Tratto da lavoce.info
DI RONY HAMAUI, professore a contratto presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e presidente di Intesa Sanpaolo ForValue.
L’ascesa al potere di uomini forti in molti paesi sembra un fenomeno quasi inarrestabile. Rappresentano una minaccia per la democrazia, a cominciare da Putin. Si spiega così, forse, la determinazione di Biden nel sostenere la resistenza ucraina.
Uomini forti in tutto il mondo
Che cosa hanno in comune paesi come l’Arabia Saudita, il Brasile, la Cina, l’Etiopia, le Filippine, l’India, il Messico, la Polonia, la Russia, gli Stati Uniti, la Turchia e l’Ungheria? Sono tutti stati governati da uomini forti, quali Mohammad bin Salman (MBS), Jair Bolsonaro, Xi Jinping, Narendra Modi, Jaroslaw Kaczyński, Vladimir Putin, Donald Trump, Recep Erdogan e Viktor Orban. Una sequenza che raramente si è osservata nella storia e che minaccia la democrazia del mondo. Le loro storie sono raccontate nell’ultimo libro di Gideon Rachman, capo commentatore degli affari esteri del Financial Times.
La retorica sfrenata, l’insofferenza per le regole, l’indifferenza per i conflitti d’interesse, l’intolleranza per i giornalisti e giudici sono tutte caratteristiche tipiche dei così detti “uomini forti” (e finora sono stati tutti uomini), un tempo ritenuti incompatibili con democrazie mature. Tipicamente questi leader sono nazionalisti e conservatori, poco interessati alle minoranze, intolleranti verso il dissenso e gli stranieri. Pretendono di incarnare i valori della nazione, sono nostalgici di un passato ritenuto glorioso e incoraggiano il culto della personalità.
Ovviamente, operano in regimi molto diversi. Alcuni governano paesi autocratici, quali la Cina o l’Arabia Saudita, altri come Putin ed Erdogan, devono soggiacere a qualche vincolo democratico, come le elezioni e qualche forma di libertà di stampa, anche se sono stati in grado di imprigionare gli oppositori e tenere il potere molto a lungo cambiando la costituzione. Altri ancora come Donald Trump, Boris Johnson e Viktor Orban operano in regimi democratici, che pure criticano aspramente, e ne erodono la legittimità. Eppure, nonostante le diversità, hanno caratteristiche comuni. Sono tutti assurti al potere nel XXI secolo e si differenziano da leader autoritari che governano dittature consolidate, come la Nord Corea di Kim Jong-un, la Bielorussa di Lukashenko o la Cambogiana di Hun Sen.
La minaccia per la democrazia
L’ascesa degli “uomini forti” rappresenta la maggiore minaccia alla democrazia dagli anni Trenta. Ci mostra come i regimi democratici siano fragili e reversibili. Se nel 1945 solo dodici paesi potevano definirsi compiutamente democratici, nel 2002 la cifra era salita a novantadue, superando per la prima volta quella dei paesi autoritari. La crescita, seppure non lineare, appariva inarrestabile, soprattutto dopo la caduta dell’impero sovietico. Invece, come mostrano le analisi di Freedom House, dal 2005 la tendenza si è invertita e tutti gli anni il numero di paesi che diveniva autoritario è stato superiore a quello dei paesi che entravano nel novero dei democratici. In questo nuovo scenario l’ascesa degli uomini forti ha giocato un ruolo importante poiché il loro stile di governo li pone sopra la legge e le istituzioni.
Molte sono le ragioni che spiegano l’ascesa al potere degli uomini forti: il desiderio di stabilità e certezza, la ricerca di garanzie e protezione, le frustrazioni di una situazione di crisi, la sfiducia nella politica e il desiderio di messaggi semplici e comprensibili, per citarne alcune. Il successo di uno finisce, poi, per influenzare il successo degli altri. Non solo per un fattore imitativo ma anche perché, in molti casi, gli uomini forti tendono a sostenersi gli uni con gli altri.
È in questo scenario che va inquadrata l’invasione russa dell’Ucraina e la determinazione con la quale il presidente Joe Biden sostiene la resistenza ucraina. Non a caso molti dei così detti uomini forti al potere hanno mostrato una benevola comprensione, se non un aperto sostegno, per la causa russa. In fondo Putin è stato l’antesignano del modello, un esempio a cui ispirarsi. Fermare la Russia, allora, non vuol solo dire difendere una giovane democrazia nel cuore dell’Europa o mandare il messaggio alla Cina di non tentare un colpo di mano a Taiwan, ma significa sconfiggere l’idea che gli uomini forti possano risolvere i problemi. Anche negli stessi Stati Uniti, dove Trump sta scaldando i muscoli in vista delle elezioni del 2024: Biden vuole sconfiggerlo ricreando un’alleanza degli uomini ragionevoli e democratici.
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