di Gianfranco Vanzini
I sì del Decalogo – Una guida per tutti – (2)
Una lettura nuova e propositiva dei 10 Comandamenti
La Paternità divina
Prima di dettare a Mosè i Suoi Comandamenti, Dio si presenta e dice: “Io sono il Signore tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese dell’Egitto, dalla condizione di schiavitù.” (Es 20,1-2) Cioè: sono quel Dio che ti ama, che ti vuole bene e ti dà le indicazioni per vivere bene ed essere felice.
E, successivamente, continua: “ Non avrai altri dei di fronte a me, non pronuncerai invano il nome del Signore tuo Dio”. Da queste prime parole si capisce che è Lui che dobbiamo ascoltare e adorare. Lui è il Creatore e il Padre, noi siamo le creature.
La PATERNITÀ DIVINA è la prima e la più importante certezza che ci deriva dalla lettura del Decalogo. Da questa paternità discendono come immediata conseguenza : la FRATERNITÀ, la PARI DIGNITÀ, la LIBERTÀ e il RISPETTO per e tra tutte le persone.
Riconoscere e accettare il principio che siamo tutti figli di Dio, ci fa diventare automaticamente tutti fratelli. E’ un atto di riconoscenza verso Dio; ma, nello stesso tempo, conferisce una piena e assoluta libertà e dignità a ciascun di noi, a ciascun uomo e a ciascuna donna, ed è fonte e garanzia del pieno e reciproco rispetto, per e tra tutte le persone.
Prima di tutto: libertà da Dio, in quanto è Lui stesso che ci lascia liberi. Liberi di seguire Lui e i suoi Comandamenti o di non seguire né Lui né i Suoi Comandamenti; liberi di amarlo come Lui vorrebbe ed essere felici, come conseguenza di questo nostro amore verso di Lui, ma anche liberi di non amarlo, di combatterlo, di volere perfino la Sua eliminazione.
Libertà da Dio, che diventa anche: libertà dagli uomini, da tutti gli uomini, accompagnata da una conseguente responsabilità. La responsabilità di riconoscere gli altri come fratelli e di comportarsi di conseguenza, cioè amandoci e rispettandoci reciprocamente.
Ecco da dove nascono le positività del Decalogo, prime fra tutte: la libertà e la fraternità.
Oggi viviamo un momento di relativismo e autoreferenzialità a tutto campo. Trasformiamo il concetto di libertà in: diritto illimitato dell’individuo di fare qualunque cosa, svincolato da qualsiasi responsabilità e dovere, senza tenere conto di alcuna norma morale che possa limitare, o anche semplicemente indirizzare, la ricerca del piacere personale o del proprio tornaconto o comodo immediato.
Pensiamo che liberi da Dio comporti anche liberi da tutto. Gilbert Chesterton, però, già molti anni fa, metteva in guardia gli uomini del suo tempo da una possibile illusione e affermava: “Chi non crede in Dio non è vero che non crede a niente, perché comincia a credere a tutto”.
Eliminando Dio, infatti, si rischia di non essere né liberi, né veri, ma semplicemente di diventare schiavi di tutto e di tutti. Schiavi e vittime del gusto del potere, del sesso, del denaro, della droga, dell’egoismo, personale o collettivo, della prima ideologia, moda, mago o fattucchiera che sembri offrire una parvenza di felicità. Questi comportamenti, però, non portano né gioia né felicità, come ci dimostra la cronaca quotidiana.
Invece, accettare e fare proprio il Comandamento: “Non avrai altro Dio fuori di me” e completarlo con il Comandamento di Gesù: “Amatevi come io vi ho amato” rende tutto più semplice e bello. Significa che nessuno può rendermi suddito o schiavo, perché mi ha creato libero il mio Signore e io non riconosco altri “signori” sopra di me, né io posso considerarmi al di sopra dei miei fratelli.
Ho quindi la possibilità di avere una vita piena, responsabile, serena, perché sono cosciente di essere amato da Qualcuno e consapevole che, a mia volta, devo amare quel Qualcuno e il mio prossimo per essere una persona pienamente realizzata.
(Continua)
P.S. Sintesi tratta dal libro: Un Padre buono e premuroso, un Giudice misericordioso (pag. 35) La Piazza Editore – di Gianfranco Vanzini e Simone Lombardi – Cell. 339.3034.210
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