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Pesaro. A Calcinelli si ricorda De Gasperi

Redazione di Redazione
9 Ottobre 2017
in In primo piano, Pesaro
Tempo di lettura : 3 minuti necessari
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Guido Girelli con Jacques Delors

Guido Girelli con Jacques Delors

Guido Girelli con Jacques Delors
Giorgio Girelli con Jacques Delors

 

A cura del Centro studi sociali De Gasperi lo scorso 8 ottobre a Calcinelli, parrocchia Santa Croce, con Messa solenne celebrata dal vescovo di Fano Armando Trasarti,  in omaggio al cav. Loris Fraticelli (ivi residente), attivo sostenitore e promotore del Centro De Gasperi, recentemente ed improvvisamente scomparso insieme alla consorte Adriana, si è commemorato il prestigioso statista
di Giorgio Girelli *
Tra le diverse ragioni che ci inducono a commemorare De Gasperi (scomparso il 19 agosto 1954) ed a fare tesoro del suo esempio appaiono particolarmente attuali due componenti del suo insegnamento: la sana passione politica ed il sogno di una Europa unita. Sul primo aspetto qualche tempo fa la figlia dello statista, Maria Romana, ha rilevato: “La storia recente del nostro paese viene studiata poco nelle scuole. Ci siamo dimenticati della passione politica che avevano gli uomini come mio padre, la passione di costruire qualcosa di nuovo e che andrebbe trasferita ai nostri ragazzi. I giovani di oggi,  come quelli di ieri, sono sempre pronti all’entusiasmo, il nostro compito è quello di trasmetterglielo”. Non incoraggia questa sana esortazione tutta la foga antipolitica di  questi tempi a cui si associano con toni demolitori presentatori televisivi, commentatori, formazioni politiche. La corruzione e la sprovvedutezza vanno sempre duramente combattute, specie in politica. Ma alla denuncia vanno anche aggiunti stimoli costruttivi perché, specie i giovani,  possano  trovare un collegamento alle positive potenzialità che pure sussistono nella società ed anche nella  classe politica.
Quanto all’Europa,  niente di più lontano dai progetti di De Gasperi, Adenauer e Schuman si rivelano gli odierni egoismi e meschinità di cui si rendono protagonisti taluni paesi della UE. È inimmaginabile che ci si trinceri dietro  interessi grettamente  nazionalistici o che si attuino sgambetti tra partner europei dove invece occorrerebbe una costruttiva e comune linea di azione, come nei rapporti con la Libia. La speranza, che deve diventare stimolo per l’azione di tutti e specie dei giovani,  non può essere mortificata ma deve  riposare su una rinascita politica europea non accecata  dall’interesse nazionale immediato, dell’oggi,  ma protesa, per il vantaggio di tutti,   verso  ampi orizzonti, come sollecitava De Gasperi. Al quale va riconosciuto un altro grande merito: avere sempre  respinto familismi e parzialità, anteponendo il bene della nazione dinanzi a tutto, anche quando ciò poteva colpire gli amici politici più cari. Uno di questi  fu Umberto Tupini, oriundo di Muccia,  molto vicino ad Alcide De Gasperi,  e ministro dei lavori pubblici nel quarto e quinto governo dello statista trentino (1947-1950). E, proprio all’amico Alcide,  Tupini  ha dedicato un libro   (De Gasperi, una testimonianza, pagg. 307) come ricorda in un  articolo del luglio 1992 Nello Ajello.   Non è un saggio storico-politico. Si tratta, piuttosto, di una sorta di diario postumo per interposta persona. La decennale confidenza con il leader democristiano –  precisa Ajello  – da un lato abbaglia ed “edifica” il giovane collaboratore marchigiano, dall’ altro gli fornisce una serie di indiscrezioni di prima mano   (appunti manoscritti che De Gasperi gli lasciava alla fine di giornate faticose e a volte decisive,  registrazioni di sfoghi estemporanei)  che integrano la biografia di un uomo tutt’ altro che espansivo. Alla domanda  di   quello che, secondo lui,  fu  un miracolo (politico ) di De Gasperi,  Tupini rispose: “Il modo in cui riuscì a portare l’ Italia dalla monarchia alla repubblica. Senza traumi, senza spargimento di sangue. In quei giorni del giugno 1946 riuscì a diventare il fiduciario e il garante delle due fazioni politiche avverse.  Nenni gli chiedeva di assumere senz’ altro le funzioni di capo provvisorio dello Stato senza sentire neanche il re, rompendo ogni indugio, perché la Repubblica aveva vinto. Lui invece fu tollerante, quasi paterno, con il “re di maggio”. Finché non dové far valere il verdetto popolare.  ‘ Riservate al Re il migliore aereo disponibile’  (per recarsi in esilio), ordinò De Gasperi  chiudendo una fase storica con espressione “energica e gentile”.  Ebbene,  la grande amicizia non fece velo a  De Gasperi per l’adozione delle   decisioni più opportune per i Paese, anche se non  gradite a coloro cui era più legato.  Il piano-case, ad esempio, noto come il famoso “Piano Fanfani”,  riguardava una immensa mobilitazione di risorse per opere pubbliche –  documenta Augusto D’angelo nel volume “Fanfani e la casa” –   ma  veniva di fatto a collocarsi in un dicastero diverso dai Lavori pubblici (retto da Tupini)  con la motivazione di essere stato elaborato per combattere la disoccupazione.  Conflitti di competenze e forti contrapposizioni  incombevano. E Tupini, con l’appoggio peraltro di Merzagora, cercò in seno al Consiglio dei Ministri di far valere  le sue ragioni. Ma la propensione del presidente De Gasperi fu  decisamente per Fanfani, ministro del lavoro. Puntualizza il verbale della seduta:” Il Presidente è del parere che i Lavori Pubblici abbiano  una procedura assai lenta. Non vuole ritardi e complicazioni in una iniziativa che deve essere dinamicissima”. Prevalse Fanfani. Per  De Gasperi, l’interesse generale,  veniva sempre prima degli “amici”.
*Coordinatore Centro Studi  Sociali “A. De Gasperi”

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