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Home Economia

Economia. Dopoguerra e dopo-pandemia: la differenza c’è

Redazione di Redazione
2 Luglio 2021
in Economia
Tempo di lettura : 3 minuti necessari
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Vignetta di Cecco

Vignetta di Cecco

 

Tratto da lavoce.info

DI RONY HAMAUI, professore a contratto presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e presidente di Intesa Sanpaolo ForValue

La fase di uscita dal Covid-19 ricorda la fine della seconda guerra mondiale? Allora si ebbe una temporanea impennata dei prezzi, con una crescita inizialmente incerta. Ma le politiche economiche furono molto più restrittive di quelle preannunciate oggi.

Perché la pandemia è sembrata una guerra

Molte analisi hanno paragonato il Covid-19 a una guerra per il grande numero di morti e feriti (si pensi al cosiddetto long-covid), per la crescita dei disturbi mentali, per il blocco di molte attività produttive, per il largo intervento dello stato, per il conseguente forte aumento del deficit e debito pubblico e per l’ampio sostegno fornito dalle banche centrali.

Negli Stati Uniti, ad esempio, la guerra iniziata nel 1941 provocò una crescita del debito pubblico dal 40 al 110 per cento del Pil, in larga parte finanziato dalle emissioni di titoli pubblici acquistati dalla Federal Reserve. Con operazioni di mercato aperto, la banca centrale si impegnò anche a tenere molto bassi i tassi d’interesse lungo tutta la curva per scadenza. Il suo bilancio aumentò enormemente, così come la base monetaria. Fu introdotto un controllo dei prezzi, ma risultò blando per il semplice motivo che molti beni vennero razionati o non più prodotti (le automobili), mentre il settore delle costruzioni cessò di operare. I consumi privati spinti a livello di sussistenza dall’impossibilità di consumare provocarono un forte aumento del risparmio. Dati i bassissimi tassi d’interesse a medio e lungo periodo, gran parte del risparmio fu investito in attività liquide. Così l’offerta di moneta crebbe enormemente e la sua velocità di circolazione diminuì bruscamente. Ciò è esattamente quanto si è osservato lo scorso anno quando l’offerta e la domanda di beni mostravano una forte contrazione, il deficit e il debito pubblico Usa passavano dal 105 al 136 per cento, la Fed acquistava un enorme quantità di titoli pubblici, finanziava il sistema bancario e si impegnava a mantenere bassi i tassi sia a breve che a lunga. Spinti dal risparmio privato, i depositi bancari cominciavano a lievitare, così come l’offerta di moneta, che era rimasta sostanzialmente stabile per oltre un ventennio, anche durante la grande crisi globale del 2007-2009 quando il bilancio della Fed aveva conosciuto una prima impennata.

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Le sorprese della storia

Ora qualcuno vede molte analogie anche tra l’attuale fase di uscita dalla pandemia e il secondo dopoguerra.

In particolare, negli Stati Uniti, dopo una brevissima recessione nel 1945, dovuta al passaggio da una economia di guerra a una di pace, i consumi rimasti a lungo compressi salirono velocemente, mentre l’inflazione balzò dal 2 al 20 per cento fra il 1946 e il 1947. L’aumento dei prezzi fu tuttavia temporaneo, anche perché il deficit pubblico si trasformò rapidamente in un attivo di bilancio e la politica monetaria, attraverso un aumento della riserva obbligatoria e del tasso di sconto, smise di essere espansiva. Così anche le aspettative d’inflazione rimasero sempre sotto controllo, il debito pubblico rientrò e l’economia americana, dopo una breve contrazione nel 1947, conobbe una stabile e duratura crescita.

Oggi come allora, l’uscita dalla crisi è accompagnata da un forte aumento dei prezzi, provocato sia da vincoli all’offerta che dalla ripresa della domanda, mentre la crescita appare ancora frammentata fra settori e settori (si pensi al turismo o allo spettacolo).

Tuttavia, questa volta le autorità monetarie sono molto più titubanti a stringere i cordoni della borsa e sia negli Stati Uniti che in Europa stanno per partire imponenti piani di investimenti nelle infrastrutture, nell’economia digitale e nella salvaguardia dell’ambiente.

Dalla fine della seconda guerra mondiale molte cose sono cambiate, tra cui la demografia, la globalizzazione, il progresso scientifico e la produttività. Inoltre, la pandemia non è stata ancora completamente sconfitta e i rischi di altre ondate rimangono significativi. Ecco, forse, perché le autorità sono molto più preoccupate che le economie possano ripiombare nella stagnazione e sono convinte che l’inflazione sia temporanea. Così l’indirizzo delle politiche economiche si mantiene espansivo.

Insomma, se è vero che “la storia è maestra di vita” (Cicerone), è anche vero che “gli dei ci creano tante sorprese: l’atteso non si compie, e all’inatteso un dio apre la via” (Euripide).

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