LA TERRA
– C’è “L’uomo che piantava gli alberi” di Jean Giono che trasforma una zona brulla del sud della Francia in uno dei luoghi più belli del mondo. E’ la trama del commovente libro dello scrittore italo-francese. A Misano Monte, c’è una signora che pianta rose antiche che potrebbero degnarsi di un romanzo: bellissime, profumate, eleganti. Solo che non resistono più di un paio di giorni alla forza del tempo. Come momenti preziosi, tutto svanisce troppo presto.
La signora si chiama Maria Grazia Marcolini, è sposata con Atanasio (un signore dal nome antico, è un caso?, che commercializza strumenti musicali) ed ha una figlia, Lara. Ha creato il suo paradiso in quattro mila metri quadrati di terra dalla bellezza mozzafiato, con in un angolo una casa colonica ristrutturata non meno bella quanto antica. La posizione è sontuosa; al centro di un imbuto con vista mare ed una larga fetta della Valconca. Da metà pomeriggio, ci si può divertire con il gioco dell’eco. Dopo averle fatte girovagare, la natura è capace di restituirti anche due parole: nome e cognome, ad esempio.
Ognuna delle 150 varietà di rose, ha una storia, un racconto, una piccola avventura. I luoghi deputati per trovarle sono i cimiteri, i ruderi, vecchie case di campagna, chiesoline abbandonate. E poi, fiere e commercianti. Un giorno una sua amica, Olga, deve andare al cimitero di Mercatale per i defunti. Il luogo ha centinaia d’anni ed è ben tenuto. Maria Grazia raccoglie i getti delle rose e le riproduce per talea.
Un’altra volta, ricorda il marito Atanasio, rischia di “ammazzarsi”. Scorge vicino ad un ammasso di vecchi sassi nei dintorni di Santarcangelo quei rami con le spine: si lancia.
E sempre sulle colline di Santarcangelo, 4-5 anni fa, ha trovato la rosa verde: bruttina ma ambita dai collezionisti. Ricorda: “Raccolgo diversi getti, ma solo quando inizia a fiorire mi accorgo che è verde”.
Il mese in cui visitare il parco è maggio naturalmente; i quattromila metri quadrati sono abbracciati da 5-6 mila rose in una vampata di colori e profumi.
Quarti di nobiltà in famiglia (la nonna era una Petrangolini), professione insegnante, la signora Marcolini oltre a coltivarle, le studia, le cataloga, le riproduce, le sue rose antiche, senza disdegnare le moderne, che rifioriscono, resistono giorni, ma sono senza profumo. Ogni anno, per talea (prendere la potatura, interrarla nei vasi, innaffiarla) riproduce circa 200 piante, pronte per gli amici. Ma il suo parco delle rose è anche altro: piante, essenze, alberi da frutta, cespugli, della tradizione. Tutte le pianticelle che nascono casualmente vengono trapiantate dalla terra ai vasi per essere successivamente regalate e trovare altri appassionati.
Di quella bella casa colonica “trovata” otto anni fa, dice: “Non appena io e mio marito la vedemmo, fu colpo di fulmine. Dopo due secondi l’avevamo già comprata”. Risale ad alcune centinaia di anni fa ed è stata tirata su in almeno tre fasi. La parte più antica ha i muri in mattoni che sono dei contrafforti. Perfettamente inserita nell’ambiente, potrebbe essere il modello per un manuale di architettura: sottovento, esposta a sud, con nei presi un ruscello dove attingere l’acqua. Si trova sulla vecchia strada che un tempo collegava Misano Monte a San Clemente, a circa cento metri dalla Provinciale attuale.
La passione per le rose le appartiene da sempre; è una pianta fatidica nella sua vita. A 14 anni, partecipa ad una selezione per voci nuove a Sassocorvaro e canta “Rose rosse per te”; presenta Pippo Baudo. Con le adorate piante dialoga la signora Marcolini: “Le rose sono come gli uomini: permalose, generose, gelose. Amano e detestano le persone che si avvicinano. Mio marito ne ha preso una sotto l’auto; da allora, per l’affronto, non ne ha più voluto sapere di fiorire”.