INCONTRO CON L’AUTORE
di Georgia Galanti
“La vita è uno stato mentale”, uno dei suoi ultimi libri, per Bompiani. «È per tutti, illumina realtà semplici, fondamentali, per parare i colpi del mondo e addomesticare la vita». È’ il suo 14° titolo
– L’appuntamento con il prof. Gianluca Magi è nel suo studio, dove mi offre subito una tazza di tè rosso taiwanese. È serio, e sempre divertito, è complesso, e semplice: esiste davvero (mentre, sul web, si favoleggia che lui non sia reale, visto che di solito si nega dal presenziare interviste o televisione), ti guarda e ti racconta tutto con una naturalezza estrema. Dietro di lui sul monitor peregrinano dipinti di Magritte e tutt’attorno libri, libri e libri, che par di trovarsi nella biblioteca di Babele sognata da Borges. Non a caso, parliamo de La vita è uno stato mentale, uno dei suoi ultimi libri, per Bompiani.
«È un libro per tutti», sorride, «illumina realtà semplici, fondamentali, per parare i colpi del mondo e addomesticare la vita». È il suo quattordicesimo libro, che era stato trepidamente atteso da chi lo segue da sempre, affezionato al suo modo di ‘tradurre, commentare, esporre i principi delle filosofie orientali’ sia in Italia che all’estero dove, nell’arco di un anno, è stato un susseguirsi di traduzioni in spagnolo, tedesco e, nell’aria, francese, croato.
Con l’ultimo, fresco di stampa, in lingua portoghese – Os 36 Estratagemas Chineses (A Esfera dos Livros) – sono 33 i Paesi nel mondo dove si leggono i suoi libri.
«Sì, stanno andando forte. Hanno avuto un’incredibile accoglienza anche da parte dei lettori stranieri. Che razza di strana fortuna!», sorride, «Anche se Battiato mi dice: Virtuti fortuna comes (“La fortuna è compagna di virtù”, ndr). Ma lui è sempre gentile con me. È un amico. Come italiano mi onora che talvolta all’estero si accorgano delle nostre produzioni culturali e che queste non rimangano confinate nel nostro bello, ma sempre più stretto, Stivalone, nel quale i momenti in cui ci si sente fieri di essere italiani diventano sempre più rari».
Come vi siete incontrati tu e Battiato?
«L’incontro è stato piuttosto insolito: diversi anni fa, in occasione di una mostra organizzata dalla Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa di Rimini, di cui sono il direttore scientifico. Lui non mi conosceva e io sono andato a prelevarlo all’aeroporto, travestito d’autista per condurlo in hotel. Vuoi il sesto senso di Franco o vuoi il mio stile di guida larvale, in men che non si dica ha compreso che non ero un conducente di professione ma l’organizzatore dell’evento.
Ed è stato il sésamo apriti: la nostra conoscenza sembrava a quel punto avere origini remote. Partì col narrarmi del sogno curioso che lo aveva accompagnato durante la notte precedente e di lì, a ventaglio, si sono spalancati gli ambiti del sapere a noi più cari: dall’esoterismo delle dottrine orientali alle barzellette spirituali di Mullah Nasruddin. Franco ha un’allegria contagiosa! Da quel giorno sono nate varie collaborazioni assieme: libresche, televisive, cinematografiche».
In una di queste collaborazioni c’è anche lo psicomago cileno Alejandro Jodorowsky, che ha scritto la presentazione del suo libro La Via dell’Umorismo (Il Punto d’Incontro), a proposito delle burle spirituali di Mullah Nasruddin.
«Sì, Nasruddin (il leggendario maestro bizzarro tenuto nella più alta considerazione negli ambienti sufi, ndr) ci lega un po’ tutti e tre. E Jodorowsky, come Nasruddin o Gurdjieff, è un vecchio maestro che sa prendere la vita con leggerezza di un angelo con artigli. Poche settimane fa, sono tornato da Parigi dalla sua festa di matrimonio: considerato che Alejandro ha ottantun anni non si può dire che sia a corto di una prospettiva propositiva ad ampio respiro! Non è stato certo il consueto ricevimento nuziale. Lo dico con cognizione di causa: non amo i matrimoni; non sono andato neppure al mio.
Ma in questo pareva di trovarci nel clima magico-surrealista dei suoi film visionari: popolato da nani in frac, mariachi sgusciati dal nulla nel centro di Parigi, baldi musicisti ukraini dai violini indiavolati, mimi dalle movenze imperscrutabili, maghi come guizzati fuori dagli Arcani dei Tarocchi, illusionisti dalla mezza tuba corvina e fantastici piatti giapponesi buddhisti Shojin Ryori, eccellenti, per chi, come me, è vegetariano. Che magica babilonia di mondi!
Anni fa, Battiato nel suo film “Niente è come sembra” desiderò farmi incontrare Jodorowsky in una delle scene finali, dove Alejandro mi legge i Tarocchi. Alcune ore prima delle riprese è sbocciata la confidenza, sulle frequenze della filosofia ermetica sulle quali entrambi vibriamo sintonizzati. All’improvviso, mentre parlavamo delle affinità tra il processo alchemico e il percorso realizzativo all’interno dell’uomo, Alejandro ha preso a scarmigliarmi per capire se avessi i capelli tinti: credeva che io fossi un anziano camuffato da giovane. Da allora, quando ci sentiamo comincia: ¿Cómo estás mi joven sabio amigo? Ma la sua è smaccata magnanimità, perché io non sono né saggio né giovane. E i capelli bianchi ci sono eccome!».
Magi continua poi a descrivere i due amici con spirito fanciullo, immuni dal tempo che incatena: non si danno peso. Per questo sanno volare.
Per darmi un’idea di chi sia e di cosa faccia, Gianluca Magi sceglie l’apologo del suo ingresso nel mondo: «Un pugno di decenni fa, in una giornata per me oceanica, all’improvviso da essere acquatico mi ritrovai a respirare uno strano composto di ossigeno, azoto e pulviscolo atmosferico.
Eppure, nonostante la mia nascita, se è vero che nulla si crea e nulla si distrugge nell’universo, il globo terracqueo non mutò di mezzo grammo il suo peso complessivo, continuando imperturbato il suo giro di giostra».
Occorre partire da questa umile consapevolezza. Serena ed enorme.
Battiato e Jodorowsky sarebbero un’ennesima volta d’accordo con il loro amico.