– Quello che è stato costruito in questi decenni in provincia di Rimini ha bisogno di un ordine. Stefano Vitali ha intenzione di darglielo. Questa la sintesi estrema del progetto che il candidato a presidente della Provincia per il Pd ha in mente, e che applicherà in caso di vittoria.
Riminese doc (e secondo qualcuno questo è un handicap per chi corre a quella carica), 41enne, sposato, Vitali è stato per molti anni famoso in qualità di segretario di don Oreste Benzi. Ma ha alle spalle anche una carriera politica di quasi vent’anni come amministratore pubblico al Comune di Rimini (come consigliere prima e assessore poi).
Ma come nasce la sua passione politica?
“Nasce nei primi anni del liceo, con le liste studentesche, che era una forma di partecipazione che riprendeva vigore dopo gli anni ’70, come partecipazione alla società. L’impegno politico poi l’ho sospeso per molto tempo, ho fatto cose diverse, mi sono laureato, ho lavorato nell’attività di famiglia, poi ho scoperto la dimensione sociale, e ho scoperto l’associazione Papa Giovanni XXIII. Mi sono immerso totalmente nel sociale, e forse paradossalmente, proprio da qui ho riscoperto la politica. Mi spiego: una delle cose che dicevo sempre a don Oreste era: ‘Noi ci impegniamo nel sociale, ma questo da solo non basta. Se vogliamo incidere, a livello sociale, sulle condizioni delle persone, non possiamo non impegnarci in politica’. E questa è una delle motivazioni per cui nel ’95 ho deciso di fare politica direttamente. Credo, tra l’altro, che la divisione troppo netta tra sociale e politica sia uno dei principali problemi della politica”.
E come è nata questa sua “missione” nel sociale?
“Vi sono stati due episodi, tra gli altri. Ero andato ad una festa di San Silvestro del 1988, al vecchio teatro: doveva iniziare più tardi e prima c’era una festa cui partecipavano tanti disabili e i loro giovani accompagnatori. Sono stato colpito dalla pace e dalla serenità che c’era in quell’ambiente, mentre io, allora, ero profondamente inquieto. Poi, la prima volta che sono andato in una casa famiglia, ho visto il tavolo, il lunghissimo tavolo dove tutti mangiavano: questo mi ha dato la dimensione di quella che sarebbe stata la mia famiglia. Solo in seguito è arrivato l’incontro con don Oreste e tutto il resto”.
Lei ha iniziato la sua militanza politica con movimenti di destra: da dove deriva il cambio di orientamento?
“Al liceo era militante del Fronte della Gioventù. Un cambiamento, dopo l’adolescenza, è abbastanza consueto, e comunque la destra sociale per certi aspetti ha, sul sociale, un approccio abbastanza affine con quello della sinistra. Almeno così era a quei tempi. Il mio Vangelo è il Vangelo della povera gente, che per forza di cose ha un orientamento progressista, per una società con più uguaglianza”.
A questo proposito, secondo lei, a Rimini è meglio la politica di oggi o era meglio quella di qualche anno fa?
“Secondo me quella di adesso per un motivo fondamentale: abbiamo immesso nel sistema il virus della novità. La cosa che mi ha colpito quando sono tornato in politica alla fine degli anni ’90 è che le persone che avevo lasciato erano rimaste invariate. Ora nella politica di questa provincia vi sono tante facce nuove, e ciò consente almeno di confrontarsi con altri pensieri”.
Che cosa il Pd ha da offrire, in più?
“A livello locale è facile dare una risposta: questo territorio, nel bene e nel male, l’abbiamo creato noi, e solo noi siamo in grado di portarlo avanti. A livello più ampio, la differenza è che il Pd ha una tensione verso una società più giusta”.
Veniamo alla sua candidatura per la presidenza della Provincia di Rimini: come è nata l’idea?
“Direi che è stato il completamento naturale di un percorso. Io penso che sia finita la cosiddetta epoca della società civile, e che questo sia un bene. La politica è qualcosa che va fatto con scientificità e ha delle regole, se vuole risolvere i problemi delle persone che sono sempre più complessi. Da questo punto di vista la politica è un mestiere. Credo che in questa fase serva la professionalità della politica. Perciò i miei anni di esperienza nella pubblica amministrazione fanno sì che questa candidatura sia molto adatta per me”.
Giudizio sulla bagarre per le primarie?
“Alla fine è andata molto meglio rispetto al centro-destra: noi comunque abbiamo ricompreso la scelta nei tempi che ci eravamo dati. Sono dispiaciuto per due cose: in primo luogo quelli che sono entrati a giocare la partita, sono entrati a giocarla con le regole che sapevano esserci, non sono state cambiate in corsa, giuste o sbagliate che fossero. E avere messo anche minimamente in discussione la validità di quello strumento ci ha danneggiato tutti. Questo dispiace”.
E’ sicuro di poter contare sull’appoggio, sincero, di tutti?
“Sono sicurissimo di poter contare sull’appoggio sincero di quasi il cento per cento del partito. Poi se qualcuno vuol tirarsi fuori? Ma questo credo sia un dibattito più nazionale che locale. Dobbiamo essere davvero tutti convinti, come io lo sono, che l’unica alternativa a noi stessi siamo noi. Anche, però, che è finito il tempo dei personalismi. In politica è legittimo cambiare, ma non più aspettare il cadavere al bordo del fiume. Questo non lo accetto più”.
Il presidente uscente, Nando Fabbri, adottò, come una delle sue campagne qualificanti, al tutela dell’ambiente con lo stop alle costruzioni: la ritiene una strada percorribile?
“Il presidente Fabbri ha detto che le previsioni urbanistiche di questo territorio non possono essere superate, e il Piano territoriale di coordinamento della provincia dice le stesse cose facendo comunque aperture diverse: certe parti del territorio non possono essere occupate ma a parità di metri quadri. Alcune zone del nostro territorio provinciale dovranno essere utilizzate, dal punto di vista urbanistico come verde, ad esempio per il turismo, ma dove ciò accadrà, i Comuni dovranno essere aiutati dal punto di vista economico per questo ‘sacrificio’. Questo è il tempo dell’ordine: ora noi abbiamo la possibilità di dare davvero un ordine a tutto quello che è capitato in questi anni a questo territorio.
Questa è l’epoca della ‘rivoluzione verde’: dobbiamo creare una fotografia del territorio e dare una organicità al territorio, sapendo bene che più di questo noi non possiamo permetterci, sapendo che i Comuni hanno delle difficoltà. Il problema sarà quello di mettere insieme queste due anime, ma senza andare ad utilizzare più territorio”.
Quale pensa possa essere il volano per la ripresa economica riminese?
“Credo che la ripresa economica riminese non possa assolutamente passare dal mattone. Troppo banale. Abbiamo una capacità di stare sul mercato, come territorio, impressionante. Leggeremo la realtà e vedremo cosa fare. L’equazione secondo la quale se cade il mattone cade l’economia riminese, è un problema per tutti. Ma non va bene neppure l’equazione secondo cui il mattone è sempre e comunque il ‘diavolo'”.
(F. P.)