Franco Battiato e Gianluca Magi
Franco Battiato ha sempre avuto forti legami col Riminese. Aveva un caro amico a Cattolica, Gianluca Magi. Alcuni decenni fa, la morosa era una ragazza riccionese. Malato da tempo, se n’è andato oggi; aveva 76 anni.
Il ricordo è dell’assessore alla Cultura di Rimini Giampiero Piscaglia : “Franco Battiato lascia un segno indelebile nella storia della musica, e in generale della cultura italiana. Una traccia che ha lasciato anche nella nostra città. Sono state le note di ‘Up patriots to arms’ ad aprire la prima edizione del “Capodanno più lungo del mondo”, la sera del 31 dicembre 2011. Fu Franco Battiato ad accompagnare nell’anno nuovo Rimini, riminesi e i tanti ospiti arrivati in città per le feste, nell’evento clou del ‘Capodanno diffuso’ che a quel tempo rappresentava una vera e propria scommessa, rivelatasi poi vincente. Una scelta di assoluta qualità per un’occasione popolare. Una strada nuova era tracciata. Una serata carica di un’energia straordinaria e di tante aspettative, resa indimenticabile dalla presenza sul palco di uno degli artisti più acclamati e apprezzati dalla critica e dal grande pubblico. In quella notte offrì al pubblico di piazzale Fellini di immergersi nella sua poesia grazie ad alcune delle perle dei suoi album-capolavori indiscussi, dall’Era del Cinghiale Bianco a Gommalacca, da L’Imboscata a Fisiognomica. Una carrellata tra i grandi successi di cui è stata disseminata una carriera lunga mezzo secolo, contraddistinta da uno sguardo alla contaminazione tra generi e linguaggi anche diversissimi, tra classica, rock e musica elettronica di cui fu un precursore. Un genio della nostra musica e non solo: era il 2007 quando Battiato venne a Rimini alla rassegna “Effetto doppler” curata da Nicoletta Magalotti in collaborazione con l’assessorato alla cultura della Provincia per presentare “Niente è come sembra”, il suo terzo film dopo Perduto amor e Musikanten, ultimo atto della Trilogia della spiritualità. Momenti di straordinaria bellezza, che sono in qualche modo diventati parte della storia della nostra città”.
Pe rendere omaggio al grande cantautore siciliano, riportiamo un nostro articolo uscito alcuni anni fa.
– Gianluca Magi, docente presso l’Università di Urbino, orientalista italiano e asiatico per vocazione, con alle spalle studi e ricerche di filosofia indiana e cinese, campi nei quali ha pubblicato numerosi lavori, ha curato la mostra d’arte “Misticismo d’Oriente e d’Occidente nelle opere di Franco Battiato e Gabriele Mandel” svoltasi al Palazzo del Podestà a Rimini dal 12 al 27 giugno.
Com’è nata l’idea della mostra?
“È nata guardandosi attorno e vedendo il desolante panorama artistico, dove l’arte, nella maggior parte dei casi, è divenuta mero trastullo e incapacità a cogliere le forme. Ho pensato che sarebbe stata salutare ed educativa, nel senso nobile del termine, una mostra con tutt’altri presupposti e tutt’altro spessore. La scelta non poteva che cadere su questi due artisti, estremamente poliedrici, e dalla grande capacità comunicativa. Da un punto di vista filosofico, mi interessava una mostra che sottolineasse la necessità di un incontro, anziché di uno scontro, tra civiltà e culture. Credo che nel nostro periodo storico, di prospettiva a corto raggio e di poca saggezza, questa necessità sia impellente. L’arte è uno straordinario veicolo di avvicinamento rispetto alla parola, nel senso che l’arte può riuscire ad avvicinare i cuori e le menti tra loro, mentre la parola spesso li allontana. Così ho pensato di organizzare questa mostra in forza della Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa (www.isurimini.org), che ho fondato e dirigo dalla sua nascita. La Scuola, che promuove una filosofia mondiale, sprovincializzata e cosmopolita e che rifiuta di concedere il primato del pensiero semplicemente all’Occidente, non poteva che essere il promotore ideale di questa iniziativa”.
C’è una chiave per avvicinarsi a queste opere nuove ai nostri occhi?
“Un passo del Corano, ampiamente utilizzato nel Sufismo, recita ‘Certo, Dio è bello e ama la bellezza’. Questo è il giro di chiave che offre accesso alla dimensione ineffabile che muove la mano dei due artisti. Seppure tecnicamente differenti tra loro – aniconico Mandel, iconico Battiato –, la bellezza è la grazia che in loro si travasa e che, attraverso le loro opere, rischiara chi le contempla. A dispetto del tentativo di una certa cultura diabolica (nel senso etimologico del termine dià-bàllo) che ‘separa’ attraverso l’arrogante prevaricazione o il presunto primato di una civiltà sull’altra, la mostra è uno slancio simbolico (nel senso etimologico del termine syn-bàllo) che ‘connette’, che ‘intreccia’ armonicamente Oriente e Occidente, come due emisferi di un medesimo cervello. Forse solo in questo modo andremo verso la vita”.
Come è stato collaborare con questi due testimoni d’eccezione del nostro tempo?
“Suggestivo. È strano come le figure che ho ammirato (e ammiro) e il cui lavoro ha segnato la mia formazione negli anni – da Alejandro Jodorowsky, a Franco Battiato, a Gabriele Mandel – la realtà abbia incrociato i nostri percorsi. Forse un certo modo di sentire calamita a livelli sottili. Mandel è uno sceicco sufi. E già questo dice tutto, credo. Ci conosciamo e collaboriamo insieme da tanti anni e siamo profondi amici. Battiato è una persona speciale, un potente lettore, di enorme sensibilità e con molto senso dello humor. Nei nostri lunghi scambi abbiamo parlato anche di due miei libri che Battiato ha molto apprezzato, Il dito e la luna e I 36 stratagemmi (editi entrambi dal Punto d’Incontro). Ci siamo trovati molto in sintonia e condividiamo reciproca stima. Ci rincontreremo per future collaborazioni”.
di Filippo Lupo