– Al dottor Domenico (Nico) Arangio. Il mio paese ha un cuore antico e il vestito ancora nuovo. Guarda da torri saracene il passaggio dei tonni e le mattanze, e brinda con forte vino al rosso figlio del sole che nasce dal ventre delle serre. Il mio paese ha un dolce nome: Pachino. La sua pelle odora di mosto e di fichi e la sua voce è una nenia di vento che canta le leggende dei due mari. Vanno i battelli mattutini verso gli orizzonti d’Africa, vanno e si portano le mie malinconie.
Dove abita il vento? A Pachino. Qui Eolo ha casa e bottega. Vitaliano Brancati: “Pachino intorno al ‘900 non era un grosso paese, e tuttavia era pieno di fracasso. Questo vento spazza continuamente il paese e fa brillare i ciottoli come diamanti. Quel vento è legato, in modo molto intimo, alla mia infanzia”.
Posto sull’estrema punta meridionale della Sicilia, cullato a nord-est dallo Jonio e a sud dal Mediterraneo, Pachino fa da banderuola a tutti i venti che salgono o che scendono, a quelli che nascono e quelli che qui muoiono, dispersi fra i famosi vigneti e la sabbia.
Se dunque qualcuno vi chiede: “dove nasce il vento?”, rispondete tranquillamente: “a Pachino”. Se qualcuno vi chiede: “dove è nato Domenico Arangio?”, voi rispondete: “a Pachino”.
Domenico Arangio è il vento. Su queste terre comincia l’Italia, la Sicilia è la nostra madre. Qui nasce la nostra cultura. Qui è nato Domenico Arangio. Da Marzamemi (Marsa-al-haman che significa “rada delle tortore”), partivano le navi cariche di mosto per Genova. Il dottor Arangio amava la tragedia, amava la vita, il teatro di Siracusa, il gioiello di Palazzolo Acreide. La fisicità del dottore era pari alla sua irruenza, alla sua intelligenza.
Ha diviso il pane con tutti, ed anche la caccia. Cum-panis, companatico, compagno hanno la stessa matrice, la stessa radice. Il dottore per noi. Gli anni ’60. La televisione, le Olimpiadi di Roma, il diogreco. Il paese che lo seguiva. Il calcio, la squadra, il medico di una grande vittoria.
Il dottore e il mare, la R4 rossa, il raid Coriano-Rimini-Pachino. Questi ricordi, questi flash nella mente e nel cuore dei corianesi. Tre pensieri che mi suggerisce Domenico, per gli amici Nico:
1) La verità è che la vita di chiunque è disegnata in misura prevalente dagli altri e che a noi tocca recitare come attori nella tragedia; ma la vita è bellissima.
2) Non mi compatite. Oggi sono fuori dallo scafandro della sofferenza. Puro Spirito e parte del vostro Spirito. Io sono un ricordo. Conservatelo e col tempo diventerà un po’ infedele, in melius.
3) Ho partecipato a molti funerali. Nella penombra di quelle chiese ho pianto, sono stato oppresso da pensieri pesanti, oppure ho guardato mosaici ed affreschi con assoluta indifferenza.
Ma in ogni caso uscire da quei luoghi mi ha sempre procurato una gioia profonda. Ritrovare il sole, seppure pallido, sentire il soffio fresco della vita, mi ha riempito ogni volta di euforia.
Poi sono andato al bar più vicino ed ho ordinato un caffè. Questa volta fatelo voi per me. Già mi sembra di sentire la fragranza che si leva dalle tazzine. E sinceramente me ne rallegro.
Caro Domenico, ti sia lieve l’eternità.
Enrico Santini