Piuttosto che “numeri chiusi”- ha detto Giugici – occorre costruire un rapporto virtuoso tra pubblico e privato, che favorisca la sperimentazione all’interno delle imprese locali, attraverso “progetti pilota” , nei settori chiave della nostra economia, dello sviluppo tecnologico e dell’ innovazione, di modo che con la promozione pubblica si sostenga attivamente lo sviluppo del territorio in forma sussidiaria e circolare, secondo lo schema seguente: gli Enti pubblici siano promotori di innovazione con l’erogazione di risorse. L’ Università sia garante del supporto scientifico e della qualità dei progetti. Infine le aziende beneficiarie compartecipano alla redazione e ai costi di progetto.
Un progetto pilota potrebbe essere quello dei “Dottorati in Azienda” in cui le aziende con contributi pubblici a progetto, assumono un ricercatore, che lavora in esse per parte del tempo, il resto in Università a fare ricerca avanzata; Il dottorato viene pagato per metà dall’azienda e l’altra metà dall’ente pubblico, che decide di finanziare i programmi per favorire l’innovazione tecnologica e la ricerca nelle imprese del proprio territorio. Infine, il controllo di qualità e la ricerca sono svolti in convenzione con l’Università.
Un modo non assistenzialista, che può contrastare il “trend migratorio” dei nostri giovani laureati ed anzi attirare “cervelli” da fuori, in un ciclo virtuoso che, come succede all’estero, nel tempo, può portare significativi benefici alla nostra comunità e alla sua economia.