra i venti e i quaranta anni, se voi non fate figli adesso che siete nelle condizioni di farlo, per qualsiasi vostro motivo del quale non voglio discutere, ma solo esaminarne gli effetti nel tempo, ripeto se non fate figli oggi, fra 20-30-40- anni quando andrete in pensione chi ci sarà al mondo a lavorare per pagare le vostre pensione, le cure mediche che vi saranno indispensabili, ecc?
Pensateci! Qui non c’entrano né la religione né l’ideologia, c’entra il semplice buon senso e, per la stampa, un pizzico di onestà intellettuale.