Bruno Piccioni è il principe dei sommlier della provincia di Rimini e tra i maggiori d’Italia. Ha tirato su migliaia di appassionati e tiene lezioni anche all’estero.
Che cosa apprezza di più in un vino?
“Tutte le singole caratteristiche sensoriali: alla vista il bel colore giallo o rosso rubino intenso; all’olfatto tutte le emozioni che riesce a trasmettere con i suoi infiniti aromi; al gusto i tanti sapori e a tavola la capacità, abbinato nel modo ideale, ad esaltare le migliori preparazioni gastronomiche”.
Che cosa è per lei il vino?
“Alla domanda cos’è il vino? le risposte sono illimitate e si potrebbe scrivere un intero libro. Ernest Hemingway, scrittore, avrebbe
risposto: ‘Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo. Il vino è nella vita quello che la musica è nell’arte. La conoscenza dei vini e l’educazione del palato possono essere una fonte di gioia per un’intera vita’. Leonardo da Vinci, scienziato e scrittore: ‘Credo che molta felicità
sia degli uomini che nascono dove ci sono vini buoni’. Federico Fellini, illuminato regista: ‘Il vino è come l’amore, ne puoi parlare per ore, magari raccontando un sacco di sciocchezze: ma è un bel conversare’. Per il sottoscritto è uno stile di vita, fonte di benessere ed alla base di un’attività svolta, con passione, a tempo pieno”.
Qual è il peccato più frequente nei produttori e nei degustatori?
“Nei produttori, probabilmente, la scarsa capacità del confronto. Mentre i degustatori si fanno influenzare, troppo spesso, dalle etichette più blasonate”.
Com’è il livello dei vignaioli nella provincia di Rimini?
“Negli ultimi dieci anni, nella provincia di Rimini, i produttori hanno decisamente virato verso la qualità, in vigneto e in cantina. Hanno imparato a produrre bene e talvolta in maniera eccellente, hanno saputo gestire il territorio, rinnovare i vigneti, abbassare le rese, avviare le selezioni clonali, curare la vite, lavorare con attenzione le uve e affinare nel modo più corretto il vino”.
Siamo lontani dalle regioni leader?
“Lontani probabilmente no, in ogni modo dobbiamo crescere ancora per raggiungere l’immagine enologica acquisita da altre regioni, principalmente nel contesto della comunicazione, poiché piccolo è bello ma in un contesto globalizzato si è sicuramente deboli”.
Perché i nostri ristoranti hanno pochi vini del Riminese nella carta?
“Negli ultimi anni le cose sono cambiate, nelle carte dei vini dei ristoranti locali, sono sempre più presenti i vini del territorio. Qualche
esempio: il Colli di Rimini Rebola è all’altezza dei migliori vini bianchi italiani e anche il Sangiovese non è da meno. Senza dimenticare
vini ottenuti da vitigni internazionali e il Romagna Pagadebit che permettono di fare sempre una ottima figura a qualsiasi ristoratore”.
Quanto deve costare, rapporto qualità prezzo, una buona bottiglia?
“Questo è un tasto dolente. Nel nostro comprensorio il rapporto qualità-prezzo è di assoluto vantaggio per il consumatore. Purtroppo il ricarico nei ristoranti e alberghi è un po’ troppo elevato. In ogni modo una buona bottiglia di vino per il consumo quotidiano si trova anche a 3-5 euro alla bottiglia. Per le occasioni più importanti consiglierei di spendere un po’ di più”.
Qual è il livello della nostra ristorazione?
“Ho fatto tutta la vita il ristoratore e devo ammettere che oggi fare ristorazione è molto complesso, perché sono richieste conoscenze più ampie. Durante l’arco di una giornata lavorativa il ristoratore moderno svolge tante funzioni: commerciale, amministrazione, marketing, gestione delle risorse umane, servizio di sala e cucina ed altro ancora. In ogni modo ogni ristorante locale è una garanzia e certi della sua indiscutibile ospitalità, meriterebbe una sosta e non mancano punte di eccellenza”.
Quanti allievi ha tirato su?
“Una miriade, certamente alcune centinaia di migliaia, infatti, dal 1980 ad oggi, sono relatore, istruttore alla degustazione e commissario
d’esame, ai corsi organizzati dall’A.I.S. (Associazione Italiana Sommelier), in tutte le regioni d’Italia, ed anche all’estero: Monaco di Baviera, Londra, Bruxelles, Dortmund, Hannover. Ed anche docente, quale esperto in enogastronomia, nelle scuole alberghiere delle province di Rimini, Ravenna, Forlì-Cesena, Bologna e saltuariamente in altre, oltre a relazionare nei seminari tematici di enogastronomia”.
Racconti qualcosa dei suoi libri?
“Da una trentina d’anni scrivo principalmente libri di enografia nazionale ed il primo testo didattico è stato: ‘Vini DOC e DOCG’,
Gennaio 1994. Poi sono seguiti: ‘Il Sommelier – Nozioni Generali’, ‘Enografia Nazionale’, ‘Il Vino Italiano’, ‘Il Cibo e il Vino’, editi
dall’Associazione Italiana Sommeliers. Poi ‘A tavola nel Delta del Po’, ‘l’Italia dei vini DOCG’ e ‘Una ricca terra una buona tavola
Terra Nostra’. Ho collaborato a riviste specializzate del settore enogastronomico e sono l’autore del capitolo ‘Vini d’Italia’ nella guida
dei ristoranti italiani in Lussemburgo”.
Qual è l’attestato, il gesto più commovente che ha ricevuto?
“Tra le più grandi soddisfazioni il premio, nel 2002, come primo maestro di comunicazione, dell’Associazione Italiana Sommelier, consistente
in un ramo di alloro in argento, dall’importante significato di gloria, fedeltà e amicizia, che conservo gelosamente tra le mie cose più preziose. Poi un altro premio come primo comunicatore tra i relatori in Lombardia e principalmente i tantissimi attestati di stima che ricevo ancora oggi dai partecipanti ai corsi di Sommelier”.
Può raccontare qualcosa della sua storia umana? Famiglia, educazione…
“Nato a Misano Monte, appena finito la scuola elementare, in pratica ad undici anni (ai miei tempi era così), ho iniziato a lavorare, nel periodo estivo, a Cattolica, come “Lift Boy”, mentre in inverno frequentavo la scuola secondaria di avviamento professionale. Occupato, in seguito, come cameriere di sala e poi, appena finito il periodo militare, nei Vigili del Fuoco, mi sono messo in proprio gestendo il Ristorante ‘El Faro’, a Misano Brasile, poi il Bar ‘da Bruno’, a Riccione e nel frattempo ho intrapreso la professione del Sommelier, inizialmente svolgendo servizio del vino e partecipando alle fiere, poi come relatore” (G.C.)