di MILENA ZICCHETTI
Ci sono chef e chef. Quelli che stanno in cucina e quelli che in cucina ci sono stati e ora danno libero sfogo alle loro capacità imprenditoriali. Giuliano Canzian, classe ’75, è uno di questi ultimi. Ci siamo incontrati in uno dei quattro ristoranti che gestisce assieme alla moglie Enrica e mi sono fatta raccontare gli ingredienti del loro successo, partendo naturalmente dall’inizio.
Lei è di Domodossola, in Piemonte, come è arrivato alla scelta di Rimini?
Bhé in primis Rimini perché, per chi fa questo lavoro, credo sia la città che offre maggiori opportunità a livello nazionale. Ma c’è anche un altro motivo: un amore iniziato da bambino. Sai le classiche vacanze estive con i genitori e i nonni al mare? Io le ho praticamente passate tutte qui in zona e mi porto ancora il ricordo delle luci, le sale giochi, il grattacielo… Per un bambino sono il massimo! E’ partito tutto da mio nonno, che è sempre venuto in vacanza vicino a Cattolica e con lui la famiglia. Aveva un grande amore per Rimini e i sardonicini fritti e comunque appassionato dei sapori e della cucina romagnola. Questa passione per Rimini mi è rimasta da allora, grazie ai bellissimi ricordi che mi porto dietro.
Un nonno appassionato di buona cucina, quindi. La sua passione invece da dove viene?
Tanto per comunciare, nessuno della famiglia ha questo dono. E’ nato forse un po’ per caso, da bambino mi piaceva giocare con le pentole, un po’ per curiosità e poi anche per esigenza. A otto anni infatti ho dovuto iniziare a “cucinare” perché i miei lavoravano. Cucinare forse è una parola grossa, diciamo che ho iniziato a pasticciare un po’. Ho incominciato mettendo a bollire l’acqua per la pasta e scaldare quello che la mamma preparava prima di andare al lavoro, per arrivare poi a dieci anni in grado di fare una salsa di pomodoro o addirittura un ragù. Inoltre, sin da piccolo sono stato sempre molto attratto dai profumi, ho un olfatto particolarmente sviluppato e una grande memoria dei piatti che assaggio. Riesco a capire quali sono gli ingredienti e a ricreare un piatto anche solo col semplice ricordo.
A proposito, che tipo di cucina è la sua?
Principalmente di tipo tradizionale, perché credo che la tradizione sia la strada maestra da cui partire. Poi certo, la tecnica non deve mancare anzi, credo proprio sia una cosa da non tralasciare. I tempi cambiano e le esigenze della clientela, sempre più informata ed esigente, pure. Credo poi che alla base di tutto ci debba essere un grande, grandissimo rispetto per la materia prima e la stagionalità dei prodotti. Per quanto mi riguarda, sulla scelta delle materie prime non si transige e nei miei ristoranti seguo tutto personalmente. Altra mia caratteristica, è poi quella di proporre ai miei clienti piatti che siano il più leggero e digeribile prossibile, perché leggerezza e bontà sono un po’ la regola base del mio modo di vedere la cucina.
Sul fronte lavorativo, grandi soddisfazioni. Nel 2003 il Ristorante Dallo Zio, nel 2007 l’Osteria De Borg, nel 2008 la Trattoria La Marianna e per ultimo nel 2010 Nud e Crud…
Si, grandi soddisfazioni, è vero, ma c’è sempre un peso dall’altra parte della bilancia: un grandissimo impegno e tanto tempo libero sacrificato. I primi anni sono stati davvero molto difficili. Ma il riscontro che abbiamo avuto nel tempo, ci appaga tantissimo. Siamo davvero contenti, soprattutto per il fatto che abbiamo una grossa percentuale di clientela fissa che ritorna perché soddisfatta di come ha mangiato. Da sempre abbiamo infatti voluto puntare soprattutto sui riminesi e comunque sui clienti locali… perché non è importante solo il numero, ma la qualità dei clienti e la fidelizzazione. Forse abbiamo anche giocato d’anticipo nella scelta dei locali e dei luoghi: tutti in funzione del centro storico e non del mare. Inoltre nessun locale è banale, ma anzi, ognuno ha una particolare storia alle spalle, un passato importante.
Mi permetta una osservazione. C’è il detto che “dietro ogni grande uomo, c’è sempre una grande donna”. Sua moglie Enrica è una figura molto importante. Possiamo dire che vale anche per lei questo?
Direi di si. Abbiamo entrambi una grande passione per la cucina e ad un certo punto c’è stato un coinvolgimento molto forte a livello lavorativo. Enrica ha infatti lasciato il suo lavoro in banca per seguire l’attività, soprattutto a livello commerciale e di contatto coi clienti, cosa che devo dire, da buona romagnola, fa molto bene!
Ultimamente sta collaborando con Palato con dimostrazioni istantanee di cucina. Cosa ne pensa di questa nuova formula di show cooking, che sta spopolando soprattutto in tv?
Mah, da una decina di anni a questa parte ormai, gli chef ce li fanno vedere dalle 6,30 del mattino fino a notte. Credo sia diventato tutto molto stucchevole e alcuni, più che fare un programma serio, scimmiottano un pochino la professione, sminuendo il nostro lavoro. Inoltre questo tipo di show ha portato un notevole incremento di iscrizioni alle scuole alberghiere come addetti alla cucina e una conseguente diminuzione di iscritti come addetti alla sala. La mia paura, è che tra qualche anno ci sarà un numero spropositato di cuochi e carenza di personale specializzato di sala. Per forza, i ragazzi ora vedono lo chef come un modello: tutti fighi, ricchi, fanno tv e sicuramente non stanno in cucina 16 ore ad ammazzarsi. Per carità, non voglio generalizzare, ci sono trasmissioni di cucina anche interessanti e poi è bello che sia stato risaltato questo lavoro. Ora infatti lo chef non è più solo padrone della cucina, ma sconosciuto ai clienti. Addirittura adesso è richiesto in sala. Ha iniziato Vissani, il primo chef che ha sdoganato la professione andando in tv e da allora, piano piano, c’è stata una sempre maggiore voglia di comunicare con noi chef e devo dire che questa è una grande soddisfazione!
Ultima domanda, di routine nelle mie interviste: lei, un’isola deserta e…
Oh, in un’isola deserta sarei finito, quindi dobbiamo senza meno trasformarla! Per una traformazione d’effetto… Ci vuole una bella idea, un resort e un milione di clienti.
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