– “Ci vogliono le motivazioni. Meno superbia e meno arroganza. Meno parole e più fatti. Chi gioca a calcio è un fortunato; chi lavora in fabbrica non ha di certo alcuni atteggiamenti da primadonna. Prima viene la scuola e poi arriva il resto. Con il calcio che è una parentesi molto bella e qualche volta può essere anche drammatica. Se non si ha bene in mente questo, è tutto riduttivo. Quindi: concretezza”.
Queste parole potrebbero essere messe in bocca ad un educatore di coscienze, invece le racconta ai propri ragazzi un educatore dei piedi. Si tratta del riminese Roberto Polverelli, da un anno allenatore della Nazionale italiana Dilettanti Under 18.
Quest’anno ha preso parte a quattro tornei: quattro vittorie. Tra queste trionfo nel Campionato Europeo Under 18 Dilettanti, disputatosi a Salerno lo scorso giugno, battendo in finale l’Inghilterra: 4-2, il risultato. Dopo il risultato 10 dei 20 ragazzi sono stati ingaggiati da società di A e B.
Quarantatré anni, genitori morcianesi, Mario e Guerrina, sposato, riminese nato in via Roma, dove anche vi lavora (fa l’ottico), il sogno bambino di Polverelli era fare l’allenatore più che il calciatore. Perché? Risponde: “Mi sono sempre appassionato alle strategie. Alle vittorie fatte con lo spirito del gruppo, capaci di accomunare tutti. Mi piacciono gli sport di squadra in genere perché tutti si possono esprimere: i bassi, gli alti, i medi, i robusti, i longilinei. E’ il coinvolgimento delle motivazioni, sia fisico, sia psicologico. Credo che nel gruppo ci sia l’espressione più completa dell’individuo. Ed il gioco del calcio è un linguaggio universale bellissimo, al di là delle culture e delle religioni”.
Mezz’ala, a 28 anni appende le scarpe al fatidico chiodo. E da giocatore del Misano Monte del duo Signorini-Paolucci diventa allenatore della stessa società. Vi resta 4 anni e vince un campionato. Poi va ad allenare la Marignanese, il Fontanelle, l’Almas Rimini e l’Igea Marina. Le sue formazioni si piazzano sempre in zona medaglia. In totale ha vinto 3 campionati.
Collaboratore del Modena, del Gubbio, patentino di allenatore professionista preso a Coverciano nel 2001, quest’anno il salto: coach della Nazionale Under 18 Dilettanti. Nello sport di gruppo è più importante lo schema o il talento? Polverelli: “L’uno e l’altro. Il primo aspetto però è quello morale. I ragazzi li selezioni sugli atteggiamenti, sulla disciplina, sull’ordine. Con i giocatori instauro un rapporto fortissimo. Si sta insieme non per il compitino”.
Gli obiettivi? Polverelli: “Migliorarmi sempre: a livello professionale e nella vita. Vincere dà orgoglio. Guardo avanti con umiltà”.
Modelli? “In particolare no. Stimo allenatori come Zaccheroni, Sacchi, Ericsson, Paolo Dal Fiume (Ravenna). Gente che ha uno spiccato senso pratico. Io cerco di metterci del mio”.