Lorenzo Bugli: “San Marino non è paese per giovani”.
San Marino è il paese dei buoni propositi e delle riforme annunciate, dei progetti di legge che si
accumulano come fascicoli in archivio e delle idee che muoiono prima ancora di vedere la luce. È il
paese dove tutti parlano di futuro, ma nessuno sembra preoccuparsi di chi quel futuro dovrebbe
viverlo. Perché la verità è che oggi San Marino non è un paese per giovani. Non lo è per chi cerca un
lavoro stabile e trova solo contratti precari. Non lo è per chi vorrebbe costruirsi una famiglia ma deve
fare i conti con mutui irraggiungibili e affitti impossibili. Non lo è per chi vorrebbe restare, ma finisce
per andarsene perché qui le opportunità sono un miraggio e il costo della vita un ostacolo
insormontabile.
Prendiamo il lavoro. In Portogallo, il governo ha recentemente introdotto una riforma fiscale che
prevede una riduzione dell’IRPEF per i giovani under 35 con redditi fino a 2.500 euro mensili. Questa
misura, progressiva e strutturata, consente ai giovani di beneficiare di una detassazione fino al 50%
nei primi cinque anni di carriera, riducendosi gradualmente fino al decimo anno. L’obiettivo è chiaro:
incentivare la permanenza dei giovani nel paese, aumentare il loro potere d’acquisto e rendere più
sostenibile l’ingresso nel mondo del lavoro. Qui da noi, invece, si parla tanto di lotta al precariato,
ma si continua a lasciare le imprese in balia di un sistema che rende più conveniente sostituire un
dipendente ogni sei mesi piuttosto che assumerlo con un contratto a tempo indeterminato. Se davvero
volessimo cambiare le cose, anziché continuare a sbandierare il miraggio del posto fisso, la priorità
dovrebbe essere ridurre il costo della vita per i giovani e creare condizioni di lavoro dignitose.
E che dire della casa? Negli ultimi dieci anni, il costo degli affitti è aumentato del 35% e il prezzo
degli immobili è salito di oltre il 20%. Un giovane che vuole andare a vivere da solo deve sborsare
cifre fuori dalla sua portata, e se pensa di accendere un mutuo scopre che, senza garanzie da parte
della famiglia, le banche nemmeno lo prendono in considerazione. In Irlanda, lo Stato copre fino al
30% del valore dell’immobile per i giovani sotto i 40 anni; in Francia, gli affitti sono calmierati per
chi è all’inizio della carriera lavorativa e vengono previsti forti incentivi per chi decide di costruire
una famiglia. Qui, invece, il mercato immobiliare è diventato un far west e chi non ha la fortuna di
nascere nella famiglia giusta resta bloccato. Ora, con il nuovo giovane Segretario di Stato, con il quale
ho avuto il piacere di proporre diverse idee per affrontare questa emergenza, nutro fiducia nel fatto
che finalmente ci sia la volontà politica di adottare misure concrete e coraggiose. Perché anche lui,
come me, è convinto che il tempo delle attese sia finito e che i giovani non possano più permettersi
di aspettare.
Poi c’è la questione della socialità. San Marino è un paese che si svuota alle dieci di sera, dove non
esistono più locali, spazi di aggregazione, luoghi di incontro. Un tempo c’erano discoteche, sale
concerti, club culturali. Oggi sono rimasti quattro bar e qualche sporadico evento che dura il tempo
di una notte. In Svizzera si investe in spazi multifunzionali per i giovani, in Danimarca i club culturali
ricevono incentivi per organizzare eventi e concerti. Noi, invece, lasciamo che i ragazzi vadano fuori
confine per qualsiasi forma di svago.
Ma il punto vero è un altro. Quando la politica smette di dare risposte, il vuoto viene riempito da
altro. Lo vediamo ovunque in Europa: in Francia l’estrema destra raccoglie consensi tra i giovani
perché ha saputo intercettare il loro disagio, in Germania i movimenti populisti di destra e sinistra
crescono proprio dove il sistema tradizionale ha smesso di funzionare. E a San Marino? Pensiamo
davvero di esserne immuni? Pensiamo che la frustrazione di chi non trova un posto in questo paese
non possa trasformarsi in rabbia e sfiducia verso le istituzioni?
Io continuo a chiedermi se i miei colleghi più giovani vogliono davvero farsi sentire, se ai giovani
degli altri partiti interessa unirsi per costruire qualcosa di concreto, perché qui il problema non è più
il domani, è l’oggi. Se non iniziamo a cambiare le cose ora, se non iniziamo ad interpretare quel
cambiamento tutti, tra qualche anno sarà troppo tardi. O forse lo è già.
Lorenzo Bugli, Consigliere della Repubblica