IL PERSONAGGIO
– Sebastiano Sanchini nacque la sera del 19 gennaio 1763 a Laureto, frazione di Mondaino, allora territorio dello Stato Pontificio.
Il padre Pietro, agricoltore benestante, apparteneva ad una delle piu’ antiche famiglie locali. In questa zona di campagna Sebastiano passò la sua fanciullezza circondato dalla famiglia, composta oltre che dal padre, dalla madre Brigitta e da sette fratelli e sorelle, tutti maggiori di lui. Da questa infanzia avrebbe attinto un patrimonio umano di conoscenze ricco di comprensione per il prossimo, che formò il suo carattere e lo rese capace di affrontare, poi, anche le situazioni piu’ difficili.
La sua formazione culturale iniziò nel Convento di Mondaino sul colle denominato Monte Formosino.
Nel 1786 Sebastiano Sanchini fu nominato Sacerdote e si trovò a compiere una scelta. Per chi, come lui, proveniva da una famiglia di campagna agiata, ma priva di titoli nobiliari, due erano le possibilità: tendere ad avere la cura delle anime di una parrocchia rurale o trovare collocazione presso una famiglia altolocata, in qualità di maestro-precettore.
L’amore per le materie letterarie ed umanistiche e la grande considerazione del tempo per il ruolo di precettore di giovani fecero optare Don Sebastiano per questa seconda scelta.
Nel 1800, dunque, cominciò questa particolare esperienza e fu istruttore presso la famiglia dei Conti Cassi di Pesaro, congiunti dei Leopardi. Nel 1807, su consiglio del suo ex allievo Francesco Cassi, il Conte Monaldo Leopardi chiamò Don Sanchini a Recanati perchè facesse da maestro per i figli Giacomo, Carlo, Paolina e Luigi.
Si mise all’opera con sollecitudine per rispondere alle speranze in lui riposte. I ragazzi lo assecondarono con grande volontà, in questo spinti dal padre che seguiva personalmente l’andamento degli studi; specialmente Giacomo dimostrò una precocità d’ingegno che “quasi stordiva”.
Questa scuola domestica fu improntata alla cultura tipica del tempo, dove particolare privilegio avevano gli scrittori classici latini, tra cui in particolare Orazio, non disdegnando lo studio delle materie scientifiche. Giacomo era quello che tra i fratelli emergeva a meraviglia con potente memoria e duttilità d’ingegno, spesso aiutando gli altri fratelli. Uno dei meriti del precettore fu quello di stimolare Giacomo bambino ad esprimere in versi il misticismo della natura. L’opera d’insegnamento prosegui fin al 20 luglio 1812, anno in cui Don Sebastiano comunicò al Conte Monaldo “che era giunto il momento da lui previsto e riteneva compiuta la sua opera di maestro”.
Lasciò traccia indelebile nella memoria del poeta che alla sua morte, il 23 luglio 1835, scriverà a fronte di un libro intitolato “Poesia e prose in morte di Amaritte” dell’abate-conte G.L.Pellegrini:
“Donato alla libreria Leopardi per lo chiarissimo e dottissimo uomo il Signor Don Sebastiano Sanchini morto tra le lacrime di tutti i buoni e vero cordoglio dei suoi moltissimi amici”.
Estratto da “Don Sebastiano Sanchini Precettore del poeta Giacomo Leopardi” scritto dalla Prof.ssa Rosa Sanchini Forestiere, Mondaino, 1991
Leopardi, e l’ironica poesia al precettore
– Giacomo Leopardi è tra i maggiori intellttuali italiani. A 12 anni dedicò questi versi ironici, per l’aver allungato il tempo di studio, a don Sebastiano Sanchini, suo amato precettore.
Illustrissimo Signore,
Immortal, gran Precettore,
Mi par cosa vergognosa
Senza dire qualche cosa
Il dovere incominciare
Verso sera a studiare.
Dunque su, Calliope amica,
Torna presto alla fatica,
Incomincia un po’ a cantare,
E lei resti ad ascoltare.
Verso la sera,
Fra l’ombra nera
Lieti studiamo,
Nason spregiamo
In un bruttissimo
Libro, sporchissimo,
Che pure è buono
A darsi in dono
A quel che vende,
E allegro prende
Libri stracciati,
Libri sporcati.
Ma il Precettore
Ha un libro bello
Espresso in quello
Vede il dolore
Del poveretto Nason, diletto.
Dunque andiamo, studiamo contenti
Precettore immortale, e giocoso,
Che sollevi le cure, e gli stenti
Dello studio, ch’è un po’ faticoso.
Lasciam pur la fatica diurna,
Cominciam la fatica notturna.
Ma per ora soscriver mi voglio
E lasciar di far versi l’imbroglio.
Servitore Devotissimo,
E scolare obbligatissimo.
Recanati è il mio paese,
E d’Ottobre siam nel mese.