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Natale con i poveri di Nairobi

Redazione di Redazione
20 Febbraio 2009
in L'altra pagina
Tempo di lettura : 4 minuti necessari
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– Prendete 12 famiglie della provincia di Rimini seriamente motivate a fare un’esperienza di condivisione con i bambini di strada africani e fatele incontrare più volte, nel periodo precedente alla partenza, per confrontarsi tra di loro e con l’associazione Amani che sostiene i progetti a Nairobi; unite successivamente una buona dose di entusiasmo, un pizzico di coraggio, una notevole quantità di competenza e professionalità da parte della White Gazelle, agenzia di turismo responsabile della Comunità di Koinonia; mescolate il tutto amalgamando? delicatamente la voglia di stare insieme degli adolescenti, la semplicità dei bambini e il desiderio di mettersi in discussione degli adulti. Cuocete per circa 15 giorni durante le feste di Natale ad una temperatura di 30/35 gradi e… l’inedito dolce “Natale a Nairobi” è pronto!
Una delle motivazioni per cui abbiamo deciso di fare parte degli ingredienti di questo strano dolce natalizio è stata quella di conoscere, vedere, toccare con mano quello che già sapevamo della povertà, della miseria generata dall’ingiustizia nel continente Africano.
Per farlo siamo stati ospiti di Koinonia (comunione) una comunità di persone del Kenya fondata dal padre comboniano Kizito Sesana che opera da anni a Nairobi per il recupero dei bambini di strada provenienti dagli slum.
Nairobi, la più grande città dell’Africa orientale e la quarta più grande dell’intero continente africano, con una popolazione stimata di 4,5 milioni, è una delle città africane più importanti dal punto di vista politico, culturale ed economico. Purtroppo un altro primato che annovera questa città è l’alto numero di baraccopoli dove vivono in condizioni disumane oltre 2 milioni di persone stipate in baracche di lamiera e fango, una addossata all’altra, in strade di terra prive di servizi essenziali (acqua, luce, fogne). Proprio a poche centinaia di metri dal Central Business District, quartiere dove si svolgono, all’interno di alti palazzi di vetro e acciaio, le principali attività amministrative e commerciali del Centr’Africa, si trova Kibera, il più grande slum di Nairobi: popolazione stimata circa 1 milione. Ogni giorno arrivano centinaia di persone dalle campagne attirate dal miraggio che “uno su mille ce la fa” con la speranza di una vita migliore.
Invece si trovano a vivere in quello che può sembrare un girone infernale. Questa condizione di vita porta molti a rifugiarsi nell’alcool, nell’uso di droghe (colla e cherosene) per sfuggire al morso della fame e ad altre sofferenze. I bambini che vivono in strada, fuggiti da quel niente di famiglia sgangherata che hanno, o rimasti orfani perché l’Aids strappa loro le madri, sono tantissimi. Circa 80 mila in tutta Nairobi.
Il fulcro della nostra esperienza è qui, la baraccopoli di Kibera, dove, accompagnati e scortati dai ragazzi che grazie all’aiuto di padre Kizito e della comunità ce l’hanno fatta, abbiamo potuto vedere, sentire, toccare, in una breve “visita” tra le baracche, la vita di queste persone. Abbiamo incontrato i loro sguardi, e grazie ai sorrisi dei bambini intenti a giocare tra cumuli di rifiuti e fogne a cielo aperto abbiamo letto nei loro occhi la presenza di Dio. Dio che si fa speranza ? speranza di giustizia.
Nasce qui il senso di quello fa la comunità di Koinonia. Dare ai bambini di strada una possibilità. Un’alternativa all’autodistruzione. Due primi centri di accoglienza nei pressi degli slum accolgono circa 50 bambini ogni anno. Lì sperimentano l’amore che ricevono dagli operatori e imparano dapprima a volersi bene, a curare il proprio corpo, a vivere in gruppo e poi piano piano si preparano al passo successivo. Infatti dopo un anno trascorso nei centri i ragazzi che accettano di continuare si trasferiscono in una delle quattro strutture della comunità dove trovano famiglie disposte ad accoglierli e a seguirli come dei figli e operatori e volontari pronti a costruire con loro progetti per il loro futuro.
Questi centri dai nomi più strani, Kivuli, Ndugu Mdogo (piccolo fratello), Anita’s Home e Tone La Maji (goccia d’acqua), sono diventati, durante il periodo natalizio, le nostre case. I ragazzi accolti i compagni di gioco dei nostri figli. Con loro abbiamo disegnato, passeggiato, chiacchierato, giocato? percorso un piccolo pezzo di vita insieme. Ci hanno accolto, restituendo un po’ dell’amore che hanno ricevuto dalla comunità, con semplicità. Con dignità. La nostra presenza per loro era il nostro regalo di Natale.
– Non dimenticateci! – Questa è la frase che ha detto Ronny (un ragazzo patito per il calcio che si fa chiamare “Ringhio”) quando siamo partiti da Tone La Maji. Questo è uno degli impegni che abbiamo preso: non dimenticare quei ragazzi, il loro sguardo, la loro stretta di mano, il loro saluto “pugno-pugno”, la loro voglia di vivere.
Che cosa è cambiato dentro di noi ora che abbiamo gustato questo “dolce” così prezioso e delicato? Davanti a noi ci sono volti precisi di adulti africani desiderosi di vivere pienamente la loro vita mettendola a servizio del bene del proprio paese: Michael, che con estrema competenza guida la Comunità di Koinonia ed insieme ad Ester segue i progetti educativi nelle varie case di accoglienza; Jack, un ex bambino di strada che oggi ha 28 anni e con? una sorprendente carica di energia trascorre le sue giornate e le sue notti con i bambini di strada andandoli a cercare di notte negli angoli più bui della città, dormendo con loro sui cartoni per guadagnare la loro fiducia;
Manuel che nonostante la sua pesante storia personale a 17 anni sogna di fare il giornalista per raccontare al mondo ciò che accade di notte nelle strade di Nairobi; “little” John, un bimbetto con gli occhi colmi di tristezza che lasciano presagire quanta violenza abbia dovuto subire nei suoi brevi 8 anni di vita.?
Ci siamo chiesti più volte, e ancora lo stiamo facendo, il senso di questo viaggio e soprattutto cosa fare dopo che “abbiamo visto”. Lo abbiamo chiesto anche a padre Paolo, missionario italiano che abbiamo incontrato nella sua chiesa dentro lo slum di Korogocho. – Tornate in Italia e fate in modo che non succeda da voi tutto questo –. Tradotto: lavorate per costruire un mondo più giusto partendo dal luogo dove vivete la vostra quotidianità.?
Un ringraziamento a quanti (amici, enti, aziende, banche, ecc.) con aiuti economici o materiali hanno contribuito al sostegno di questa comunità.
Ora che abbiamo perfezionato la ricetta speriamo che altri desiderino assaggiare questo invitante dolce. La comunità di Koinonia è sempre aperta all’accoglienza.

Potete già iniziare a prepararvi visitando il sito di Amani www.amaniforafrica.org, quello della comunità di Koinonia www.koinoniakenya.org e il blog www.nataleanairobi.org

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