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Home Cultura

Che senso hanno i Dieci Comandamenti nell’era di internet e dei centri commerciali?

Redazione di Redazione
28 Settembre 2012
in Cultura, Focus, Misano
Tempo di lettura : 5 minuti necessari
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di Matteo Bianchi

Non è facile scrivere dei comandamenti, poiché risulta complesso separare l’etica dalla metafisica. Del resto parlare di comandamenti significa in primis dell’uomo, che è insieme homo ethicus homo metaphisicus. L’uomo non vive mai senza sacro e non vive mai senza Dio: questa è una delle verità antropologiche che emergono chiaramente dalla lettura dei fenomeni storico-sociali. Allora il modo più interessante di trattarne è ponendo alcune domande, insidiando il dubbio, come Giobbe davanti a Dio. Queste domande possono diventare spunto di riflessione per ulteriori interrogativi. Del resto è innegabile che pretendere di avere verità assolute su tali questioni sarebbe peccare di presunzione…

Il significato profondo della rassegna dal titolo “I Comandamenti: parola di Dio o parola dell’uomo?”, ideata dall’istrionico direttore della Biblioteca Comunale di Misano Adriatico Gustavo Cecchini, è quello di risvegliare il significato autentico delle “parole” del Decalogo, che prim’ancora dell’abitudine a ripeterle, la tradizione – sia religiosa che laica – ha coperto con significati convenzionali, allontanando da esse tutto quanto è doppio, ambiguo ed inquietante, e perciò stesso difficile a cogliere. Ma su quelle parole è necessario sempre tornare a meditare, a “ruminare” come ha scritto Friedrich Nietzsche nella sua Genealogia della morale, se vogliamo aver cura del presente – del nostro presente – che da quel lontano passato ha cominciato ad essere.

I Dieci Comandamenti divini, scritti sulle tavole della Legge che Mosè ha consegnato al suo popolo, hanno influenzato la storia dell’umanità al punto da costituire, almeno in Occidente, una sorta di linea di demarcazione fra civiltà e barbarie. Sono da considerare il pilastro di una società che si vuole “credere” civile. Oggi però, a distanza di molti secoli dal loro annuncio e dopo i radicali mutamenti intervenuti nel modo di vivere e nei costumi sociali, è lecito chiedersi se costituiscano ancora la guida morale che, con i suoi divieti, ha fissato le norme di comportamento di tante generazioni. Anche perché è innegabile che, soprattutto agli occhi del mondo laico, alcuni di questi comandamenti hanno perduto il loro valore vincolante ed appaiono decisamente superati e bisognosi di una ridefinizione.

Che senso hanno i Dieci Comandamenti nell’era di internet e dei centri commerciali? Che cos’è un comandamento? Che cosa rappresenta la tavola dei Dieci Comandamenti? Ed ancora: che cosa significa oggi confrontarsi con un sistema di norme, regole ed orientamenti così definiti? Ebbene, la premessa prima e più importante per parlare di un comandamento è cercare di definirne il senso che può avere in un contesto relativista e nichilista come quello che caratterizza la cultura contemporanea e nel quale anche un termine come comandamento ha modificato ed indebolito, se non addirittura perduto, il suo senso tradizionale.

L'edizione 2012 si svogerà dal 5 ottobre al 30 novembre. Da sinistra Livia Signorini (assessore alla Cultura), Salvatore Natoli (filosofo) e Gustavo Cecchini (direttore della biblioteca).

Nonostante ciò, quello che si deve considerare non è tanto la validità di questo o di quel comandamento bensì l’idea che vivere in una civiltà implica l’accettazione di un insieme di norme che regolino in qualche modo la vita sociale. Come giustamente ha fatto notare il filosofo spagnolo Fernando Savater, i comandamenti sono necessari perché rappresentano un elenco di frustrazioni necessarie dei desideri degli esseri umani. Nessuna delle leggi di Dio è arbitraria, dato che vi si trovano concetti morali universali; proprio per questo motivo i Dieci Comandamenti non sono da considerare invecchiati ma devono essere nuovamente contestualizzati. Attualizzare i comandamenti diventa un compito decisivo ed urgente in tempi nei quali l’offensiva sferrata dal fondamentalismo impone all’Europa di ripensare a fondo la propria identità etica, oltre che politica. Riferirsi nuovamente al Decalogo potrebbe essere essenziale proprio per il risanamento della ragione, per un nuovo rilancio della recta ratio.

La prima domanda che viene alla mente parlando del Decalogo è sicuramente la seguente: chi è il Dio del monoteismo biblico? Sicuramente non è un Dio “proprietà” dei soli credenti. Non certo l’Essere assoluto, estraneo al tempo e alla storia dell’uomo, di cui si parla o per negarlo oppure per credervi. Il Dio dei dieci comandamenti, come la sua figura viene delineata nei testi biblici di Esodoe di Deuteronomio, è un Dio drammatico, che fa spazio all’alterità ed al rischio nella sua stessa Unità e che è in costante relazione con l’uomo. È il Dio che irrompe nella storia con uno sguardo d’amore e si fa sorgente di libertà e giustizia. È proprio questo Dio che ricorda all’uomo quanto fatale sarebbe la mancanza di autorità, di restrizioni al capriccio ed alla forza.

Ma al primo interrogativo riguardante l’identità di Dio ne segue subito un altro ancora più drammatico: se i dieci comandamenti sono fondati sull’autorità di Dio, che senso hanno in una società secolare? Con tale questione ci si domanda se la morale dei comandamenti sia una morale della fede o di proprietà della ragione. Una risposta autorevole è stata offerta dall’enciclica Veritatis splendor 1993, che sottolinea la dimensione umanista dei dieci comandamenti: “I diversi comandamenti del Decalogo non sono in effetti che la riflessione dell’unico comandamento riguardante il bene della persona”. L’obiettivo di fondo dei comandamenti è la difesa della persona, così, pur essendo rivelati, contengono una massima fondamentale della legge naturale, ossia ama il prossimo tuo. È proprio questo il principio morale universale su cui si basa il Decalogo, un principio che recupera il motto religioso: “Non fare agli altri ciò che non vuoi che altri facciano a te”; ed il principio filosofico formulato da Immanuel Kant: “Agisci in modo da trattare l’umanità, nella tua come nell’altrui persona, sempre come un fine, mai come semplice mezzo”.

La legge divina è legge naturale; infatti fin dalle origini Dio ha radicato nel cuore degli uomini i precetti di tale legge, per poi limitarsi a richiamarli alla loro mente nel momento in cui codificò, insieme a Mosè – simbolo dell’umanità -, il Decalogo. L’incontro di Mosè con Dio fu travagliato non solo perché un uomo mortale si trovava al cospetto di una divinità immortale ma soprattutto perché Mosè dovette lottare con se stesso, con la propria memoria, per riportare alla mente dopo anni di schiavitù i precetti che sarebbero stati incisi sulle tavole della Legge. Così, il Decalogo esprime esigenze che sono conformi ed accessibili alla ragione umana, anzi si può affermare che i dieci comandamenti non sono altro che la luce dell’intelligenza, che Dio ha donato all’uomo durante la creazione.

Così al lato puramente normativo deve affiancarsi quello fondamentale della relazione, cosicché, come aveva già affermato il filosofo ebreo lituano Emmanuel Levinas, nel volto dell’Altro si deve trovare il volto di Dio che deve indurre ad una eticità della responsabilità nei confronti del prossimo. I dieci comandamenti devono essere compresi come il fondamento storico e religioso che l’uomo è libero e deve essere solidale nei confronti dell’alterità. Ma ecco che si staglia nel cuore del credente e del non credente un’altra drammatica domanda a cui sembra davvero difficile dare una risposta: come è possibile amare il prossimo come noi stessi se, nell’attuale società del virtuale, non sappiamo amarci noi per primi?

Matteo Bianchi

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il cartellone degli appuntamenti

Gli incontri si terranno presso il Cinema Teatro Astra di Misano Adriatico in via D’Annunzio 20, con inizio alle ore 21. Ingresso libero fino ad esaurimento posti. Info: tel. e fax 0541.618424 – E-mail: biblioteca@comune.misano-adriatico.rn.it

5 ottobre – Salvatore Natoli: “I Comandamenti”

12 ottobre – Vito Mancuso: “ Io sono il Signore Dio Tuo”.

19 ottobre – Massimo Donà: “Ricordati di santificare le feste”.

26 ottobre – Roberto Escobar: “Non uccidere”.

2 novembre – Carlo Sini e Pierluigi Celli: “Non rubare”.

9 novembre – Vincenzo Vitiello: “Non dire falsa testimonianza”.

15 novembre – Andrea Tagliapietrae Marco Guzzi: “Non rubare la roba d’altri” e “Non rubare la donna d’altri”.

23 novembre – Arnaldo Colasanti: “Onora il padre e la madre”.

30 novembre – Umberto Curi e Khaled Fouad Allam: “Come ripensare i comandamenti al giorno d’oggi”.

 

Tags: comandamenticristianileggereligione
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