E’ finita nel peggiore dei modi per la storica struttura al porto di Rimini. Con un’imponente operazione di polizia giudiziaria, che ha visto impegnati una trentina di agenti del Corpo Forestale dello Stato a seguito di proprie indagini, si è provveduto al sequestro preventivo degli animali, 4 delfini, Alfa con i suoi tre figli. Azione eseguita su disposizione dalla magistratura riminese. Il reato accertato è pesante: maltrattamenti. Per il Delfinario di Rimini è la chiusura e reato penale per la proprietà e il veterinario della struttura. Ci sono volute dodici ore di lavoro, dalle sette di questa mattina alle sette di sera, per caricare i quattro mammiferi su un camion che da Rimini li porterà all’Aquario di Genova. Mentre scriviamo sono ancora in viaggio, è probabile che arrivino a destinazione nel cuore della notte. Secondo i veterinari erano nelle condizioni di poter viaggiare. Un sequestro inevitabile, ci dice un esperto del settore ben informato. Insomma, un epilogo diverso non ci poteva essere.
“Amici, giornata da film – scrive Monica Fornari (foto) sulla propria pagina Facebook in qualità di proprietaria della struttura. Mi hanno sequestrato i miei quattro delfini e li stanno portando a Genova. Gli esecutori materiali sono stati gli ispettori Cites, armati ed erano tantissimi, con tantissime macchine e venivano perlopiù da Roma. La cosa più arrogante fra le tante che son riusciti a fare è stata l’impossibilità per me di andarli a salutare per l’ultima volta, son stata considerata persona non idonea. Li hanno messi dentro un camion tir per il pesce congelato, imbottiti di valium. Dal 1° al 4° delfino son passate 2 ore e mezza, e dovranno fare almeno 8-10 ore di viaggio per arrivare a Genova.” La proprietà assicura, tramite il proprio legale Massimiliano Bacillieri, di presentare ricorso ed opporsi a questo provvedimento. Le operazioni si sono svolte in un clima tutto sommato sereno, anche se non sono mancati momenti di tensione e urla di “vergogna, vergogna” da chi considera la chiusura del Delfinario una grave perdita per la città sia sotto il profilo occupazionale, che imprenditoriale. Pesanti anche diversi giudizi verso la classe politica dirigente al governo della città, ‘incapace’ di gestire questa (e altre) situazioni. Tanti i riminesi presenti sulla strada sotto il sole, in una giornata calda. Anche diversi turisti si sono avvicinati, molti stranieri, per chiedere che cosa stesse succedendo. Ma anche tanta, tanta indifferenza e persone infastidite da tutto quel ‘caos’. In molti si sono chiesti dove fosse il sindaco. L’avrebbero voluto sul posto, non certo per dissuadere o interferire nelle operazioni previste per legge, quanto piuttosto per essere presente in un momento così delicato. Una nota stampa arriva nel bel mezzo delle operazioni. “La vicenda è una pagina triste per la nostra città – scrive il sindaco Andrea Gnassi. L’amministrazione comunale seguirà con attenzione l’iter giudiziario del caso e non nascondiamo la preoccupazione per la salute dei quattro delfini, animali fragili e delicati, che già nelle prossime ore saranno sottoposti ad un viaggio lungo e non previsto”. Il sindaco poi passa alla ricostruzione della vicenda. “Sul Delfinario, la cui competenza – è bene ancora una volta ribadirlo – è demaniale e non comunale in questi giorni si è detto tanto. I problemi strutturali hanno ormai radici antiche, che poggiano su stratificazioni, sovrapposizioni, contraddizioni amministrative e normative accumulate in quasi mezzo secolo. Erano gli anni Novanta quando si è cominciato a discutere di un ampliamento, più necessario che auspicato. Problemi che si sono trascinati fino all’entrata in vigore della legge 496 del 2001. Probabilmente se in passato ci si fosse resi conto della situazione, non si sarebbe arrivati a un punto così critico.
Non si può adeguare con la sola buona volontà alle normative più recenti una attività così particolare: occorreva che per tempo, ovvero immediatamente dopo l’entrata in vigore della legge, si individuasse una soluzione tecnica e amministrativa fattibile, concordata tra proprietà, Comune, Regione e Stato, visto che tutte le aree pertinenziali al Delfinario sono di proprietà del Demanio e l’Amministrazione su quelle aree non può materialmente e legalmente nulla. Non sta a questa Amministrazione chiedersi perché non si sia fatto tutto ciò per tempo.” Poi in un certo senso si smarca dalle responsabilità. “Però questa Amministrazione, in carica dal 2011, nonostante l’intrico di competenze e la poca possibilità di manovra, non ha mai mancato di dare l’appoggio alla società che gestisce il Delfinario. Emblematica in questo senso la lettera inviata lo scorso ottobre al Ministero della Salute, nella quale io stesso ho sollecitato il rilascio di una proroga ai concessionari proprio per l’adeguamento della struttura alle normative vigenti. Gli amministratori e i tecnici comunali sono stati nei mesi scorsi e sono tuttora disponibili ad un confronto aperto per valutare insieme le strade che possano consentire al Delfinario di vivere e di rinnovarsi, pur- come detto sopra- nell’ambito di un discorso più articolato che vede coinvolti direttamente e in prima battuta altri enti pubblici competenti, a partire da Stato e la Regione.”
Poi la novità. “A tale riguardo si attendeva con fiducia l’incontro che ho avuto proprio ieri a Roma con il direttore dell’Agenzia del Demanio per l’acquisizione del Lungomare, un tassello fondamentale per la gestione diretta di una parte strategica della nostra cartolina balneare e per la riqualificazione urbana di una parte pregiata della città. Un incontro dal quale è emersa la possibilità concreta e a breve termine (autunno 2013) di potere contare finalmente e formalmente sulla proprietà di un’area strategica di Rimini, consentendo quindi di attuare i progetti di riqualificazione, ampliamento e rinnovamento che gli imprenditori che insistono su quel quadrante urbano, compresi quindi i gestori del Delfinario, vorranno intraprendere”.
Nel corso della giornata di oggi sono emerse anche le sensibilità di chi ragiona né da un un punto di vista imprenditoriale, né turistico o di immagine. Ma semplicemente con l’apprensione di chi gli animali li ama per quello che sono e per come dovrebbero vivere, solo e semplicemente nel proprio habitat naturale. Ci spiega meglio Veronica Corsini. “Il pomeriggio è trascorso tra i preparativi degli addetti ai lavori, i camion, il vittimismo dei gestori del delfinario e i commenti di molte persone preoccupate per il danno economico e d’immagine della città di Rimini. La cosa più triste è stato sentire i numerosi commenti di coloro che si preoccupavano di un simbolo di Rimini che chiudeva i battenti, dell’enorme fonte di reddito preclusa alla città e nessuno che abbia speso una sola parola per i delfini. Di fatto il delfinario di Rimini ha chiuso, ma per i motivi sbagliati. Non è stato chiuso perchè è stata riconosciuta l’ingiustizia nell’aver per anni tenuto prigionieri gli animali, ma per carenze strutturali e maltrattamenti di vario tipo. Ma la privazione della libertà è il maltrattamento per eccellenza, a prescindere dalla specie sulla quale ci si accanisce. Probabilmente in tutta questa vicenda non ha vinto nessuno: non hanno vinto le “norme”, buone solo a proibire alcune modalità di trattamento dei delfini e a sanzionarne altre, senza mai riconoscere che la libertà non dovrebbe essere preclusa a nessuno; non hanno senz’altro vinto i gestori del delfinario, che finalmente dovranno cercarsi un altro mestiere. Ma soprattutto non hanno vinto i delfini, che passeranno da una gabbia a un’altra, da uno sfruttatore a un altro. E mentre la gru caricava le casse con all’interno gli animali sul camion, in mezzo a una folla urlante e concitata, era impossibile non pensare ai tanti altri animali, forse anche più sfortunati di loro, di cui nessuno si preoccupa, che ogni giorno vengono fatti nascere, crescere e infine uccisi unicamente per l’egoismo umano.” Una pagina triste per Rimini quella di oggi, una città sempre più ‘lacrime e sangue’. (D.C.)
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