– Concludiamo il racconto su Giuseppe Magnanelli, un pioniere che ha fatto la storia della sua città.
Maria Silvana Magnanelli: “Nel 1934 Dino Selva “Sivèn” sposa Ines Codovilli e si trasferisce a Cattolica, continuando l’attività di pescivendolo e quella di tessitura a Montescudo.
In quell’anno nacquero i primi dissapori. Nel 1937 si sciolse la società Magnanelli-Selva, Silvino cede la sua quota al genero Giuseppe Magnanelli.
Nel 1938 Dino Selva aprì una propria azienda di tessitura nei sotterranei della casa di famiglia (dove iniziò a lavorare anche la sorella Clelia e il fratello Giovanni) sempre a Montescudo nel centro del paese e a poca distanza da quella del cognato. Nel 1938-39 Dino Selva diviene armatore a Cattolica del motopeschereccio “Leonardo da Vinci” per la pesca della sarda in società con Aldo Ercoles “Ciuflèt” (capitano) e Antonio Ercoles (motorista). Tipo di imbarcazione una “papera” con motore da 15 CV Deutz.
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Attorno al 1940 la tessitura Giuseppe Magnanelli raggiunse l’apice produttivo con un’attrezzatura di ben 10 telai, arrivando a soddisfare anche le ingenti richieste dell’esercito. Poi la guerra, il crollo a causa dei bombardamenti su Montescudo dove passava la Linea Gotica, con numerose perdite di vite umane e danni al paese. Praticamente la fabbrica di Magnanelli fu quasi distrutta”.
Valerio Ceccoli “Valìn”: “Nel periodo della guerra la fabbrica fu bombardata e poi saccheggiata. Ricordo che portarono via anche le cinghie di cuoio al volano dei telai per fare le solette agli zoccoli”.
Maria Silvana Magnanelli: “In seguito, 1947, Giuseppe Magnanelli ricostruisce completamente la fabbrica a sue spese, addirittura ampliandola sperando di ottenere i danni di guerra, e tutto questo tra mille controversie e sacrifici. In quegli anni Giuseppe Magnanelli si trasferisce a Cattolica nella stagione estiva, e qui apre un negozio di oreficeria nel centro cittadino.
Sempre nel dopoguerra Giuseppe Magnanelli diviene sindaco di Montescudo, lavorando attivamente alla ricostruzione del suo paese e prodigandosi sulle sorti dei suoi abitanti. Fu in quel periodo che scrisse una lettera per chiedere i contributi allo Stato in base al Piano Marshall, in merito alle spese sostenute per la ricostruzione della propria attività di tessitura. La risposta fu negativa per via di quella schiera di concittadini che da sempre lo hanno ostacolato per le sue idee e per la sua attività di imprenditore, sostenendo a tal fine che la fabbrica di tessitura non era mai esistita. Si salvò dal fallimento grazie all’aiuto in paese dell’altra schiera di persone che credevano nella sua persona, nella sua generosità e onestà, riconoscendo che insieme all’attività di tessitura dava lavoro e fama al paese di Montescudo. Verso di loro si impegnò a firmare cambiali che pesarono fortemente sulla propria rendita per tutto il corso della sua vita e in seguito riuscì con l’attività a malapena a sostenersi.
Nel 1948 Dino Selva “Sivèn” acquista la villa dei Perini sita in via Del Prete a Cattolica adibita ad abitazione e attività commerciale. Nel terreno retrostante costruisce un’azienda di tessitura, gestita in seguito insieme al fratello Giovanni. Nel 1951 è socio armatore insieme ad Aldo Ercoles “Ciuflèt”, di un nuovo motopeschereccio tipo “lancione” costruito dai fratelli Della Santina “Vulpèn” e varato in quell’anno col nome “Leonardo da Vinci II”, motore da 25 CV Bolinder. L’azienda di tessitura Selva diventerà in seguito protagonista del boom balneare, realizzando per le nostre spiagge tele per sdrai e tende da sole. L’azienda è tuttora attiva ed è leader del mercato nel settore. Il troppo impegno determina verso la fine degli anni ’50 l’abbandono, a malincuore, dell’attività di commercio ambulante del pesce”.
Entro breve tempo il Comune di Montescudo inaugurerà un museo etnografico nella canonica, appositamente restaurata, nella chiesa di Valliano. Una parte sarà dedicato alla gloriosa attività della tessitura di Montescudo con l’esposizione di 4 telai manuali d’epoca.
A cura di:
Livio Bontempi, Selvino Selva, Dorigo Vanzolini