L’Emilia Romagna è all’ottavo posto in Italia per la bontà dei suoi vini nella guida di Luca Maroni, enologo considerato. Tra i migliori 539 figurano 23 vini contro i 109 della Toscana. Dei 23 solo uno è riminese. Insomma, c’è ancora molto da fare.
Per dare una mano ai produttori negli ultimi anni sono scese in campo anche la Provincia e la Regione. I due enti si sono mossi su due livelli: migliorare la produzione e creare l’immagine: vero valore aggiunto per riuscire a spuntare il prezzo sul mercato.
Nel Riminese sono stati introdotti nuovi vitigni doc (si veda articolo a fianco), creato un club di produttori denominato Felliniani, per sfruttare l’immagine di un riminese di prestigio. Operazione forse discutibile ma indubbiamente valida.
Un lavoro importante sta avvenendo nel percorso produttivo. Mentre gli agricoltoi di Rimini fino a pochi anni fa estraevano 200 quintali di uva per ettaro, oggi i migliori si sono fermati a 100-120. E grazie ai nuovi impianti, più vite per ettaro, ad ogni pianta si chiede una produzione di circa 3 chili d’uva. Insomma: il vino si fa nella terra, come si ama dire.
Grande attenzione è stata posta nella promozione. In questa fase ci si sta rivolgendo ai ristoratori romagnoli. Che non sono molto sensibili ai nostri prodotti. O hanno poche etichette autoctone, oppure, come è accaduto, fanno pagare una bottiglia di pagadebit 15 euro: triste più che vergognoso.
Eccole le 13 aziende Felliniane, tra l’altro selezionate da Luca Maroni: Valle delle Lepri (Coriano), Fattoria del Piccione (Montecolombo), La Fonte (Rimini), Podere Vecciano (Coriano), Casa Vinicola Bernardi (Verucchio), Casa Zanni (Verucchio), Marhesi (Rimini), Torre del Poggio (San Giovanni), Terre Riminesi (Coriano), Battistini (Santarcangelo), Le Rocche Malatestiane (Rimini), Monsignore (San Giovanni), Fiammetta (Montecolombo).