– Un vecchio detto romagnolo che non conosceva la cultura americana diceva: “Ad fameja! I lédga tra fradél” (Che famiglia! Litigano tra fratelli). In America si fanno le primarie per scegliere i candidati, come spesso accade la nazione dominante esporta costumi e stili, così sono state accolte nella sinistra italiana a corto di idee.
Una data da svolta per la piccola storia di Misano quella del 18 gennaio: giornata di primarie nelle file del centrosinistra. Per la prima volta dal dopoguerra la sinistra (Pci e Psi) non avranno il sindaco e per la seconda volta non si fa il secondo mandato. Soprattutto sarà la prima volta che un cattolico ha ottime possibilità di essere sindaco di Misano.
Nei giorni prima delle primarie in casa centrosinistra tutt’e tre i candidati erano sicuri di farcela. Sia i due del Pd: il sindaco Antonio Magnani, sia Stefano Giannini (provenienza Margherita), sia Fabrizio Piccioni (Comunisti italiani).
E tutt’e tre hanno conseguito un risultato personale importante, portando a votare circa 2.700 elettori, il 30 per cento degli aventi diritto. Andiamolo a vedere.
Magnani
Le ragioni della sconfitta. Forse il Magnani più bello, umano, lo si è visto il giorno dopo la sconfitta, manifestando senza finzione lo scoramento. Nelle urne si è ritrovato con il 35 per cento dei suffragi (quasi mille preferenze). Ha perso in casa sua, alla Cella, dove ha staccato il rivale Giannini di una trentina di voti. Ma la frazione che più lo ha “tradito” è Misano Monte, con solo 50 suffragi. Un po’ pochi per chi ha appena inaugurato il nuovo plesso scolastico che si aspettava da 20 anni. Ma a Misano Monte gli opinion leader erano a fianco di Giannini: Corrado Savoretti, Dino Benzi, Giuseppe Piccioni, Maurizio Martini, la famiglia Signorini.
A non sostenere il sindaco è stato anche buona parte della sua giunta e dei suoi consiglieri comunali. E qui ci vorrebbe un mea culpa. L’errore più grosso imputabile a Magnani è stato non aver coinvolto nel governo della città la trentina di persone che lo sostennero cinque anni fa. Li ha tagliati mano mano, optando, paradossalmente, per coloro i quali lo hanno abbandonato.
Tuttavia buona parte di coloro che lo sostennero si sono compattati ed hanno fatto una campagna vera che ha dato frutti insperati. Inimmaginabili.
Uomo politico di lungo corso (è ai vertici della scena da quasi 30 anni), non si capisce come mai Magnani si sia estraniato da chi era con lui. Abbia dimenticato che in politica ci vogliono salde alleanze, condivisioni. Uomini. Altrimenti da solo non vai da nessuna parte, sei debole e facile preda degli altri. Molto probabilmente, se fosse stato forte, Giannini non sarebbe mai sceso in gioco.
Giannini
Le ragioni della vittoria. Stefano Giannini con 1.076 preferenze (il 35,9 del totale) ha compiuto un capolavoro, anche se i suoi meriti non sono stati inferiori alle colpe di Magnani. Da atleta di rango ha lottato, ha organizzato, ha fatto rumore. Si potrebbe quasi dire che ha preso il telefono e chiamato quasi tutti i misanesi non una ma due volte. Ha avuto con sé gruppi strutturati e associazioni. Giusto o sbagliato che sia (dura lex sed lex, queste sono le regole) lo hanno scelto anche elettori del centrodestra che forse a giugno voteranno un altro candidato. Ha chiamato padrini dalla forte immagine da fuori comune, come Terzo Pierani, Massimo Masini, Ermanno Vichi, Massimo Pironi.
Piccioni
Le ragioni della vittoria. Fabrizio Piccioni, bandiera dei Comunisti italiani, ma sorretto da Rifondazione, Italia dei Valori, Sinistra critica, con i suoi 700 voti (il 25 per cento del totale) è andato oltre ogni rosea previsione. Un risultato strabiliante, la sua percentuale. Insomma, fantastico. A Scacciano, la sua frazione, ha lasciato le briciole agli altri; con lui l’80 per cento. Ma è andato bene in tutto l’entroterra. Qualcuno lo accusa di aver fatto il gioco di Giannini. Piccioni in ogni mossa sa bene dove andare. Forse ha portato via consensi a Magnani, ma ha prima di tutto ha giocato per sé. Altrimenti si farebbe un torto alla sua non comune intelligenza politica e capacità di entrare in sintonia con gli altri.
Extracomunitari
Hanno preso parte al voto delle primarie anche gli extracomunitari. Dato la piccola differenza tra Giannini e Magnani, è molto probabile che sono stati fondamentali se non nella vittoria di certo nella sconfitta. Nel solo seggio di Misano Mare hanno raccolto ben due fogli di macchina per scrivere di nomi e cognomi.
Ora Giannini ha un compito arduo, da uomo di governo; è chiamato a compattare il partito. Per avere un gruppo in grado di fare la campagna elettorale. L’uomo è intelligente, abile, pragmatico, saprà come fare. La sua apertura, o chiusura, la si vedrà al momento delle composizioni delle liste e nella scelta degli assessori.
Giannini insieme ai partiti che lo appoggeranno, deve scrivere il programma; i cittadini hanno scelto solo il candidato. Ha senso? C’è qualcuno che contesta questo approccio superficiale ed è difficile non dargli ragione. E se non si dovesse fare l’allenza né con Piccioni, né con i socialisti?