Per un intervento chirurgico a cui sono stato sottoposto nei giorni scorsi, nuove regole applicano anche per le operazioni al “Day Hospital”, vale a dire eseguire tutte le fasi dall’operazione alla dimissione dal nosocomio, nella stessa giornata. La mia recente esperienza dimostra la discutibile bontà di questa regola.
Pur rilevando la professionalità e l’umanità riscontrata in tutta l’équipe della sala operatoria – nomino per tutti l’anestesista dott. Ciaccia, l’unico di cui conosco il nome – riscontro alcune dolenti note. Dopo la sbrigativa visita di controllo del dottore, le infermiere iniziano a smantellare i letti per prepararli per gli ospiti del giorno dopo. Io risento ancora in una gamba gli effetti dell’anestesia. Cerco di rimanere a letto il più lungo possibile. Alla fine non posso più tergiversare e mi accingo ad alzarmi. Non appena messo anche il secondo piede a terra, quello della gamba semi addormentata, l’inevitabile caduta.
Le infermiere, chiamate da qualcuno, accorrono per rialzarmi. Rilevano la bassissima pressione arteriosa che attribuiscono allo stress dell’operazione e dal lungo digiuno e suggeriscono di consumare qualcosa al bar. In quella stessa occasione un altro paziente del reparto è crollato a terra e viene indirizzato al bar pure lui.
Con l’aiuto di una sedia a rotelle del reparto, condotta da mio figlio, si conclude quindi l’operazione di sgombero della camera. Trascorreranno quindi ancora molte ore prima che la gamba riacquisti in pieno la sua funzione.
Ma le perle del “Cervesi” non finiscono qui. Qualsiasi sia il numero, le persone che debbono effettuare le medicazioni post operatorie vengono convocate, tutte, alla stessa ora, provocando ressa, attesa e confusione. Per togliere i punti era stato dato appuntamento a tutta una massa di pazienti alle ore 11. Pochi minuti alle 12 e tutti eravamo ancora lì ad aspettare che il dottore finisse altre visite. Si spargeva poi la voce che era uscito anche il dottore. Dovendomi recare, sempre per ragioni di salute all’esterno, decido di abbandonare la partita.
I commenti di tutti i presenti non erano certo lusinghieri nei confronti dell’attuale gestione dell’ospedale. Rilevavano le differenze con la gestione “San Raffaele” quando i pazienti accorrevano anche da altre grandi città fuori regione e l’ospedale di Cattolica veniva indicato dai media ai primi posti in Italia. I fatti potrebbero anche essere comici come appendice del film con Alberto Sordi “Il medico della mutua”. Alla stampa, ai lettori e alle autorità competenti il compito di giudicare l’opportunità di simili situazioni.
di Sergio Tomassoli