– Una stagione fertile per i libri a Morciano. Nei primi mesi dell’anno ne sono apparsi ben sei. Ha aperto le danze Emilio Cavalli con il “Conca, quando il fiume era magico”. Si è proseguito con la bella biografia dell’ammiraglio Luciano Bigi. Poi sono giunte le stuzzicanti immagini di Mario Polverelli. “Morcianesi in posa (Archivio fotografico 1900 – 1945)”, il titolo del lavoro. A San Gregorio Tullio Becci ha dato alle stampe il suo inno alla terra: “Natura e amore”. Negli stessi giorni è stata la prima volta di Mario Garattoni: “Gli africani d’Italia. Appunti sulle storie degli Etruschi”. In aprile si ripresenta Emilio Cavalli con “Scirol, belle storie”, la vita di un saludecese semplice con la fantasia di sapersi far voler bene.
Sempre nello scorcio del 2004 è uscito un volume elegante, prestigioso, non meno che prezioso, culturalmente, s’intende. Si tratta della copia anastatica (fedele all’orginale) di un libro del 1757 scritto da uno dei maggiori intellettuali italiani del secolo, il pesarese Annibale degli Abati Olivieri (1708 – 1789). Titolo: “Della Fondazione di Pesaro”. Con tale iniziativa la Banca Popolare Valconca si è presentata ai pesaresi in occasione dell’apertura della filiale. Insomma, anche dalla periferia, quando ci sono le idee, arriva il contributo per arricchire la coscienza di una comunità. Tra l’altro, il volume pesarese reca la presentazione di Antonio Brancati, direttore della biblioteca e dei Musei Oliveriani.
L’effervescenza letteraria morcianese è stata sottolineata dal sindaco Giorgio Ciotti, lo scorso 5 marzo, quando è stato presentato il volume di Garattoni. Volume che portava la prefazione della professoressa universitaria Franca D’Amico Sinatti, che nella prefazione intitolata “Un autore insolito, ha scritto: “…Garattoni si è cimentato in altre ipotesi, è stato spesso contestato, rifiutato, ma in molti settori ha poi avuto ragione. Un lettore particolarmente attento, oppure uno studioso senza cattedra, ma con molto intuito? Il percorso seguito è stato preciso, a volte puntiglioso, e il risultato viene affidato alla lettura senza l’apparato critico, di proposito, come un narratore innamorato della sua leggenda che vuole comunicarla a tutti, anche a coloro che non sanno le lingue antiche e non hanno un metodo di ricerca per avvicinarsi all’archeologia. Può darsi che fra appassionati s’intendano”.